Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19107 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19107 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10774/2022 R.G. proposto da : COGNOME NOME COGNOME, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difeso dall’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA CALABRIA n. 3241/2021 depositata il 07/10/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/05/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia della Entrate -Riscossione notificava a COGNOME NOME l’intimazione di pagamento n. NUMERO_CARTA relativa al mancato adempimento dei crediti portati in diverse cartelle di pagamento emesse per la riscossione IVA relativa alle annualità 1998 e 1999.
Avverso l’intimazione e cartelle di pagamento alla stessa sottese, la contribuente proponeva ricorso dinanzi alla CTP di Cosenza che, con la sentenza n. 1177/2020 depositata in data 27/02/2020, accoglieva il ricorso.
Avverso tale pronuncia, l’Ufficio proponeva appello dinanzi alla CTR della Calabria che, con sentenza n. 3241/2021 e depositata in data 7/10/2021 accoglieva l’appello e riformava la sentenza impugnata.
Il contribuente propone ora ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
Resiste l’Ufficio con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si contesta la violazione e falsa applicazione dei fatti esaminati nella sentenza, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3) e n. 4) c.p.c., per non aver la CTR ritenuto che il firmatario dell’atto fosse privo di capacità processuale e non ammesso a rappresentare l’agente della riscossione in giudizio.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa valutazione di eccezione della parte appellata in ordine alla notifica dell’appello, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3) e 4) cod. proc. civ., per aver la CTR ritenuto che l’eccezione in ordine alla notifica dell’atto di appello a domiciliatario non legittimato è priva di
fondamento, senza tuttavia specificare le ragioni a fondamento di tale convincimento.
Con il terzo motivo di ricorso si contesta l’errata e falsa rappresentazione dei fatti esaminati nella sentenza impugnata, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 e n. 4, c.p.c., per non aver la CTR considerato l” inesistenza della cartella quale titolo esecutivo per assenza di elemento essenziale: notifica eseguita in violazione del codice di rito ‘.
Con il quarto motivo di ricorso si contesta l’omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., per aver la CTR omesso di esaminare la circostanza relativa all’inesistenza della debitoria di cui alle cartelle impugnate, conseguente al decorso dei termini di prescrizione.
Il primo motivo è vistosamente infondato.
La censura s’infrange sul noto principio alla stregua del quale ‘In tema di difesa e rappresentanza in giudizio, l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate -Riscossione si avvalgono dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti dalle convenzioni con quest’ultima stipulate, fatte salve le ipotesi di conflitto, quali le condizioni di cui art. 43, comma 4, del R.d. n. 1611 del 1933 oppure l’indisponibilità dell’Avvocatura; ne consegue che non è richiesta l’adozione di apposita delibera o alcun’altra formalità per ricorrere al patrocinio a mezzo di avvocati del libero foro quando la convenzione non riserva all’Avvocatura erariale la difesa, come nel contenzioso tributario, per il quale la convenzione esime le predette Agenzie dal ricorso alla difesa erariale per i giudizi innanzi alle corti fi giustizia tributaria, prevedendola espressamente, invece, per quello di legittimità, rispetto al quale, dunque, in difetto delle condizioni ricordate (conflitto, indisponibilità o apposita delibera) la procura conferita ad un legale del libero foro deve ritenersi affetta da invalidità, con conseguente inammissibilità del ricorso ‘ (Cass. n.
28199 del 2024).
Infondato è anche il secondo motivo di ricorso.
Dall’esame degli atti si evince che, come allegato dalla parte ricorrente, l’atto di appello dell’ufficio è stato notificato presso il domiciliatario di primo grado della parte contribuente.
Orbene, in tema di contenzioso tributario, la notifica dell’appello, cui si applica l’art. 17 del d.lgs. n. 546 del 1992, avente carattere di specialità rispetto all’art. 330 c.p.c., va effettuata, salva la consegna in mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all’atto della sua costituzione in giudizio, con la conseguenza che è nulla (e non inesistente) ove eseguita presso il procuratore costituito in primo grado ma non domiciliatario (cfr. Cass. 17 febbraio 2017, n. 4233; vedi, altresì, sulla natura del vizio della notificazione e sui suoi effetti, Cass.,’Sez. Un., 20 luglio 2016, n. 14916);
In altri termini, ‘ in tema di contenzioso tributario, qualora l’impugnazione di una sentenza non sia stata notificata presso il domicilio eletto, ma presso il procuratore non domiciliatario, non trova applicazione l’art. 330 cod. proc. civ., ma l’art. 17 del d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, atteso il carattere speciale di tale disposizione, che prevale sulla disciplina dettata dal codice di procedura civile; la notificazione peraltro, in quanto effettuata in un luogo che ha pur sempre un collegamento con il destinatario, non è giuridicamente inesistente, ma è affetta da nullità, sanabile “ex tunc” per effetto del raggiungimento dello scopo dell’atto, sia mediante la rinnovazione della notificazione, sia mediante la costituzione in giudizio dell’intimato ‘ (Cass. 6 maggio 2015, n. 9083; Cass. 1 giugno 2007, n. 12508).
Il terzo motivo è inammissibile.
A travolgerlo è, infatti, un deficit marcato di specificità e autosufficienza, dal momento che non sono trascritti gli atti relativi alla notifica, il che rende il mezzo di ricorso sostanzialmente
imperscrutabile.
Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, co. 1, n. 6, c.p.c., quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 -postula l’indicazione necessaria dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali (cfr. Cass. n. 12481 del 2022).
La mancata trascrizione, nell’odierno ricorso, dello specifico contenuto degli atti che hanno articolato il procedimento notificatorio impedisce la necessaria verifica dell’astratta idoneità dei motivi di ricorso ad incrinare il fondamento logico giuridico delle argomentazioni che sorreggono la decisione impugnata.
Il quarto motivo è inammissibile.
In sentenza non è in alcun modo riportata la questione relativa alla prescrizione della pretesa tributaria, questione che, pertanto, si palesa nuova. Non è, in altri termini, dimostrato come e quando -ossia mediante quale atto difensivo e in quale specifica sede processuale -essa sarebbe stata originariamente prospettata, per poi essere ribadita nell’atto d’appello.
Il motivo è inammissibile, per la novità della questione dedotta, che non risulta dal provvedimento impugnato, rilevandosi, sul punto, il ricorso privo di autosufficienza perché non rispettoso del noto principio secondo cui « Qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso. I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del
decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio » (Cass. n. 17041 del 2013; Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 20712 del 2018).
Invero, l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un « error in procedendo », presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata (nel caso in esame le critiche mosse nei motivi di appello alla sentenza di primo grado), indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, proprio per il principio di autosufficienza di esso (Cass., 23 dicembre 2020, n. 29495; Cass., 29 settembre 2017, n. 22880).
L’osservanza di tale principio avrebbe imposto, nel caso in esame, l’onere per il ricorrente non solo di trascrivere integralmente motivi formulati nell’atto di gravame, ma anche di trascrivere o riportare con precisione le argomentazioni della parte motiva del provvedimento di primo grado il cui contenuto costituisce l’imprescindibile termine di riferimento per la verifica in concreto che il giudice di legittimità deve fare sull’ammissibilità del motivo.
Ciò in coerenza con la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, al fine della valida impugnazione di un capo di sentenza, non è sufficiente che nell’atto d’appello sia manifestata una volontà in tal senso, ma è necessario che sia contenuta una parte argomentativa che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, con espressa e motivata censura, miri ad incrinarne il fondamento logico-giuridico (cfr. Cass. n. 12280 del 2016; Cass. n. 18704 del 2015; Cass., SU, n. 23299 del 2011).
Il ricorso va, in ultima analisi, rigettato. Le spese del presente giudizio sono regolate dalla soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 15.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 28/05/2025.