Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7979 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 7979 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/03/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 26212/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMM.TRIB.REG. della Sardegna n. 225/1/2022 depositata il 01/04/2022.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 15 gennaio 2025 dal Cons. NOME COGNOME.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del secondo motivo del ricorso.
Udito l’Avv. dello Stato NOME COGNOME per l’Agenzia delle entrate, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Udito l’Avv. NOME COGNOME per il contribuente, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. L’Agenzia delle entrate, a seguito di verifica da parte della Guardia di Finanza, contestava a NOME COGNOME l’emissione dal 1997 al 2000 di fatture per operazioni inesistenti, nonché l’utilizzo di fatture per operazioni emesse da società terze, e, conseguentemente, notificava alla società e al contribuente, tra il 2001 e il 2002, plurimi avvisi di accertamento, atti di contestazione delle sanzioni e cartelle esattoriale per la riscossione degli importi dovuti.
I relativi contenziosi instaurati avverso i suddetti atti impositivi si concludevano con sentenze sfavorevoli per il contribuente, poi passate in giudicato a seguito della mancata impugnazione delle decisioni di primo o secondo grado, queste ultime intervenute nel 2007 (sentenze della Commissione tributaria regionale -CTR – della Sardegna n. 108 e 109 del 2007).
Il giudizio penale, avviato a seguito della relativa comunicazione della notizia di reato, si concludeva, invece, con la sentenza del Tribunale di Sassari n. 79/2006 di assoluzione per insussistenza del fatto in ordine alla falsità delle fatture contestate.
Con istanze del 23 aprile 2007 e del 18 febbraio 2011 NOME COGNOME chiedeva alla Direzione provinciale di Sassari dell’Agenzia delle entrate, in relazione alla citata sentenza penale di assoluzione, l’annullamento in via di autotutela degli atti impositivi divenuti definitivi, istanze che venivano rigettate dall’U fficio.
Con nota del 9 luglio 2015, il contribuente presentava alla Direzione regionale della Sardegna nuova istanza di autotutela, che, denegava la propria competenza, non sussistendo i presupposti della ‘grave inerzia’ dell’Ufficio competente ai fini dell’interv ento in sostituzione, e, in ogni caso, confermava i precedenti dinieghi in assenza di nuovi elementi ed attesa la rilevanza fiscale dei fatti contestati, desumibile anche dalla invocata sentenza penale.
NOME COGNOME impugnava innanzi alla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Sassari il diniego emesso in data 15 luglio 2015, nonché, in via eventuale e residuale, i precedenti provvedimenti di diniego del 2007 e del 2011.
La CTP di Sassari rigettava il ricorso. La sentenza era riformata dalla CTR in epigrafe, che riteneva illegittimo il diniego alla luce della sopravvenuta sentenza penale.
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con sette motivi, cui resiste il contribuente con controricorso, poi illustrato con memoria.
Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento del secondo motivo di ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va disattesa, preliminarmente, l’eccezione di inammissibilità del ricorso per l’intervenuto giudicato interno.
Il controricorrente eccepisce, in particolare, che la sentenza della CTR si fondi su una pluralità di rationes , non tutte impugnate dall’Ufficio con il ricorso, avendo il giudice d’appello accolto il II, il IV e il V motivo
dell’appello del contribuente, con cui si contestava (II motivo) la non corretta valutazione della formula assolutoria della sentenza penale perché ‘il fatto non sussiste’, da cui l’esclusione della rilevanza penale del fatto ‘anche in sede diversa da quella penale’, la violazione (IV motivo) degli artt. 23, 53 e 97 Cost., ‘con obbligo dell’autorità di conformarsi al dictum giurisdizionale’ e la violazione (V motivo) dell’art. 60 d.P.R. n. 633 del 1972.
1.1. L’eccezione è manifestamente infondata posto che la CTR ha statuito con un’unica unitaria ratio , ritenendo che la sentenza penale di assoluzione con la formula ‘perché il fatto non sussiste’, intervenuta successivamente alle decisioni della CTP non impugnate, costituisse ragione sufficiente ad integrare l’interesse pubblico per attivare l’autotutela tributaria.
Orbene, tale ratio è stata specificamente – e con pluralità di argomenti censurata dall’Ufficio con il secondo motivo di ricorso, nonché -per ulteriori profili -dai successivi motivi dal terzo al settimo.
Il primo motivo del ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per omessa motivazione e violazione dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. e 38, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992.
L’Ufficio, in particolare, lamenta l’omesso esame delle eccezioni di inammissibilità dell’originario ricorso, riproposte in appello e, in ispecie, a) la tardività del ricorso introduttivo rispetto agli atti di diniego notificati nel 2007 e nel 2011; b) il difetto di competenza territoriale rispetto ai medesimi atti (CTP di Sassari e non di Cagliari); c) di inammissibilità per violazione dell’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992 per aver il ricorrente contestato, in realtà, la legittimità dei provvedimenti di cui è richiesta l’autotutela.
2.1. Premesso che la censura sub c) attiene, in realtà, al merito della questione in giudizio, sicché non si può sostenere che non sia
stata esaminata e decisa (in senso sfavorevole all’Ufficio) dalla CTR, la doglianza, per quanto riguarda i restanti profili, è inammissibile posto che, trattandosi di questioni processuali, non è denunciabile né quale vizio di omessa pronuncia, né quale vizio di omessa motivazione, dovendo il ricorrente dedurre direttamente l’asserita violazione e l’ error in procedendo in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata (v. Cass. n. 15100 del 29/05/2024, secondo la quale « se il giudice di merito omette di pronunciarsi su un’eccezione di inammissibilità, la sentenza di merito non è impugnabile per l’omessa pronuncia o per la carenza di motivazione, ma unicamente per l’invalidità già vanamente eccepita, in quanto ciò che rileva non è il tenore della pronuncia impugnata, bensì l’eventuale esistenza appunto di tale invalidità »).
Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e 21 d.lgs. n. 546 del 1992, 2, comma 2, d.m. n. 37 del 1997, nonché degli artt. 2697, 2909 cod. civ. e 654 cod. proc. pen.
3.1. L’Ufficio, in particolare, lamenta che, ai fini della ammissibilità dell’impugnazione del diniego di autotutela, occorre che il contribuente prospetti e provi l’esistenza di un interesse di rilevanza generale per l’Amministrazione alla rimozione dell’ atto posta la natura discrezionale dell’annullamento d’ufficio, strumento a tutela dell’interesse generale e non di quello individuale del contribuente.
Nella specie, gli atti impositivi erano divenuti definitivi a seguito di decisione giurisdizionale passata in giudicato, sicché ostava il disposto di cui all’art. 2, comma 2, d.m. n. 37/1997.
Ne deriva che, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, non poteva elevarsi ad interesse generale l’intervenuta decisione penale e il rilievo della identità dei fatti del giudizio penale rispetto a quelli del giudizio tributario, posta l’esigenza di tu tela della definitività del giudicato, fondata sul principio della certezza e stabilità dei rapporti
giuridici, su cui la CTR ha omesso ogni considerazione, privilegiando, invece, l’interesse del contribuente sul merito degli atti impositivi in relazione alla statuizione in sede penale.
3.2. Con i motivi dal terzo al settimo l’Ufficio lamenta, sotto diversi profili, la violazione dell’art. 654 cod. proc. pen., l’art. 2909 cod. civ. e dell’art. 2697 cod. civ. per aver la CTR esteso l’efficacia di giudicato alla sentenza penale di assoluzione emessa nei confronti del contribuente nonostante essa fosse stata pronunziata ex art. 530, comma 2, cod. proc. pen., nonché in assenza della costituzione dell’Agenzia delle entrate e senza valutare la persistenza di autonomi profili di responsabilità tributaria.
Il secondo motivo è fondato, con assorbimento dei restanti motivi.
4.1. Va disattesa, preliminarmente, l’eccezione di inammissibilità: la doglianza, come su illustrata, denuncia, in termini sufficientemente chiari e specifici, gli errores in cui è incorsa la CTR nell’applicare la disciplina in materia di autotutela, con una precisa individuazione delle ragioni di dissenso rispetto alle ragioni della decisione, puntualmente riprodotta, nella parte in fatto, nella sua integralità.
Come precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 30051 del 21/11/2024, l’autotutela nel diritto tributario costituisce un potere dell’Amministrazione finanziaria che trova il suo fondamento nelle stesse norme che giustificano l’esercizio delle potestà attive per la esazione dei tributi.
Va peraltro rilevato che l’azione dell’Amministrazione, pur doverosa a fronte dell’illegittimità dell’atto impositivo, è caratterizzata da discrezionalità quanto all’esercizio concreto del potere di autotutela, dovendo valutare la sussistenza di un interesse generale alla revisione dell’atto alla luce del complesso degli interessi coinvolti .
Invero, l’interesse primario, che discende dalla stessa matrice del potere di imposizione, ad attivare l’autotutela è costituito dall’interesse pubblico alla corretta esazione dei tributi.
Quando l’atto illegittimo abbia determinato una ingiusta percezione di somme da parte dell’Agenzia fiscale, non dovute, tale interesse tende a coincidere, sostanzialmente, con l’interesse del contribuente a corrispondere solo la ‘giusta’ imposizione, traen do entrambi origine, in termini simmetrici, dai principi tutelati dall’art. 53 Cost., di reperire le entrate fiscali e di capacità contributiva.
Peraltro, nell’apprezzare l’interesse all’autoannullamento dell’atto, l’Amministrazione può e deve tenere conto, in una valutazione comparativa, anche degli altri eventuali interessi che concorrano nella vicenda, quali, ad esempio, l’interesse alla certezz a del diritto e alla stabilità dei rapporti giuridici, in ispecie ove sia decorso un ampio intervallo di tempo e l’atto sia oramai inoppugnabile ovvero sulla questione siano intervenute decisioni favorevoli all’Amministrazione.
5.1 . Su quest’ultimo aspetto va anzi evidenziato che l’esercizio del potere di autotutela incontra un esplicito limite costituito dal giudicato di merito favorevole all’Amministrazione.
L’autotutela non ha natura giudiziale o giustiziale per la rilevata connotazione discrezionale della valutazione dell’Amministrazione; infatti, è necessario ma non sufficiente che l’atto sia viziato occorrendo anche una valutazione della sussistenza di un interesse pubblico alla sua rimozione.
Tuttavia, il controllo di merito in sede giurisdizionale nel momento in cui attesta, con efficacia di giudicato, la correttezza dell’esercizio della potestà impositiva, è idoneo a comportare un effetto preclusivo sulla rilevanza dell’asserito vizio e, quin di, ad orientare in termini negativi la possibilità per l’Agenzia fiscale di attivarsi diversamente.
Del resto, questa conclusione risponde ad una esigenza logica, di stabilità e di certezza del provvedimento, ormai non solo definitivo ma anche convalidato dal vaglio giurisdizionale.
Il legislatore, nell’art. 2, comma 2, del d.m. n. 37/1997, ha attribuito rilievo ai motivi per i quali era intervenuta la decisione favorevole, locuzione va intesa nel senso di includere sia i vizi dedotti che quelli deducibili, o rimasti assorbiti, in relazione al medesimo oggetto e, pertanto, « non soltanto le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia » (Cass. n. 21698 del 29/07/2021).
Tale esito ha trovato conferma nell’art. 10 -quater , comma 2, l. n. 212 del 2000, introdotto con il d.lgs. n. 219 del 2023, che indica come ragione di insussistenza dell’obbligo di procedere all’autotutela obbligatoria la sentenza passata in giudicato favorevole all’Amministrazione finanziaria.
5.2. Quanto sopra considerato, dunque, ha carattere dirimente posto che l’istanza di autotutela riguarda atti impositivi definitivi per intervenuto giudicato attesa la mancata impugnazione, da parte del contribuente, delle sentenze sfavorevoli della CTP, emesse nel 2000, e della CTR, emesse nel 2007.
Gli ulteriori motivi restano conseguentemente assorbiti, come pure resta assorbita, perché priva di pertinenza e rilevanza, la questione, dedotta in memoria, sull’applicabilità dell’art. 21bis d.lgs. n. 74 del 2000, introdotto con il d.lgs. n. 87 del 2024.
In accoglimento del secondo motivo di ricorso, inammissibile il primo, ed assorbiti i restanti, pertanto, la sentenza va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto dell’originario ricorso.
Le spese delle fasi di merito, atteso l’alternarsi delle decisioni e la peculiarità delle questioni, vanno compensate, mentre quelle di legittimità sono liquidate, come in dispositivo, per soccombenza.
P.Q.M.
La Corte, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, inammissibile il primo ed assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente.
Compensa le spese dei giudizi di merito.
Condanna il controricorrente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 13.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 15/01/2025.