Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29604 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29604 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6987/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa ex lege dalla Avvocatura Generale dello Stato
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, con gli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE – RISCOSSIONE
-intimata- avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo Sezione Staccata di RAGIONE_SOCIALE n. 793/2018 depositata il 26/07/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/11/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE nonché dell’RAGIONE_SOCIALE della riscossione RAGIONE_SOCIALE, l’RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME, quale rappresentante legale e in proprio, impugnavano le cartelle di pagamento notificate alla RAGIONE_SOCIALE ed al
rappresentante legale, riferite alla riscossione a titolo definitivo dell’accertamento esecutivo NUMERO_DOCUMENTO per l’anno di imposta 2010.
1.2. A motivo, illustravano le fasi relative alla controversia allora pendente presso la Commissione Tributaria di RAGIONE_SOCIALE, RGR 775/13 (riferita all’impugnazione, con unico ricorso, degli avvisi di accertamento anni imposta 2009 e 2010 nn. NUMERO_DOCUMENTO/2013 e NUMERO_DOCUMENTO/2013 emessi a carico dell’RAGIONE_SOCIALE).
Ricordavano che il giudizio richiamato era culminato, allo stato, con la sentenza 419/1/15 del 27/05/15 depositata il 1/7/15 con la quale la CTP di RAGIONE_SOCIALE aveva rigettato il ricorso riferito all’anno di imposta 2009 ed aveva accolto quello per l’anno 2010, rilevando che il relativo avviso di accertamento era mancante di sottoscrizione.
1.3. Ciò premesso, eccepivano la nullità del ruolo, la violazione dell’efficacia decisoria della sentenza della CTP RAGIONE_SOCIALE, la violazione dell’ art. 14 DPR 602/73, la carenza di motivazione RAGIONE_SOCIALE cartelle.
Con sentenza n. 765/1/2017 depositata il 21/7/17, la Commissione Tributaria Provinciale di RAGIONE_SOCIALE rigettava il ricorso, a spese di lite compensate.
Quindi, la CTR dell’Abruzzo Sezione Staccata di RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva l’appello di parte contribuente.
Avverso la predetta sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sorretto da unico motivo.
NOME COGNOME, in proprio e nella qualità di presidente della RAGIONE_SOCIALE, resiste con controricorso e memoria illustrativa ex art. 380bis.1 c.p.с., e l’RAGIONE_SOCIALE-Riscossione è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 19 comma 3, 20, 21 e 56 del D.Lgs. 31-121992 n. 546 e dell’art. 100 c.p.c.
1.1. Deduce la Difesa erariale che la CTR è incorsa nella sopra denunziata violazione di legge laddove ha ritenuto ammissibile il ricorso avverso la cartella di pagamento e lo ha deciso nel merito, anziché dichiararlo inammissibile, per non avere il contribuente tempestivamente impugnato l’avviso di accertamento emendato del vizio di difetto di sottoscrizione – correttamente e tempestivamente notificatogli – con la conseguente definitività dello stesso.
1.2. Osserva l’Ufficio che, rilevata la mancanza – sull’avviso di accertamento per l’anno 2010 -della sottoscrizione e, considerato, altresì, che si era trattata di mera svista, nell’esercizio del potere di autotutela da parte dell’Amministrazione finanziaria, ha proceduto, nel termine di legge, ad emettere e rinotificare, emendato del riferito vizio, alla RAGIONE_SOCIALE ed al sig. NOME COGNOME un nuovo avviso di accertamento, per l’anno 2010, completo della sottoscrizione, sostitutivo di quello originario, che quest’ultimo non è stato impugnato ed è divenuto definitivo, legittim ando l’emissione della cartella di pagamento oggetto della presente controversia.
1.3. La Commissione regionale, nella sentenza impugnata, dopo avere premesso i) che l’avviso di accertamento originario era stato oggetto di impugnativa da parte dei contribuenti, i quali avevano lamentato l’omessa sottoscrizione dell’avviso di accertamento, e ii) che ancora in pendenza del giudizio avente ad oggetto il primo avviso accertamento, l’RAGIONE_SOCIALE emise un nuovo avviso di contenuto perfettamente sovrapponibile a quello precedente, che tuttavia non fu impugnato dai contribuenti divenendo quindi definitivo e che è quello portante il ricorso e l’appello al nostro odierno esame, ha così motivato l’accoglimento dell’appello dei contribuenti: «Ciò posto, risulta del tutto evidente che l’RAGIONE_SOCIALE operò in bis in idem
poiché allorquando emise il nuovo avviso permaneva in vita quello precedente che si trovava ancora sub iudice come dimostrato dal suo annullamento in data successiva rispetto a quello di nuova emissione. A nulla vale sostenere che detto nuovo avviso era del tutto anastatico rispetto al primo poiché a noi importa esclusivamente affermare che in quel momento l’RAGIONE_SOCIALE del tutto risultava sprovvista del potere di nuova emissione che si era già consumato e che avrebbe potuto rivivere esclusivamente in un momento successivo alla pronuncia della sentenza naturalmente nel rispetto RAGIONE_SOCIALE relative disposizioni».
Il motivo è infondato e, correttamente, la Commissione territoriale ha ritenuto che le cartelle di pagamento non fossero sorrette da idoneo titolo, in quanto il primo avviso di accertamento risultava ancora sub iudice, ed anzi era stato annullato, seppure con sentenza non definitiva della CTP di RAGIONE_SOCIALE, mentre il secondo avviso di accertamento non era idoneo a fondare il diritto alla riscossione, attuata con le cartelle impugnate.
Si rendono tuttavia necessarie le seguenti precisazioni, rammentandosi che allorquando il giudice di merito abbia deciso correttamente le questioni di diritto sottoposte al suo esame, l’eventuale inadeguatezza della decisione impugnata può comunque dar luogo, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., alla correzione della stessa motivazione da parte della Corte di cassazione (Cass. Sez. U., 25/11/2008, n. 28054).
A tale proposito, si rammenta che è risalente e costante affermazione di questa Corte che «In tema di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte, qualora, avendo il contribuente impugnato l’avviso di accertamento per vizi formali, l’Amministrazione provveda a sostituirlo con un nuovo avviso, recante l’esplicita dichiarazione che con esso si annulla in via di autotutela il primo, il giudicato di annullamento successivamente formatosi in ordine a quest’ultimo, in quanto determinato da considerazioni di ordine formale, non
produce alcun effetto di carattere sostanziale nei confronti del nuovo provvedimento, immune da vizi (Cass. Sez. 5, 14/05/2007, n. 10949).
4.1. Si è quindi precisato che «In materia tributaria, l’esercizio del potere di autotutela non implica la consumazione del potere impositivo, sicché, rimosso con effetti “ex tunc” l’atto di accertamento illegittimo o infondato, l’Amministrazione finanziaria è tenuta all’esercizio della potestà impositiva, ove ne sussistano i presupposti, senza necessità di notificare nuovamente il processo verbale di constatazione, incontrando i soli limiti dell’avvenuta formazione del giudicato, del decorso del termine decadenziale fissato per l’accertamento e del diritto di difesa del contribuente. (Cass. Sez. 5, 08/07/2015, n. 14219; conf.: Cass. Sez. 5, 21/03/2018, n. 7033).
4.2. Ancora, si è affermato che «Il potere di autotutela cd. sostitutiva -in forza del quale l’Amministrazione può annullare l’atto illegittimo e sostituirlo con un altro di contenuto sostanzialmente identico, ma privo dei vizi originari -può essere esercitato, ai sensi dell’art. 2 quater, del d.l. n. 564 del 1994, conv. in l. n. 656 del 1994, anche durante il giudizio di impugnazione proposto contro detto atto, trovando il suo fondamento nel cd. “principio di perennità” della potestà amministrativa, che, tuttavia, incontra i limiti dell’eventuale giudicato sul merito dell’impugnazione dell’atto, del decorso del termine di decadenza per l’attività di accertamento o riscossione e del diritto di difesa del contribuente» (Cass. Sez. 5, 20/03/2019, n. 7751) e che «In materia tributaria, il potere dell’Amministrazione finanziaria di provvedere in via di autotutela e con effetti retroattivi all’annullamento d’ufficio (o alla revoca) degli atti illegittimi (o infondati) è espressamente riconosciuto dall’art. 2-quater, comma 1, del d.l. n. 564 del 1994, conv. in l. n. 656 del 1994, in virtù del quale può essere annullato, in autotutela cd. sostitutiva, anche un
precedente provvedimento di annullamento dell’originario atto impositivo, senza che ciò comporti l’automatica reviviscenza di quest’ultimo, ormai definitivamente eliminato dall’ordinamento. Ne consegue che, in tale ipotesi, l’Ufficio ha l’obbligo di adottare un nuovo atto “sostitutivo” secondo le forme ed entro il termine di legge previsto per il suo compimento e, in caso di avvenuta impugnazione dell’atto impositivo, in assenza di giudicato sull’accertamento ad esso sotteso» (Cass. Sez. 5, 08/10/2019, n. 25055).
4.3. Da ultimo, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno confermato che «In tema di accertamento tributario, il potere di autotutela tributaria – le cui forme e modalità sono disciplinate dall’art. 2-quater, comma 1, del d.l. n. 564 del 1994, conv. con modif. dalla l. n. 656 del 1994, e dal successivo d.m. n. 37 del 1997, nonché, con decorrenza dal 18 gennaio 2024, dagli artt. 10quater e 10-quinquies, della l. n. 212 del 2000 – trae fondamento, al pari della potestà impositiva, dai principi costituzionali di cui agli artt. 2, 23, 53 e 97 Cost. in vista del perseguimento dell’interesse pubblico alla corretta esazione dei tributi legalmente accertati; di conseguenza, l’Amministrazione finanziaria, qualora non sia decorso il termine di decadenza per l’accertamento previsto per il singolo tributo e sull’atto non sia stata pronunciata sentenza passata in giudicato, può legittimamente annullare, per vizi sia formali che sostanziali, l’atto impositivo viziato ed emettere, in sostituzione, un nuovo atto anche per una maggiore pretesa. (Cass. Sez. U., 21/11/2024, n. 30051).
4.4. Ne consegue che, come anche di recente rilevato da questa Suprema Corte, nel processo tributario, l’intervenuto annullamento d’ufficio dell’atto esattivo impugnato elimina ogni posizione di contrasto tra le parti e, di conseguenza, comporta la sopravvenuta carenza di interesse alla prosecuzione del giudizio, non potendo le
parti da essa ottenere alcun risultato utile ulteriore (Cass. Sez. 5, 17/12/2024, n. 32963).
Tuttavia, ciò non esclude che l’avviso di accertamento emesso, in sede di autotutela, in sostituzione di altro avviso precedentemente adottato debba contenere l’esplicita menzione che con esso si pone nel nulla l’atto anteriore, dovendosi rispettare sia il diritto di difesa del contribuente, che deve conoscere con certezza quale atto può essere oggetto di ricorso, sia il divieto di doppia imposizione in dipendenza dello stesso presupposto (Cass., Sez. 5, 20/06/2007, n. 14377; Cass., Sez. 5, 12 marzo 2021, n. 6981; Cass., Sez. 5, 21 ottobre 2021, n. 29328; Cass. Sez. 5, 08/12/2024, n. 31533).
5.1. In questo modo il sistema risulta rispettoso anche del divieto di doppia imposizione in dipendenza dello stesso presupposto, poiché al termine del procedimento di autotutela il “primo” atto è stato posto nel nulla, quindi non produce alcun effetto, mentre il “secondo” atto è il solo superstite la cui pretesa potrà esser oggetto di contestazione giudiziale (Cass. Sez. 5, 12/03/2021, n. 6981; in argomento, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 7335 del 26/03/2010).
Nella specie, la presenza della esplicita e necessaria menzione che con l’atto emendato si poneva nel nulla l’atto anteriore non è stata neppure dedotta dall’RAGIONE_SOCIALE ricorrente, che non ha neppure prodotto, né trascritto nel ricorso, così eludendo il principio di specificità di cui all’art. 366, comma 1, n. 6 c.p.с., ed anzi la circostanza deve ritenersi esclusa a fronte della constatazione, contenuta nella sentenza impugnata e qui non contestata, che il «nuovo avviso era del tutto anastatico rispetto al primo»; non è dunque ravvisabile, in relazione all’ avviso di accertamento emesso in un secondo tempo, la natura sostitutiva del l’atto precedentemente adottato e ancora sub iudice. E dunque il contribuente non era onerato dell’impugnazione di tale secondo
atto, sì che la sua mancata impugnazione non poteva legittimare l’emissione dell e cartelle qui impugnate.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente l’RAGIONE_SOCIALE, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. n. 30 maggio n. 115, art. 13 comma 1quater (Cass. 29/01/2016, n. 1778).
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 7.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del difensore dichiaratosi anticipatario.
Così deciso in Roma, il 05/11/2025.
La Presidente NOME COGNOME