Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5660 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5660 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/03/2024
Oggetto: autotutela parziale – qualificazione dell’atto
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4738/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa in forza di procura speciale in atti dall’AVV_NOTAIO (PEC: EMAIL)
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’avvocatura generale dello Stato con domicilio in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO (PEC: EMAIL)
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della RAGIONE_SOCIALE n. 2776/14/2021 depositata in data 16/07/2021, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 14/09/2023 dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che:
-l’RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE notificò alla RAGIONE_SOCIALE sulla base del p.v.c. del 24 maggio 2016, redatto dall’RAGIONE_SOCIALE, un avviso di accertamento per indebita detrazione dell’IVA dovuta per il 2011 su operazioni di acquisto soggettivamente inesistenti, per l’importo di € 453.850,00, oltre sanzioni per € 567.312,50, essendo la cedente non già l’impresa RAGIONE_SOCIALE con sede in Slovenia, ma la RAGIONE_SOCIALE, con sede in Italia;
-in seguito, l’Ufficio, operando in autotutela, procedette ad autoannullare l’avviso di accertamento con atto definito di ‘autotutela parziale’, così provvedendo “ad abbandonare il recupero dell’imposta” e ad irrogare alla società la sanzione nella minor misura di € 110.380,05, ai sensi dell’art. 6, comma 9bis 3, del d. Lgs.471 del 1997, come modificato dal d. Lgs. n. 158 del 2015;
-la società impugnava tale provvedimento;
-la CTP rigettava il ricorso;
-la CTR, con la pronuncia qui ora gravata, ha confermato la decisione di primo grado;
–RAGIONE_SOCIALE ricorre ora per cassazione, sulla base di un unico motivo, cui resiste l ‘RAGIONE_SOCIALE con controricorso;
Considerato che:
-il solo motivo di ricorso dedotto si incentra sulla violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2, 7 e 19 del d.L. n. 564 del 1994 e del d.M. n. 37 del 1997 in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la CTR erroneamente ritenuto che il provvedimento di autotutela parziale reso nel corso del giudizio di merito avrebbe operato una mera rettifica della pretesa erariale, costituendo esso invece ma una vera e propria sostituzione -non consentita e quindi illegittima, in quanto nuova – della medesima pretesa poiché le sanzioni in esso irrogate sarebbero previste per una differente fattispecie giuridica introdotta con il d. Lgs. n. 158 del 2015, in forza del disposto innovativo dell’art. 6 comma 9 bis n. 3
del d. Lgs. n. 471 del 1997; così sarebbe risultato compromesso il diritto di difesa della società contribuente, colpito da una sanzione precedentemente non applicata;
-il motivo è infondato;
-va ricordato che l’art. 15, comma 1, lett. f), del d. Lgs. n. 158 del 2015 ha modificato le sanzioni amministrative in materia di documentazione e registrazione RAGIONE_SOCIALE operazioni IVA, previste nell’art. 6 del d. Lgs. n. 471 del 1997, intervenendo, soprattutto, nella disciplina sanzionatoria dell’inversione contabile, c.d. ‘reverse charge’; le nuove disposizioni sono entrate in vigore dal primo gennaio 2016 e trovano applicazione, per il principio del favor rei , anche per le violazioni commesse fino al 31 dicembre 2015 per le quali non siano stati emessi atti che si sono resi ‘definitivi’ anteriormente al primo gennaio 2016 (in argomento la circolare Ag. RAGIONE_SOCIALE 4 marzo 2016, n. 4);
-ritiene in sintesi la società contribuente, nel proprio motivo di impugnazione, che l’Ufficio non avrebbe unicamente recepito la modifica normativa in tema di sanzioni nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, assoggettate a ‘reverse charge’, applicando la sanzione secondo i criteri rideterminati dal legislatore, in misura più favorevole al contribuente, in quanto è stato abbandonato il recupero dell’IVA per euro 453.850,00 e le sanzioni sono state ridimensionate in euro 110.380,50; esso avrebbe invece applicato una nuova sanzione;
-orbene, la disciplina prevista dal comma 9bis. 3 già citato si applica anche alle operazioni inesistenti assolte con il meccanismo dell’inversione contabile. In particolare, il legislatore, modificando la previgente disciplina, ha introdotto regole specifiche, applicabili quando la violazione riguarda l’applicazione del regime di inversione contabile, per operazioni di cui al primo periodo del comma 9bis , ma che sono inesistenti; tali regole attengono sia alla sanzione applicabile che ai criteri di recupero dell’imposta in sede di accertamento;
-a tal fine, si è reso necessario intervenire anche nella disposizione contenuta nell’art. 21, comma 7, del d.P.R. n. 633 del 1972, che nella versione applicabile ratione temporis prevede ‘ se il cedente o prestatore emette fattura per operazioni inesistenti, ovvero se indica nella fattura i corrispettivi RAGIONE_SOCIALE operazioni o le imposte relative in misura superiore a quella reale, l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura’. Tale disposizione, prima della sua modifica, prevedeva che, nel caso di emissione di fattura ‘ per operazioni inesistenti ‘, ovvero di indicazione in fattura di corrispettivi o di imposta in misura superiore a quella reale, l’imposta fosse dovuta dal ‘debitore’ per ‘ l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura ‘; la regola si applicava a ‘ chiunque ‘ , senza distinguere tra operazioni contabilizzate secondo le regole ordinarie e quelle per cui l’imposta era dovuta mediante il meccanismo dell’inversione contabile. Il riferimento operato al ‘cedente’ consente di ritenere che l’iva, in questo caso, debba essere recuperata nei confronti del solo ‘cedente’ e non nei confronti del ‘cessionario’ ;
-dunque, il legislatore, con il d. Lgs. n. 158 del 2015, ha modificato l’intero impianto sanzionatorio amministrativo RAGIONE_SOCIALE operazioni inesistenti nell’ambito dell’inversione contabile. In particolare, da un lato, ha modificato il citato art. 21, comma 7, circoscrivendone la portata al solo regime ordinario (mediante la sostituzione del riferimento soggettivo, che ora non è più a ‘chiunque’ ma al ‘cedente o prestatore’); dall’altro, ha introdotto, nel comma 9bis .3 dell’art. 6 del d. Lgs. n. 471 del 1997, una procedura dedicata a delineare il trattamento della violazione anche da un punto di vista sanzionatorio. La norma, infatti, ora dispone che, in sede di accertamento, ne confronti del cessionario venga espunto sia il debito che il credito computato nelle liquidazioni dell’imposta (eliminando così gli effetti dell’operazione contabilizzata), come già previsto per le operazioni esenti, non imponibili e non soggette
cui è stato erroneamente applicato il sistema dell’inversione contabile. La medesima norma, tuttavia, prevede a carico di costui una diversa specifica sanzione nel caso di operazioni inesistenti, di misura compresa tra il 5 e il 10 per cento dell’imponibile, con un minimo di 1.000 euro;
-pertanto, l’affermazione centrale della CTR, secondo la quale ‘l’atto in questa sede impugnato è atto formalmente e sostanzialmente di autotutela, con il quale l’RAGIONE_SOCIALE, preso atto RAGIONE_SOCIALE modifiche normative introdotta dal d. lgs. n. 158 del 2015 e all’art. 21 comma 7 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 ed alle disposizioni sanzionatorie in materia di applicazione del regime di inversione contabile in caso di operazioni inesistenti di cui all’art. 6 comma 9 bis 3 del d. lgs. 471/1997, ha annullato per intero il recupero della imposta previsto dal precedente avviso di accertamento NUMERO_DOCUMENTO ed ha ridotto le sanzioni ‘ risulta corretta;
-non sussiste infatti, come ha accertato e ritenuto il giudice del gravame, un ‘nuovo’ atto impositivo, recante nuova causa petendi e nuovo petitum, come tale illegittimo, ma un mero ridimensionamento RAGIONE_SOCIALE pretese dell’Ufficio sia quanto a tributo sia quanto a sanzioni, ridimensionamento resosi necessario in forza RAGIONE_SOCIALE sopravvenute modifiche normative cui sopra si è fatto riferimento;
-alla luce di tali considerazioni, la pronuncia impugnata risulta immune dalla censura poste dalla ricorrente;
-conclusivamente, il ricorso è rigettato;
-le spese sono regolate dalla soccombenza;
p.q.m.
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite in favore di parte controricorrente che liquida in € 5.800,00 oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto
della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento a carico di parte ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 14 settembre 2023.