Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3592 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3592 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25088/2017 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore protempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato
-ricorrente –
contro
DAL BEN COGNOME
– intimato – avverso la sentenza n. 1306/2017, della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, Sez. 8, depositata il 22.3.2017;
udita la relazione sulla causa svolta dapprima nella camera di consiglio del 29 novembre 2024 e poi in esito alla riconvocazione del 20 gennaio 2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
1.Con sentenza n. 1306 del 2017, depositata il 22.3.2017, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia rigettava l’appello dell’Agenzia delle entrate, confermando la decisione di primo grado che aveva accolto l’impugnazione di NOME COGNOME che aveva ritenuto proposta avverso l’avviso di liquidazione
2011/002/DQ/000000686, emesso a tassazione di un decreto ingiuntivo recante enunciazione di scrittura privata non registrata e successivamente rettificato in autotutela dall’Agenzia.
1.1. Secondo quanto è dato evincere dalla sentenza impugnata, l’Agenzia aveva censurato la sentenza di primo grado rilevando che i giudici di prime cure avevano frainteso l’oggetto del contendere (rappresentato non dall’avviso di liquidazione, ma dal provvedimento di autotutela parziale emesso dall’Ufficio) ed avevano violato l’art. 22 del d.P.R. n. 131 del 1986, ritenendo che la sentenza di revoca del decreto ingiuntivo comportasse automaticamente l’inesistenza degli atti enunciati nel procedimento civile.
1.2. Nella sentenza impugnata, i giudici di secondo grado avevano ribadito che l’oggetto del processo era l’avviso di liquidazione originariamente notificato, benché successivamente rettificato in autotutela; avevano osservato, inoltre, che il decreto ingiuntivo aveva prodotto effetti che ‘nonostante provvisori hanno validità anche se non precludono l’instaurazione di un ordinario giudizio contenzioso’ e che la scrittura privata, quale atto presupposto non assoggettato a tassazione, a seguito di revoca della sentenza del Tribunale di Busto Arsizio, doveva essere considerata inesistente sin dall’origine.
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso, affidato a due motivi.
Il contribuente, contumace nel giudizio d’appello, è rimasto intimato.
Ragioni della decisione
Preliminarmente deve essere disattesa l’istanza di riunione del presente procedimento a quelli iscritti ai nn. R.G. 18213/2015 e 17716/2016, spiegata dalla difesa di parte ricorrente nel ricorso introduttivo, atteso che gli stessi sono stati decisi, rispettivamente, con ordinanze n. 26557/2022 e n. 31417/2023.
Con il primo motivo, rubricato ‘violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.’, l’Ufficio censura la sentenza impugnata per avere il giudice d’appello ritenuto ammissibile il ricorso del contribuente, senza considerare che l’atto impugnato, emesso in sede di autotutela riduttiva, aveva una portata non innovativa e non poteva, pertanto, essere impugnato ai sensi del citato art. 19.
Il motivo è fondato e deve essere accolto per le ragioni che seguono , comportando l’assorbimento del secondo motivo (il quale ha comunque trovato risposta nella pronuncia di Cass. n. 31417/23, sulla quale vedi infra ).
2.1. Nel caso di specie, come emerge dall’accertamento dei giudici di merito e dalle allegazioni di entrambe le parti (nel giudizio di primo grado ), ci si trova in presenza di una rettifica dell’originario avviso di accertamento, consistita semplicemente in una riduzione della pretesa impositiva, non essendo stati evidenziati ulteriori elementi di novità.
Questa Corte, con orientamento condiviso dal Collegio, ha affermato che: ‘Relativamente agli avvisi di accertamento, si è consolidato l’orientamento secondo cui la modifica in diminuzione di un precedente avviso, non integrando una nuova pretesa tributaria, bensì una mera riduzione di quella originaria, operata in autotutela, non necessita di adempimenti formali né di una specifica motivazione, a differenza della modifica in aumento che, determinando una pretesa nuova, deve necessariamente formalizzarsi nell’adozione di un avviso di accertamento, integrativo o sostitutivo di quello preesistente, il quale, a garanzia del contribuente, esige specifica motivazione, con l’indicazione dei nuovi elementi di fatto di cui è sopravvenuta la conoscenza, così come prescritto a pena di nullità dall’art. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 ‘ (Cass., Sez. 6, 30 ottobre 2018, n. 27543). Si è, pure precisato, da un lato, che è liberamente consentita all’ente
impositore, nel corso del giudizio e anche con la proposizione di una richiesta subordinata, la rettifica della pretesa impositiva che comporti una riduzione dell’onere richiesto al contribuente, senza necessità di emanare un nuovo provvedimento impositivo, necessario, invece, allorché la rettifica comporti un aumento del predetto onere (Cass., Sez. 5, 9 luglio 2021, n. 19367) e, dall’altro, che l’annullamento parziale adottato dall’Amministrazione in via di autotutela o, comunque, il provvedimento di portata riduttiva rispetto alla pretesa contenuta in atti divenuti definitivi non rientra nella previsione di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 e non è, quindi, impugnabile, non comportando alcuna effettiva innovazione lesiva degli interessi del contribuente rispetto al quadro a lui noto e consolidato per la mancata tempestiva impugnazione del precedente accertamento, laddove, invece, deve ritenersi ammissibile un’autonoma impugnabilità del nuovo atto se di portata ampliativa rispetto all’originaria pretesa (Cass., Sez. 5, 15 aprile 2016, n. 7511 e Cass., Sez. 5, 16 novembre 2018, n. 29595)’ ( Sez. Trib., Ordinanza n. 23278 del 28/08/2024, Rv. 672079 – 01). In forza di tali premesse, è stata espressamente affermata l’inammissibilità di un autonomo ricorso avverso l’atto di autotutela in diminuzione non solo laddove il contribuente abbia lasciato scadere il termine per l’impugnazione del provvedimento originario, ma anche laddove, come nel caso di specie, lo abbia tempestivamente e diligentemente impugnato. Infatti, anche in questa seconda ipotesi l’atto di autotutela riduttivo, che non rechi, salvo la diminuzione della pretesa impositiva, alcuna ulteriore modifica o innovazione, non configurando un atto nuovo, segue le sorti di quello originario, in cui è ricompreso.
Pertanto, difetta l’interesse ad agire, visto che, da un lato, il diritto di difesa può e deve essere esercitato nei confronti dell’originario atto e, dall’altro lato, l’autonoma impugnazione dell’atto di autotutela riduttivo potrebbe determinare un contrasto di giudicati
nell’ipotesi in cui, come nella fattispecie in esame, sia stato proposto ricorso avverso l’originario provvedimento.
Tale assenza di interesse ad agire si traduce nell’inammissibilità del ricorso proposto dal contribuente ed avente ad oggetto l’atto adottato dall’Agenzia delle entrate in sede di autotutela, che si sia limitato a ridurre la pretesa impositiva.
2.2. A tali considerazioni va poi aggiunto che, in virtù del giudicato prodottosi in virtù della pronuncia di Cass. n. 31417/23, la quale ha rigettato il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate contro la sentenza d’appello che aveva confermato la decisione di primo grado di accoglimento del ricorso di NOME COGNOME contro l’avviso di liquidazione in questione, sono ormai caducati gli effetti del provvedimento emesso in autotutela riduttiva dall’Ufficio.
In base alle svolte argomentazioni, in ragione della constatata carenza di interesse del contribuente a proporre il ricorso dinanzi alla CTR, la sentenza va cassata senza rinvio perché la causa non poteva essere proposta.
Il particolare andamento processuale comporta la compensazione delle spese delle fasi di merito e l’irripetibilità di quelle inerenti al giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, visto l’art. 382, comma 3, c.p.c., in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa senza rinvio la sentenza impugnata perché il giudizio non poteva essere proposto; compensa le spese inerenti alle fasi di merito e dichiara l’irripetibilità di quelle inerenti al giudizio di legittimità.
Così deciso, in Roma, 29 novembre 2024 e 20 gennaio 2025.