Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33347 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33347 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27876/2016 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
CONTRO
DI NOME COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del LAZIO-ROMA n. 2578/2016 depositata il 03/05/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate ricorre avverso la sentenza della C.T.R. del Lazio che ha confermato la sentenza della C.T.P. di Roma di accoglimento del ricorso per l’annullamento dell’avviso di accertamento notificato a NOME COGNOME, con il quale si rideterminava il reddito da fabbricati, ai fini IRPEF, nonché ai fini dell’addizionale regionale e comunale, per l’anno di imposta 2008.
La sentenza della C.T.R. riprendendo la ricostruzione del giudice di prima cura, rileva che il contratto di locazione commerciale dell’immobile sito in Roma, INDIRIZZO aveva decorrenza dal 1^ luglio 2007, e non -come affermato dall’Ufficio con l’avviso di accertamento – dal 1^ gennaio 2007, e che il canone relativo al primo sessennio era pari ad euro 78.000,00 anziché euro 86.750,00, mentre la contribuente era proprietaria dell’immobile per la quota del 33% e non del 50%. La decisione, inoltre, condividendo la pronuncia del primo giudice, rigetta l’eccezione di inammissibilità del ricorso, formulata dall’Agenzia delle Entrate, per essere il medesimo stato presentato prima della scadenza dei termini di mediazione, affermando che nessuna istanza di mediazione era stata presentata dalla contribuente, non ricorrendone i presupposti, in quanto il valore della controversia superava il valore di ventimila euro. Infine -dato atto che con il provvedimento di autotutela parziale l’Ufficio aveva ridotto il reddito da fabbricati per l’anno 2008 ad euro 15.411,00, a fronte di una dichiarazione della contribuente pari ad euro 3.022,00- respinge il motivo con il quale l’Ufficio censurava la sentenza di primo grado per avere dichiarato l’avviso di accertamento integralmente illegittimo, anziché limitarsi a rimodulare la pretesa impositiva. Ritiene, infatti, la C.T.R. che in seguito alla riduzione del quantum della pretesa tributaria, disposta dall’Ufficio in autotutela, l’avviso di accertamento perda legittimità ‘perché fondato su un’iscrizione a
ruolo non più valida’, sicché l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto provvedere all’emissione di un nuovo atto di accertamento contenente l’esatto importo dovuto dalla contribuente.
Resiste NOME COGNOME con controricorso, sottoscritto dall’avv. NOME COGNOME giusta procura alle liti conferita per il primo grado di giudizio.
Con memoria del 31 ottobre 2024 la controricorrente ribadisce le conclusioni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’Agenzia delle Entrate formula due motivi di impugnazione.
Con il primo fa valere, ex art. 360, comma 1 n. 3) cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 quater del d.l. 564/1994 e dell’art. 2 d.m. 11 febbraio 1997, n. 37. Osserva che con provvedimento in data 19 novembre 2013, notificato il 9 gennaio 2014, l’Ufficio provvedeva ad annullare parzialmente l’avviso di accertamento impugnato, riducendo da dodici a sei mesi il periodo di possesso dell’immobile per l’anno 2007, e dal 50% al 33% la quota di proprietà, con conseguente rideterminazione del reddito in euro 15.411,00 (riproduce in ricorso il provvedimento di autotutela). Rileva che il provvedimento di autotutela non era stato contestato dalla contribuente. Rappresenta che il caso di specie rientra nella ipotesi descritte dall’art. 2 del d.m. 37/1997, che consentono all’Amministrazione di procedere in tutto o in parte all’annullamento dell’atto di imposizione, e che essendosi provveduto alla riduzione della pretesa erariale, nessun problema di proporzionalità o di legittimo affidamento del destinatario dell’atto può porsi. Di conseguenza, diversamente da quanto ritenuto dalla C.T.R., l’avviso di accertamento resta legittimo per la parte non annullata, di modo che la sentenza
impugnata avrebbe dovuto, anziché decidere per l’annullamento integrale, giudicare il merito della controversia e, tenendo conto del carattere di impugnazione-merito del processo tributario, rideterminare il quantum del dovuto.
Con il secondo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 4) cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 cod. proc. civ., per essersi la C.T.R., con motivazione meramente apparente, limitata a condividere il contenuto della sentenza di prima cura, omettendo qualsiasi analisi ragionata sul thema decidendum .
Con il controricorso, concludendo per l’inammissibilità del ricorso o, in subordine, per il suo rigetto, evidenzia che l’Agenzia delle Entrate in primo grado si era limitata a chiedere la declaratoria di inammissibilità del ricorso, omettendo, peraltro, in secondo grado, di impugnare la statuizione riguardante la riduzione del canone per il primo anno di locazione, e formulando, in sede di appello, unicamente conclusioni per la condanna della contribuente al pagamento delle somme determinate dal provvedimento di autotutela, nonostante il medesimo fosse successivo alla rituale introduzione del ricorso per l’annullamento dell’avviso di accertamento.
Va, preliminarmente, dichiarata l’inammissibilità del controricorso, in quanto sottoscritto dall’avv.to NOME COGNOME giusta procura alle liti rilasciata per il primo grado di giudizio, a margine del ricorso introduttivo, come dal medesimo difensore dichiarato nell’intestazione del controricorso. Invero ‘La procura per proporre ricorso per cassazione deve essere speciale e non può essere rilasciata in via preventiva, dal momento che il requisito della specialità implica l’esigenza che questa riguardi espressamente il giudizio di legittimità sulla base di una valutazione della sentenza impugnata. Ne consegue che la
procura non può considerarsi speciale se rilasciata in data precedente a quella della sentenza da impugnare, sicché è inammissibile un ricorso sottoscritto da difensore che si dichiari legittimato da procura a margine dell’atto di citazione di primo grado ‘ (Cass. n. 27540 del 21/11/2017) . Dall’inammissibilità del controricorso deriva l’inammissibilità della memoria depositata nell’interesse della contribuente.
Il primo motivo di ricorso è fondato.
6.1 Occorre, innanzitutto, per chiarezza espositiva, rammentare che il ricorso per l’annullamento dell’avviso di accertamento è stato depositato presso la C.T.P. di Roma, in data 25 novembre 2013, mentre l’atto di riduzione della pretesa tributaria, adottato il 19 novembre 2013, denominato dall’Ufficio ‘ Comunicazione di provvedimento di autotutela’ -e nel corpo del quale si dà atto dell’annullamento parziale dell’avviso di accertamento in parziale accoglimento dell’istanza di mediazione- è stato asseritamente notificato il 9 gennaio 2014 (pagg. 2 e 3 del ricorso introduttivo di questo giudizio).
6.2 Ciò premesso -e rilevato che la sentenza della C.T.R. esclude che sia mai stata presentata istanza di mediazione- la questione di cui alla prima censura verte sostanzialmente sul potere-dovere del giudice di pronunciarsi nel merito della pretesa tributaria, a fronte della ritenuta invalidità sostanziale e non solo formale dell’avviso di accertamento.
6.3 Va sul punto ricordato che ‘Il processo tributario è annoverabile tra quelli di “impugnazione-merito”, in quanto diretto ad una decisione sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente, sia dell’accertamento dell’Ufficio, sicché il giudice, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi al suo annullamento, ma deve esaminare nel merito la pretesa e ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande
di parte. (In applicazione dell’enunciato principio, la SRAGIONE_SOCIALE. ha confermato la decisione della CTR che, in parziale accoglimento della domanda, aveva ridotto la pretesa impositiva, anziché confermarla integralmente)’ (Sez. 5, Ordinanza n. 18777 del 10/09/2020; cfr. conf. ex multis : Sez. 5, Ordinanza n. 39660 del 13/12/2021, in tema di cartella esattoriale; Sez. 5 – , Ordinanza n. 29364 del 23/12/2020, in tema di iscrizione ipotecaria; Sez. 5, Sentenza n. 13294 del 28/06/2016).
6.4 La natura del processo quale processo di “impugnazione-merito”, impone, dunque, una decisione sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente, sia, eventualmente, dell’avviso di accertamento o di rettifica dell’ufficio, al fine di ricondurre la pretesa tributaria nell’esatta misura.
Si tratta di un principio che non soffre eccezioni. Ne consegue che quando il giudice di merito ravvisi una nullità sostanziale dell’atto impositivo deve, in ogni caso, pronunciarsi sul merito della pretesa, anche solo per confermare l’esattezza della dichiarazione del contribuente, qualora questa rappresenti il limite della domanda della parte.
6.5 La C.T.R., dunque, erra laddove reputa di doversi limitare ad annullare integralmente l’avviso di accertamento, sul presupposto dell’intervento, nel corso del giudizio, del provvedimento di autotutela, attribuendo a questo l’effetto di privare di legittimità l’originario provvedimento impositivo, in quanto avrebbe comunque dovuto pronunciarsi sul merito della pretesa, senza rimettere, come invece ha fatto, all’Ufficio l’onere di emettere un nuovo avviso di accertamento.
6.6 Deve, per altro verso, escludersi la rilevanza le osservazioni introdotte dall’Agenzia ricorrente sull’assenza di contestazione dell’atto di autotutela, intervenuto nel corso del giudizio e di cui è comunque contestata la notificazione da parte
della controricorrente. Va rilevato, infatti, che l’atto di autotutela -legittimamente fondato sul principio di perennità della potestà amministrativa (cfr. ex multis (Sez. 5 – , Sentenza n. 7751 del 20/03/2019)- ha ridotto solo parzialmente la pretesa tributaria, in considerazione delle contestazioni avanzate dalla contribuente in ordine alla durata del contratto di locazione e della quota di proprietà dell’immobile locato, non comportando alcuna effettiva innovazione lesiva degli interessi della contribuente rispetto al quadro già rappresentato nell’originario atto di accertamento impugnato. Per cui, da un lato, esso non rientra fra gli atti impugnabili ex art. 19, comma 3, d. lgs. 546/1992, non avendo contenuto ampliativo della pretesa (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 7511 del 15/04/2016) dall’altro, non produce l’effetto della cessazione della materia del contendere ai sensi dell’art. 46 d. lgs. 546/1992, stante la non coincidenza fra la determinazione contenuta nell’atto di autotutela e le conclusioni formulate dalla contribuente nel ricorso avverso l’avviso di accertamento.
6.7 Resta fermo, dunque, l’obbligo del giudice di merito, che ritenga invalido per ragioni sostanziali l’avviso di accertamento, di pronunciarsi sul merito della pretesa.
Il secondo motivo di impugnazione è assorbito.
La sentenza deve, quindi, essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, cui è demandata anche la liquidazione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Dichiarati inammissibili il controricorso e la memoria in data 31 ottobre 2024, in accoglimento del primo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione,
cui demanda anche la liquidazione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 14 novembre 2024