Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 809 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 809 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
Avv. Acc. IRPEF 2008
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29132/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in 00145 Roma, INDIRIZZO C/D rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-ricorrente – contro
COGNOME rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME sito in Roma alla INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. CAMPANIA n. 4850/45/2016, depositata in data 23 maggio 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 novembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Sato atto che il Sostituto Procuratore Generale, nella persona del dott. NOME COGNOME ha concluso per il rigetto del ricorso.
Rilevato che:
La contribuente riceveva notifica dall’Agenzia delle Entrate direzione provinciale I Napoli -dell’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO relativo all’anno di imposta 2008; la rettifica, a seguito di accertamento con adesione, rideterminava il reddito della contribuente, accettandolo in € 408.755,00, con conseguenti maggiori pretese impositive ai fini dell’IRPEF e dell’Addizionale Regionale e Provinciale, oltre sanzioni. La pretesa impositiva scaturiva dall’esame del conto intrattenuto con la Deutsche Bank, che aveva lasciato emergere movimenti ingiustificati, in relazione ai quali la contribuente non aveva fornito adeguate giustificazioni. L’avviso d’accertamento veniva successivamente annullato parzialmente in via di autotutela a mezzo del provvedimento n. TF3X11100090 del 2014, riducendo il maggior reddito ad € 391.813,00.
Avverso l’avviso di accertamento, la contribuente proponeva ricorso dinanzi la C.t.p. di Napoli; resisteva l’ufficio con controdeduzioni.
La C.t.p. di Napoli, con sentenza n. 20597/46/2014, respingeva il ricorso argomentando sia in ordine alla condotta procedimentale della contribuente, che aveva omesso di rispondere ai due inviti dell’ufficio, sia a quella processuale, concretatasi, a dire del giudice di primo grado, in mere contestazioni degli elementi addotti dall’avviso di accertamento.
Contro la sentenza proponeva appello la contribuente dinanzi la C.t.r. della Campania; resisteva l’ufficio con controdeduzioni.
Con sentenza n. 4850/45/2016, depositata in data 23 maggio 2016, la C.t.r. adita accoglieva il gravame riformando la pronuncia di prime cure.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Campania, l’Ufficio ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. La contribuente ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 29 novembre 2023.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 43, comma primo, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» l’Agenzia lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha accolto il gravame assumendo la violazione del termine per l’emissione dell’avviso di accertamento di cui all’articolo censurato, poiché l’atto di autotutela n. TF3X11100090/2014, notificato il 27 febbraio 2014, sarebbe stato emesso oltre il termine utile previsto dalla detta disposizione.
2. Il motivo è fondato.
La questione agitata si incentra sull’ambito del potere di autotutela tributaria e, in particolare, se esso sia soggetto o meno a termine decadenziale.
2.1. Sul punto questa Corte (Cass. 17 novembre 2021, n. 34939) ha avuto occasione di ribadire che, in materia tributaria, il potere della pubblica amministrazione di provvedere in via di autotutela all’annullamento di Ufficio o alla revoca, anche in pendenza di giudizio o di non impugnabilità, degli atti illegittimi od infondati è espressamente riconosciuto dal d.l. 30 settembre 1994, n. 564, art. 2 quater, comma 1, convertito, con modifiche, in legge 30 novembre 1994, n. 656; (nell’ambito di tale potere va ricompreso anche il potere di rinuncia all’imposizione illegittima o infondata in caso di autoaccertamento (d.m. 11 febbraio 1997, n. 37, art. 1, recante il regolamento di attuazione emanato ai sensi del predetto d.l. n. 564 del 1994, art. 2 quater). Né la norma speciale, né il correlato decreto ministeriale (d.m. n. 3 del 1997 cit.), nel sancire e disciplinare il potere d’ufficio di annullamento da parte dell’Amministrazione finanziaria di atti impositivi, prevedono la particolare ipotesi dell’annullamento d’ufficio di un precedente atto
di annullamento, adottato sempre in autotutela, di un atto impositivo; ma, alla luce dei principi generali in materia, non sussistono ragioni ostative per non ritenere che, anche l’atto di annullamento in autotutela, alla pari di ogni altro atto amministrativo, possa, nella sussistenza delle condizioni di legge, essere posto nel nulla dalla stessa Pubblica Amministrazione nell’esercizio del potere, riconosciutole dall’ordinamento, di ripristino dell’assetto 3 provvedimentale violato dall’atto illegittimo. (cfr. Cass. 08/10/2013, n. 22827).
2.2. Come affermato da questa Corte (Cass. 20/03/2019, n. 7751; Cass. 17/10/2014, n. 22019), nell’ambito del potere di autotutela amministrativa tributaria, il ritiro di un precedente atto può avvenire in due diverse forme, quella del “controatto” (l’atto di secondo grado che assume l’identica struttura di quello precedente, salvo che per il suo dispositivo di segno contrario con cui si dispone l’annullamento, la revoca o l’abrogazione del primo) o quella della “riforma” (l’atto di secondo grado che non nega il contenuto di quello precedente, ma lo sostituisce con un contenuto diverso). Entrambi sono caratterizzati dal fatto che l’oggetto del rapporto giuridico controverso resta identico, ma fino alla scadenza del termine stabilito nei commi precedenti le rettifiche e gli accertamenti possono essere integrati o modificati, mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.
Perciò i principi secondo cui, fino alla scadenza del termine per l’accertamento, questo può essere integrato o modificato in aumento mediante la notificazione di nuovi avvisi in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi e nell’avviso devono essere specificamente indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell’ufficio delle imposte, disciplinano soltanto l’integrazione o la modificazione in aumento, rispetto all’accertamento originario, e non anche quelle
in diminuzione. Soltanto le prime integrano una pretesa tributaria “nuova” rispetto a quella originaria, mentre le seconde si risolvono in una mera riduzione della pretesa originaria e, quindi, in una revoca parziale del relativo avviso. Ne deriva che – mentre l’integrazione o la modificazione in aumento dell’accertamento originario deve necessariamente formalizzarsi nell’adozione di un nuovo avviso di accertamento – specificamente motivato a garanzia del contribuente che ne è destinatario, il quale si aggiunge ovvero si sostituisce a quello originario – l’integrazione solo documentale o la modificazione in diminuzione, non integrando una pretesa tributaria “nuova” , ma soltanto una pretesa “uguale o minore”, non necessita neppure di una forma o di una motivazione particolari.
2.3. Quindi, soltanto l’integrazione o la modificazione in aumento concretano una pretesa tributaria “nuova” rispetto a quella originaria mentre l’avviso che si limita a riformulare l’importo in senso migliorativo per il contribuente si sostanzia in una mera riduzione della pretesa originaria e, quindi, in una revoca parziale del relativo avviso.
2.4. Nella fattispecie in esame, la C.t.r. ha fatto mal governo dei superiori principi allorquando, richiamando la violazione dell’art. 43, primo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, ha dato rilievo alla circostanza che l’avviso di annullamento parziale in autotutela era intervenuto soltanto nel 2014, ‘quando oramai il termine per l’esercizio dell’azione di accertamento relativa all’anno 2008 era ormai inutilmente decorso’. Ad avvalorare tale convincimento, i giudici di appello citano una pronuncia di questa Corte (n. 6329 del 2013) individuando tout court il principio secondo cui ‘il potere di autotutela tributaria ha come autonomo presupposto temporale, da un lato la mancata formazione del giudicato sull’accertamento emesso dall’amministrazione e, dall’altro, la mancata scadenza del termine decadenziale fissato per l’esercizio del potere di
accertamento tributario delle singole leggi di imposta’. Senonchè, nel caso sottoposto alla Corte, oggetto dell’ordinanza testè citata, si trattava di un caso in cui l’agenzia aveva emesso un nuovo atto di accertamento successivo e sostitutivo del precedente con una mera rettifica di una pretesa tributaria di minore importo.
In conclusione il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato al giudice a quo affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese anche del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese anche del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 29 novembre 2023.