Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23798 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23798 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/09/2024
Oggetto: contraddittorio endoprocedimentale
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23532/2016 R.G. proposto da COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, presso lo studio del quale elegge domicilio, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, in persona del Direttore RAGIONE_SOCIALE pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, nei cui uffici domicilia in Roma, alla INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata in data 8 marzo 2016, n. 1275/2016; Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 luglio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DELLA CAUSA
NOME COGNOME ha impugnato innanzi alla CTP di Milano il provvedimento emesso dall’RAGIONE_SOCIALE sull’istanza di annullamento in autotutela, proposta con riferimento a due avvisi di accertamento per i periodi d’imposta 2006 e 2007, con i quali l’Uff icio aveva effettuato una rideterminazione sintetica del reddito, dopo che il contribuente aveva disertato l’appuntamento fissato in conseguenza della presentazione da parte sua di una domanda di accertamento con adesione.
A fondamento dell’istanza di autotutela il ricorrente aveva prospettato l’impossibilità di partecipare al contraddittorio preventivo fissato dall’Ufficio, per i postumi di un infortunio, nonostante questo impedimento fosse stato comunicato all’amministrazione.
Non essendosi l’Ufficio attivato per ricontattare il contribuente, quest’ultimo aveva lasciato decorrere infruttuosamente i termini per impugnare gli avvisi di accertamento.
L’RAGIONE_SOCIALE, preso atto della documentazione prodotta con l’istanza di annullamento in autotutela, provvedeva a rideterminare il reddito sinteticamente accertato, riducendo la pretesa impositiva e sgravando parzialmente il ruolo correlato alla cartella di pagamento già emessa.
La CTP di Milano ha rigettato il ricorso, con sentenza che è stata appellata dal contribuente.
La RAGIONE_SOCIALE, a sua volta, ha rigettato il gravame.
Dopo aver riconosciuto l’impugnabilità in via autonoma del provvedimento di autotutela, i giudici di secondo grado ne hanno ribadito il carattere discrezionale, richiamando la giurisprudenza di legittimità secondo cui esso può essere esaminato soltanto sotto il profilo della legittimità del rifiuto opposto dall’amministrazione e non della stessa pretesa fiscale.
Contro questa decisione il contribuente propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo.
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso .
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 1, c.p.c. si denuncia la violazione degli articoli 24, 53 e 97 della Costituzione e degli artt. 41, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Secondo il ricorrente, la sentenza della CTR , nell’affermare che il provvedimento di autotutela può essere impugnato solo sotto il profilo della legittimità del rifiuto, non avrebbe fatto corretta applicazione dei parametri evocati, in quanto avrebbe dovuto valutare se le circostanze documentate dal contribuente «erano o no così gravemente lesive del diritto di difesa da rendere legittimo – anzi doveroso -quantomeno la riduzione RAGIONE_SOCIALE sanzioni irrogate nell’avviso di accertamento divenuto definitivo».
Il ricorrente richiama a sostegno copiosa giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea sull’obbligo di rispettare il contraddittorio endoprocedimentale, a garanzia del diritto di difesa del contribuente. A suo giudizio, il rispetto di tale principio, che sarebbe stato disconosciuto dall’Amministrazione anche in sede di decisione sull’istanza di autotutela, avrebbe dovuto comportare l’annullamento RAGIONE_SOCIALE sanzioni irrogate al contribuente.
Chiede quindi a questa Corte di cassare senza rinvio la sentenza impugnata e di decidere nel merito annullando l’atto impugnato; in via subordinata, di cassare la sentenza impugnata con rinvio ai giudici di secondo grado in diversa composizione; ‘in via al ternativa’, di ‘effettuare ex art. 267 comma 3 TFUE il rinvio pregiudiziale della causa alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea’ ; in via di estremo subordine, ‘rideterminarsi nel minimo le sanzioni irrogate’.
Il motivo non è fondato.
In disparte l’inconferente indicazione del mezzo di censura come proposto ai sensi del n. 1 del comma 1 dell’art. 360 non essendo stati articolati ‘motivi attinenti alla giurisdizione’, ed essendo stato prospettato, piuttosto, il contrasto con parametri costituzionali e
sovranazionali o, meglio, con un generalizzato principio di obbligatorio contraddittorio preventivo che da essi sarebbe possibile desumere – la denunciata violazione è insussistente, non solo con riferimento all’atto di annullamento parziale in autotutela , ma anche in relazione agli avvisi di accertamento in precedenza notificati e non tempestivamente impugnati.
Quanto specificamente all’atto di annullamento parziale in autotutela, va evidenziato che il contraddittorio si è dispiegato ampiamente in forma documentale, in quanto il contribuente -come riconosciuto nello stesso ricorso (pag. 3) -ha allegato all’ista nza ‘copiosa allegazione probatoria’ di cui l’Amministrazione ha tenuto conto, nell’esercizio del suo potere ampiamente discrezionale, annullando parzialmente gli atti impositivi.
Quanto a tutti gli atti indicati, che riguardano imposte dirette, viene in rilievo un ambito in cui non è previsto un obbligo generalizzato di preventivo contraddittorio, ossia al di fuori dalle ipotesi specificamente previste (Sez. 5, Sentenza n. 20436 del 19/07/2021, rv. 662002-01).
Questa Corte ha già chiarito (Sez. 6-5, Ordinanza n. 11283 del 31/05/2016, rv. 63986501) che l’Amministrazione finanziaria è gravata esclusivamente per i tributi ‘armonizzati’ di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, mentre, per quelli ‘non armonizzati’, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, una prescrizione generale, analoga a quella comunitaria, sicché l’obbligo sussiste solo ove risulti specificamente sancito, come avviene, ad esempio, per l’accertamento sintetico in virtù dell’art. 38, comma 7, del d.P.R. n. 600 del 1973, nella formulazione introdotta dall’art. 22, comma 1, del d.l. n. 78 del 2010, conv. in l. n. 122 del 2010, applicabile, però, solo dal periodo d’imposta 2009 . Di conseguenza, gli accertamenti relativi alle precedenti annualità – come nella specie – sono legittimi anche senza l’instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale.
Deducendo che il provvedimento di parziale autotutela sia insufficiente a sanare i vizi del procedimento in rapporto alla prospettata compressione del diritto di difesa, il contribuente tenta sostanzialmente di recuperare, in sede di impugnativa del provvedimento di autotutela parziale, la possibilità di rimettere in discussione l’iniziale pretesa fiscale contro la quale andava invece proposta tempestiva impugnazione.
Ma questa Corte ha costantemente affermato che ‘il contribuente che richiede all’Amministrazione finanziaria di ritirare, in via di autotutela, un atto impositivo o un provvedimento sanzionatorio, già divenuti definitivi, non può limitarsi alla deduzione, ormai preclusa, di eventuali vizi dell’atto, ma è tenuto a prospettare l’esistenza di un interesse di rilevanza generale dell’Amministrazione alla rimozione RAGIONE_SOCIALE stesso; ne consegue che, contro il diniego opposto dall’Amministrazione all’esercizio del pot ere di autotutela, può essere proposta impugnazione soltanto per dedurre eventuali profili di illegittimità del rifiuto e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria’ (Sez. 5 , Ordinanza n. 161 del 03/01/2024, Rv. 670207-01, alla cui completa ed esaustiva ricostruzione RAGIONE_SOCIALE condizioni e dei limiti dell’impugnativa proponibile contro gli atti in autotutela si rimanda).
La pronuncia da ultimo citata, in particolare, ha ben spiegato che i vizi propri dell’atto di autotutela impugnato non possono sovrapporsi ai vizi di validità o di merito afferenti all’atto impositivo, poiché altrimenti si consentirebbe l’aggiramento del t ermine di decadenza, previsto a garanzia del principio di certezza del diritto e di stabilità dei rapporti giuridici, per l’impugnazione degli atti impositivi, che rimarrebbero esposti al riesame a tempo indeterminato tutte le volte in cui il contribuente dovesse presentare una istanza di revisione in autotutela.
Nel caso di specie, la CTR ha fatto buon governo di tali principi e, condividendo la motivazione già espressa dalla CTP nel precedente grado di giudizio, ha escluso vizi propri di legittimità dell’atto di
annullamento parziale in autotutela, che peraltro il contribuente non ha -neppure in questa sede di legittimità -specificamente enucleato, limitandosi a prospettare, sin dai gradi di merito: a) la compressione del proprio diritto di difesa prima dell’emi ssione degli avvisi di accertamento (che neppure potrebbero, come detto, configurare vizi propri di quegli atti presupposti); b) l’interesse di rilevanza generale dell’Amministrazione alla rimozione dell’atto (richiesto come condizione per l’impugnativa dell’atto di diniego, anche parziale, di autotutela), facendolo coincidere con la «necessità di evitare un defatigante contenzioso per una persona fisica già alle prese con alcuni problemi di salute nonché per ristabilire una corretta applicazione del principio di capacità contributiva» (pag. 4 del ricorso), che all’evidenza non integra alcun interesse generale dell’Amministrazione, trattandosi di esigenza calibrata specificamente sulla singola persona del contribuente e sulla singola controversia; c) la violazione del principio di buona fede per non essere stato posto il contribuente in condizione di argomentare in ordine agli elementi essenziali della pretesa tributaria, violazione all’evidenza non sussistente come rilevato dai giudici dei gradi di merito -avendo potuto il contribuente depositare, prima della decisione dell’Amministrazione sull’istanza di annullamento in autotutela, ampia documentazione che ha portato proprio all’accoglimento della richiesta, sebbene in una misura ritenuta insoddisfacente dal contribuente, con particolare riferimento alla decisione di non annullare gli importi dovuti a titolo di sanzione, pretesa che finisce con il coincidere con una inammissibile (in questa sede) contestazione della pretesa tributaria, in cui rientra anche la decisione in ordine alla debenza e alla misura RAGIONE_SOCIALE sanzioni.
Non vi è spazio, infine, per investire la Corte di giustizia UE con il rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE richiesto dal ricorrente.
In disparte il fatto che non sono state indicate in maniera adeguata le disposizioni che contrasterebbero con i principi dettati dagli artt. 41, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
sta di fatto che la materia in esame non è ricompresa tra quelle rientranti nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, che si riferisce ai soli tributi armonizzati: lo stesso ricorrente precisa che l’oggetto dell’impugnativa nei primi due gradi d i merito è il provvedimento di autotutela parziale del 17 novembre 2011, con il quale l’RAGIONE_SOCIALE ha rideterminato – in misura ritenuta insufficiente dal contribuente – il reddito, ai fini IRPEF e conseguente addizionale regionale, che era stato già sinteticamente calcolato con gli avvisi di accertamento per gli anni 2006 e 2007 (non tempestivamente impugnati).
Il ricorso, dunque, deve essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
PQM
Rigetta il ricorso.
Condanna COGNOME NOME al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, che si liquidano in euro 5600 oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso, in Roma, il 12 luglio 2024.