Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9091 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9091 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 27379/2022 proposto da:
Avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso da se stesso, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO
Indirizzo Pec: EMAIL
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate ed Agenzia delle Entrate-Riscossione, nelle persone dei rispettivi Direttori pro tempore, rappresentate e difese dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA n. 3442/2022, depositata in data 15 aprile 2022, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto dall ‘Avv. NOME COGNOME avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso avente ad oggetto la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA emessa a seguito d ell’attività d i controllo automatizzato, rispettivamente delle dichiarazioni modelli Iva 2017 e Irap 2017, presentate per il periodo d’imposta, 2016, nonché della liquidazione periodica Iva relativa al quarto trimestre 2017.
I giudici di secondo grado hanno affermato che il disconoscimento della sottoscrizione operato dal contribuente era poco conducente in assenza della interposizione di una querela di falso; la cartella di pagamento non era nulla per vizio di motivazione relativo alla dizione criptica «omesso o carente versamento», perché, al di là del rilievo per cui tale dizione era presente all’interno della cartella impugnata soltanto in sede di motivazione delle pretese contestate alla parte all’esito dell’attività di controllo automatizzato della dichiarazione mod. IRAP 2017, la documentazione confortava circa la corrispondenza tra gli importi iscritti a ruolo e quelli indicati a debito nella suddetta dichiarazione oggetto di rettifica; in ultimo, il contribuente era in grado di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale e di operare i relativi calcoli, anche in assenza della mancata indicazione del conteggio e delle modalità di calcolo degli interessi, nonché delle aliquote del periodo di imposta.
L’Avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a tre motivi e successive memorie.
L’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate -Riscossione resistono con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Il primo mezzo deduce , in relazione all’a rt. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. , l’omessa motivazione in relazione all’insussistenza di una ratio decidendi , e, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 bis e/o ter del d.P.R. n. 600 del 1973, nonché dell’art. 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 6 della legge n. 212 del 2020 e, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’ insussistenza di una ratio decidendi . La Commissione tributaria regionale aveva motivato sulla necessità della querela di falso, quando invece il motivo di appello, alla luce della sentenza di primo grado, si era incentrato sulla incertezza che aveva provocato nel contribuente la comunicazione in sé dell’avviso bonario, che se comunicato implicava la sussistenza di situazioni per le quali vi erano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione. La sentenza impugnata era incorsa nel vizio di omessa motivazione del rigetto del primo motivo di appello per non essere ricostruibile la ratio decidendi dalla dizione criptica, ellittica, perplessa e incomprensibile secondo cui « l’operato disconoscimento era allora poco conducente in assenza della interposizione di una querela di falso ».
1.1 Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto il ricorrente non ha trascritto integralmente il primo motivo di appello in relazione al quale ha dedotto il vizio di violazione di legge e il vizio di motivazione, non essendo sufficiente al riguardo riportare soltanto l’indicazione delle norme richiamate, senza lo sviluppo argomentativo svolto, alla luce di quanto espressamente affermato dai giudici di
secondo grado, a pag. 3 della sentenza impugnata: « Circa il primo motivo, in relazione al quale la parte privata appellante reitera l’operato disconoscimento della sottoscrizione… ».
1.2 Sul punto, va ricordato che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione – che trova la propria ragion d’essere nella necessità di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte – vale anche in relazione ai motivi di appello rispetto ai quali si denuncino errori da parte del giudice di merito (Cass., 13 marzo 2018, n. 6014; Cass., 20 luglio 2012, n. 12664; Cass., 10 gennaio 2012, n. 86).
1.3 Più specificamente, il ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza, deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, sicché il ricorrente ha l’onere di indicarne specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione (Cass., 15 luglio 2015, n. 14784; Cass., 27 luglio 2017, n. 18679; Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34469).
1.4 Con riguardo, poi, al tema di specificità dei motivi di ricorso, questa Corte, da ultimo, ha avuto occasione di precisare che « Ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. – quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 – non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza
stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito » ( Cass., Sez. U., 18 marzo 2022, n. 8950).
1.5 Il principio, escludendo l’eccessivo rigore nella imposizione di oneri di integrale trascrizione e allegazione di documenti, ha comunque sottolineato come i motivi debbano comunque indicare puntualmente, per le parti di rilievo, il contenuto degli atti richiamati, in modo da consentire al giudice l’esatta comprensione e portata della doglianza, oltre che l’esatta collocazione del documento nel fascicolo di causa.
1.6 Dunque, il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 – non deve invero essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (cfr. Cass. Sez. U., 18 marzo 2022, n. 8950), ovvero deve ritenersi rispettato ogni qualvolta l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali (cfr. Cass., 19 aprile 2022, n. 12481), e non può invece ritenersi rispettato qualora il motivo di ricorso faccia rinvio agli atti allegati e contenuti nel fascicolo di parte senza riassumerne il contenuto al fine di soddisfare il requisito ineludibile dell’autonomia del ricorso per cassazione, fondato
sull’idoneità del contenuto delle censure a consentire la decisione (cfr. Cass., 1 marzo 2022, n. 6769).
1.7 L’osservanza del principio di autosufficienza avrebbe imposto, nel caso in esame, l’onere per il ricorrente di trascrivere integralmente il primo motivo di appello, il cui contenuto costituisce l’imprescindibile termine di riferimento per l’esame della censura sollevata e la mancata trascrizione, nell’odierno ricorso, dello specifico contenuto di tale atto impedisce, all ‘evidenza , la necessaria verifica dell’astratta idoneità del motivo di ricorso per cassazione ad incrinare il fondamento logico giuridico delle argomentazioni che sorreggono la decisione impugnata. 2. Il secondo mezzo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 bis e/o ter del d.P.R. n. 600 del 1973, nonché dell’art. 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 6 della legge n. 212 del 2020, con riferimento al motivo di appello afferente la nullità della cartella esattoriale per vizio della motivazione relativo alla dizione criptica di «omesso o carente versamento» e, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’incomprensibile motivazione . Sussisteva la violazione di omessa motivazione in relazione all’insussistenza di una ratio decidendi della motivazione di cui al rigetto del secondo motivo. La cartella di pagamento in esame, in quanto non era stata preceduta dalla notifica di un avviso bonario di accertamento, non era motivata. 3. Il terzo mezzo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 25, commi 2 e 2 bis del d.P.R. n. 602 del 1973, nonché dell’art. 7 della legge n. 212 del 2000, relativamente alla statuizione afferente la nullità della cartella per mancata indicazione del conteggio e modalità di calcolo degli interessi, nonché delle aliquote, del periodo di riferimento e dei tassi applicati. Sulla premessa che non si verteva nella fattispecie del controllo automatizzato, nel caso in esame nella cartella gli interessi erano stati indicati con un importo complessivo, laddove la cifra globale
degli interessi avrebbe potuto essere ascritta ad illegittimo e nascosto anatocismo.
3.1 Il secondo e terzo motivo, che vanno trattati unitariamente, perché connessi in quanto involgono entrambi il vizio di motivazione della cartella impugnata, sono infondati.
3.2 Ed invero, sebbene in via generale la cartella esattoriale, che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, debba essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, tale obbligo di motivazione deve essere differenziato a seconda del contenuto prescritto per ciascuno tipo di atto, sicché, nel caso in cui la cartella di pagamento sia stata emessa in seguito a liquidazione effettuata in base alle dichiarazioni rese dal contribuente ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, l’obbligo di motivazione può essere assolto mediante il mero richiamo a tali dichiarazioni perché, essendo il contribuente già a conoscenza delle medesime, non è necessario che siano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa (cfr. Cass., 17 dicembre 2019, n. 33344; Cass., 20 settembre 2017, n. 21804).
3.3 Di recente, poi, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che la cartella di pagamento, allorché segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il «quantum» del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, è congruamente motivata – con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati – attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’importo per gli ulteriori accessori, indicazione che soddisfa l’obbligo di motivazione prescritto dall’art. 7 della legge n. 212 del 2000 e dall’art. 3 della legge n. 241 del 1990 (cfr. Cass., Sez. U., 14 luglio 2022, n. 22281).
3.4 Il vizio di omessa pronuncia è, in ogni caso, infondato, in quanto la Commissione tributaria regionale ha espressamente affermato, a
pag. 4 della sentenza impugnata, che « Circa la nullità la nullità della cartella di pagamento per vizio di motivazione relativo alla dizione criptica “omesso o carente versamento”, di là del rilievo per cui tale dizione è presente all’interno della cartella impugnata soltanto in sede di motivazione delle pretese contestate alla parte all’esito dell’attività di controllo automatizzato della dichiarazione mod. IRAP 2017, la documentazione conforta circa la corrispondenza tra gli importi iscritti a ruolo e quelli indicati a debito nella suddetta dichiarazione oggetto di rettifica ».
3.5 In ultimo, va precisato che non ricorre il vizio di omesso esame di un punto decisivo della controversia se l’omissione riguarda una tesi difensiva ( così, nel caso in esame, l’omessa pronuncia sul vizio di motivazione relativo alla dizione criptica di «omesso o carente versamento ») che, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto della tesi, sicché il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento ( art. 112 cod. proc. civ.), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto (Cass., 14 marzo 2018, n. 6174; Cass., 6 novembre 2020, n. 24953 e, più di recente, Cass., 8 maggio 2023, n. 12131).
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali, sostenute dalle Agenzie controricorrenti e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore delle Agenzie controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.800,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, in data 12 febbraio 2025.