Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6059 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6059 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/03/2024
Oggetto: reverse charge – modifiche ex d lgs. 158/15 – autotutela
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20655/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’avvocatura generale dello Stato con domicilio in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO (PEC: EMAIL);
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa in forza di procura speciale in atti dall’AVV_NOTAIO (PEC: EMAIL)
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della RAGIONE_SOCIALE n. 4784/22/2019 depositata in data 27/11/2019, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 14/09/2023 dal RAGIONE_SOCIALEigliere NOME COGNOME;
Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; Rilevato che:
-l’RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE notificò alla RAGIONE_SOCIALE sulla base del p.v.c. del 24 maggio 2016, redatto dall’RAGIONE_SOCIALE, un avviso di accertamento per indebita detrazione dell’IVA dovuta per il 2011 su operazioni di acquisto soggettivamente inesistenti, per l’importo di € 453.850,00, oltre sanzioni per € 567.312,50, essendo la cedente non già l’impresa RAGIONE_SOCIALE con sede in Slovenia, ma la RAGIONE_SOCIALE, con sede in Italia; in pari data, l’RAGIONE_SOCIALE notificò alla società un atto di contestazione, con cui si irrogava alla RAGIONE_SOCIALE la sanzione di € 937,50, ai sensi dell’art. 11, comma 4, del d. Lgs. n. 471 del 1997 per irregolare compilazione degli elenchi Intrastat di cui all’art. 50 d.L. n. 331 del 1993, convertito in legge n. 427 del 1993;
-l’Ufficio, in pendenza del giudizio di primo grado e dopo essersi ivi costituito, prese in esame l’istanza di annullamento in autotutela avanzata dalla società in data 20 febbraio 2017 e – richiamando la modifica normativa di cui all’art. 21, comma 7, del d.P.R. 633 del 1973, per effetto del d. Lgs. 158 del 2015, entrato in vigore il 1° gennaio 2016 -con atto notificato il 21 dicembre 2017 procedette ad auto-annullare l’avviso di accertamento con atto definito di ‘autotutela parziale’, così provvedendo “ad abbandonare il recupero dell’imposta” e ad irrogare alla società la sanzione nella minor misura di € 110.380,05, ai sensi dell’art. 6, comma 9bis 3,
del d.lgs.471 del 1997, come modificato dal d. Lgs. n. 158 del 2015;
-la CTP rigettò comunque i ricorsi, previa riunione, con sentenza n. 1927/3/2018;
-la società propose dunque appello, che venne accolto dalla CTR della RAGIONE_SOCIALE con sentenza n. 4784/2019 del 27.11.2019; si ritenne, in particolare, che il provvedimento di autotutela avesse ‘stravolto l’atto impositivo originario costituendo nella sostanza un annullamento integrale dell’avviso di accertamento originario con emissione di un nuovo e diverso atto di contestazione sanzioni … stata sostituita l’originaria contestazione non più legittimamente opponibile all’appellante in virtù RAGIONE_SOCIALE modifiche normative già in precedenza intervenute con il d.lgs.158/2015, con una differente pretesa impositiva, ma oltre i termini decadenziali”;
-la CTR rilevò poi, in riferimento all’art. 7 della legge n. 212/2000, che il nuovo atto sanzionatorio, emesso in rettifica dell’originario contenuto impositivo, non poteva integrare i presupposti degli atti originari, ciò comportando la totale compromissione del diritto di difesa all’interno della lite;
-per l’effetto, il giudice d’appello annullò ‘ gli atti impositivi ‘;
-poiché risultavano pendenti in questa sede di legittimità i ricorsi N. 4738/2022 R.G. e N. 4731/2022 R.G., aventi ad oggetto l’impugnazione RAGIONE_SOCIALE sentenze d’appello rese dalla C.T.R. della RAGIONE_SOCIALE, rispettivamente, in relazione all’impugnativa autonoma del provvedimento di autotutela in discorso, proposta dalla società contribuente, nonché riguardo all’accertamento per l’anno d’imposta 2012, scaturente dal medesimo p.v.c. da cui origina l’avviso oggetto del presente giudizio, questa Corte con ordinanza interlocutoria resa all’esito della Camera di consiglio del
25 ottobre 2022, ha disposto il rinvio della causa a nuovo ruolo, onde procedere alla trattazione congiunta dei ricorsi suddetti;
-l’RAGIONE_SOCIALE ricorre ora per cassazione, sulla base di un unico motivo, illustrato da memorie, cui resiste la società con controricorso;
RAGIONE_SOCIALEiderato che:
-il solo motivo di ricorso dedotto si incentra sulla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 quater del d.L. n. 564 del 1994 in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la CTR erroneamente ritenuto che il provvedimento di autotutela parziale reso nel corso del giudizio di merito non avrebbe operato una mera rettifica della pretesa erariale, ma una vera e propria sostituzione -non consentita e quindi illegittima – della medesima poiché le sanzioni in esso irrogate sarebbero previste per una differente fattispecie giuridica introdotta con il d. Lgs. n. 158 del 2015, in forza del disposto innovativo dell’art. 6 comma 9 bis n. 3 del d. Lgs. n. 471 del 1997; così sarebbe risultato compromesso il diritto di difesa della società contribuente;
-il motivo è fondato;
-va ricordato che l’art. 15, comma 1, lett. f), del d. Lgs. n. 158 del 2015 ha modificato le sanzioni amministrative in materia di documentazione e registrazione RAGIONE_SOCIALE operazioni IVA, previste nell’art. 6 del d. Lgs. n. 471 del 1997, intervenendo, soprattutto, nella disciplina sanzionatoria dell’inversione contabile, c.d. ‘reverse charge’; le nuove disposizioni sono entrate in vigore dal primo gennaio 2016 e trovano applicazione, per il principio del favor rei , anche per le violazioni commesse fino al 31 dicembre 2015 per le quali non siano stati emessi atti che si sono resi ‘definitivi’ anteriormente al primo gennaio 2016 (in argomento la circolare Ag. RAGIONE_SOCIALE 4 marzo 2016, n. 4);
RAGIONE_SOCIALE. Est. AVV_NOTAIO – 4 -ritiene in sintesi l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente, nel proprio motivo di impugnazione, che l’Ufficio avrebbe unicamente recepito la
modifica normativa in tema di sanzioni nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti assoggettate a ‘reverse charge’, applicando la sanzione secondo i criteri rideterminati dal legislatore, in misura più favorevole al contribuente, in quanto è stato abbandonato il recupero dell’IVA per euro 453.850,00 e le sanzioni sono state ridimensionate in euro 110.380,50;
-la disciplina prevista dal comma 9bis. 3 già citato si applica anche alle operazioni inesistenti assolte con il meccanismo dell’inversione contabile. In particolare, il legislatore, modificando la previgente disciplina, ha introdotto regole specifiche, applicabili quando la violazione riguarda l’applicazione del regime di inversione contabile, per operazioni di cui al primo periodo del comma 9bis , ma che sono inesistenti; tali regole attengono sia alla sanzione applicabile che ai criteri di recupero dell’imposta in sede di accertamento;
-a tal fine, si è reso necessario intervenire anche nella disposizione contenuta nell’art. 21, comma 7, del d.P.R. n. 633 del 1972, che nella versione applicabile ratione temporis prevede ‘ se il cedente o prestatore emette fattura per operazioni inesistenti, ovvero se indica nella fattura i corrispettivi RAGIONE_SOCIALE operazioni o le imposte relative in misura superiore a quella reale, l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura’. Tale disposizione, prima della sua modifica, prevedeva che, nel caso di emissione di fattura ‘ per operazioni inesistenti ‘, ovvero di indicazione in fattura di corrispettivi o di imposta in misura superiore a quella reale, l’imposta fosse dovuta dal ‘debitore’ per ‘ l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura ‘; la regola si applicava a ‘ chiunque ‘ , senza distinguere tra operazioni contabilizzate secondo le regole ordinarie e quelle per cui l’imposta era dovuta mediante il meccanismo dell’inversione contabile. Il riferimento operato al
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‘cedente’ consente di ritenere che l’iva, in questo caso, debba essere recuperata nei confronti del solo ‘cedente’ e non nei confronti del ‘cessionario’ ;
-dunque, il legislatore, con il d. Lgs. n. 158 del 2015, ha modificato l’intero impianto sanzionatorio amministrativo RAGIONE_SOCIALE operazioni inesistenti nell’ambito dell’inversione contabile. In particolare, da un lato, ha modificato il citato art. 21, comma 7, circoscrivendone la portata al solo regime ordinario (mediante la sostituzione del riferimento soggettivo, che ora non è più a ‘chiunque’ ma al ‘cedente o prestatore’); dall’altro, ha introdotto, nel comma 9bis .3 dell’art. 6 del d. Lgs. n. 471 del 1997, una procedura dedicata a delineare il trattamento della violazione anche da un punto di vista sanzionatorio. La norma, infatti, ora dispone che, in sede di accertamento, ne confronti del cessionario venga espunto sia il debito che il credito computato nelle liquidazioni dell’imposta (eliminando così gli effetti dell’operazione contabilizzata), come già previsto per le operazioni esenti, non imponibili e non soggette cui è stato erroneamente applicato il sistema dell’inversione contabile. La medesima norma, tuttavia, prevede a carico di costui una diversa specifica sanzione nel caso di operazioni inesistenti, di misura compresa tra il 5 e il 10 per cento dell’imponibile, con un minimo di 1.000 euro;
-pertanto, l’affermazione centrale della CTR, sottolineata in controricorso, secondo la quale l’Ufficio avrebbe, con il provvedimento di autotutela, ‘stravolto l’atto impositivo originario, costituendo nella sostanza un annullamento integrale dell’avviso di accertamento originario con emissione di un nuovo e diverso atto di contestazione sanzioni oltre i termini di decadenza’, con ciò facendo valere una ‘differente pretesa impositiva, ma oltre i relativi termini decadenziali’, è effettivamente erronea in diritto. Non sussiste quindi,
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diversamente da quanto ha ritenuto il giudice del gravame, un ‘nuovo’ atto impositivo, recante nuova causa petendi e nuovo petitum, come tale illegittimo, ma un mero ridimensionamento RAGIONE_SOCIALE pretese dell’Ufficio sia quanto a tributo sia quanto a sanzioni, ridimensionamento resosi necessario in forza RAGIONE_SOCIALE sopravvenute modifiche normative cui sopra si è fatto riferimento;
-alla luce di tali considerazioni, la pronuncia impugnata -previo accoglimento del motivo di ricorso dedotto -va quindi cassata con rinvio al giudice dell’appello per nuovo esame del merito della controversia nel rispetto dei principi sopra illustrati;
p.q.m.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della RAGIONE_SOCIALE in diversa composizione che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di Legittimità.
Così deciso in Roma, il 14 settembre 2023.