Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9217 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9217 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 08/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14225/2017 R.G. proposto da :
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME E RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia -Sez. Staccata di Catania, n. 4127/17/2016, depositata il 28 novembre 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate notificava alla società ‘COGNOME RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nonché a NOME COGNOME e NOME COGNOME, soci (al 50%) della stessa, avviso di accertamento di maggiore Irap e Irpef per l’anno 2008.
Avverso gli atti impositivi società e soci proponevano ricorso, deducendo l’erronea quantificazione degli importi accertati.
I ricorsi, riuniti in primo grado, venivano rigettati dalla CTP e, contro la sentenza di quest’ultima, società e soci proponevano appello, che la CTR accoglieva in parte.
La CTR riteneva che l’accertamento compiuto dall’Agenzia delle entrate fosse affetto da incongruenze non adeguatamente valutate dai giudici di primo grado. D’altro canto, constatava che la parte ricorrente non aveva offerto una chiara esposizione dei fatti e degli elementi a sostegno del ricorso tributario. Lacune che non sarebbero state colmate da nessuna delle due parti anche in grado di appello.
In particolare, l’Agenzia delle entrate non avrebbe chiarito se, nella determinazione dei corrispettivi, avesse utilizzato il criterio di cassa oppure quello di competenza e neppure avrebbe ‘dato ragguagli sui collegamenti con l’anno precedente’, ricomprendendo tuttavia nell’imponibile per l’anno 2008 corrispettivi che la parte contribuente sosteneva di aver già conteggiato, per competenza, nella dichiarazione fiscale relativa all’anno precedente, senza però dare ‘completa dimostrazione di quanto asserito’.
Tuttavia, sulla base della documentazione versata in atti e all’esito della discussione tra le parti, la CTR riteneva di confermare l’accertamento nelle voci non contestate , riguardanti le somme liquidate dalla AUSL per euro 111.747,23 e i corrispettivi netti riscossi per euro 68.451,93, sottraendo l’importo di una sopravvenienza passiva determinata in euro 28.737,43.
Quest’ultima, in particolare, sarebbe derivata dall’allegazione effettuata dalla parte contribuente ‘non espressamente smentita dall’ufficio’ – di aver ricompreso gli importi non riscossi per il 2007 nella dichiarazione concernente quell’anno in base al principio della determinazione del reddito per competenza, pur se corrisposti soltanto nel 2008.
Per la CTR, quindi, i maggiori ricavi accertati a favore della società dovevano ricondursi alla somma di euro 22.330,00, ‘da valere
anche ai fini della ripartizione tra i soci’, con rideterminazione delle sanzioni amministrative, che l’ufficio stesso aveva affermato riferirsi esclusivamente all’Irap.
Contro tale decisione l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, nei confronti del solo NOME COGNOME affidato a due motivi.
Il contribuente è rimasto intimato.
Quindi questa Corte, con ordinanza interlocutoria del 7/10/2024, ha ordinato l ‘integrazione del contraddittorio nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e dell’altra socia NOME COGNOME rinviando la causa a nuovo ruolo, al fine di consentire all’Agenzia delle entrate ricorrente di eseguire l’adempimento suddetto, da effettuarsi nel termine perentorio di giorni sessanta dalla comunicazione della ordinanza.
Anche la società e la socia NOME COGNOME sono rimasti intimati.
La causa è stata infine chiamata all’odierna adunanza per la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, proposto in relazione al l’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992.
1.1. Afferma la ricorrente che gli appellanti avrebbero inammissibilmente mutato i termini della contestazione proposta in primo grado, deducendo motivi e circostanze diversi da quelli contenuti nell’atto di accertamento e nel ricorso introduttivo innanzi alla Commissione tributaria provinciale.
1.2. Osserva l’Ufficio di avere a tale riguardo eccepito nell’atto di costituzione in appello, ed in particolare alla p. 3 di tale atto, di cui peraltro non viene allegata copia al ricorso, che i contribuenti, in sede procedimentale e nel ricorso innanzi alla CTP, non avevano mai fatto cenno a somme che dovevano essere detratte, a titolo di sopravvenienza passiva, dai maggiori ricavi accertati. Solo con
l’atto di appello gli appellanti avrebbero testualmente sostenuto che ‘in data 26 agosto 2008, a seguito del verbale di contrattazione del budget sottoscritto dalle parti interessate, è divenuto certo e definitivo l’ammontare dei proventi non più riscuotibili per il 2007 e per il 2008. Alla luce di quanto sopra, gli odierni deducenti, nella determinazione dell’imponibile, hanno detratto la sopravvenienza passiva relativa al 2007, pari a euro 28.737,43’. Si tratterebbe, dunque, di un motivo nuovo, dedotto per la prima volta in sede di appello e come tale inammissibile.
1.3. Il motivo è inammissibile perché non rispetta il requisito di specificità di cui al l’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c., in relazione all’autosufficienza della esposizione della doglianza.
1.4. È pur vero che il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. quale corollario del requisito di specificità dei motivi -anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza della Cedu C.S. e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 -non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Cass. S.U. n. 8950/2022, di recente richiamata da Cass, Sez. T, n. 12923 del 10 maggio 2024).
1.5. Rilevandosi che, nella specie, il motivo è stato formulato in relazione al vizio di violazione di legge va osservato che, tuttavia, anche riconducendo la doglianza alla deduzione di un error in procedendo , che legittimerebbe l’esercizio, ad opera del giudice di legittimità, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, ciò presuppone pur sempre l’ammissibilità del motivo di censura, avuto riguardo al principio di specificità di cui all’art. 366,
comma 1, n. 4) e n. 6), c.p.c., che pur modulato, in conformità alle indicazioni della citata giurisprudenza sentenza Cedu, secondo criteri di sinteticità e chiarezza, impone la trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza (v. Cass. Sez. Lav., ord. 4 febbraio 2022, n. 3612; Cass. Sez. 3, n. 27753 del 28/10/2024).
1.6. Si tratta, peraltro, di un’esigenza che «non è giustificata da finalità sanzionatorie nei confronti della parte che costringa il giudice a tale ulteriore attività d’esame degli atti processuali, oltre quella devolutagli dalla legge», ma che «risulta, piuttosto, ispirata al principio secondo cui la responsabilità della redazione dell’atto introduttivo del giudizio fa carico esclusivamente al ricorrente ed il difetto di ottemperanza alla stessa non deve essere supplito dal giudice per evitare il rischio di un soggettivismo interpretativo da parte dello stesso nell’individuazione di quali atti o parti di essi siano rilevanti in relazione alla formulazione della censura» (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, n. 82/2012).
1.7. Nel caso di specie, l’Agenzia delle entrate si è limitata a riportare il contenuto del motivo di appello e ad affermare di averne eccepito la novità, senza trascrivere né indicare quali fossero i motivi di ricorso, in ipotesi differenti, proposti in primo grado dal contribuente, sì da potere apprezzare la eventuale novità del motivo di appello, né alcun chiaro elemento in tal senso è ricavabile dalla sintetica motivazione della sentenza impugnata.
Con il secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 101 TUIR.
2.1. L’ Ufficio , lamenta l’Amministrazione ricorrente, avrebbe correttamente computato gli importi liquidati dalla Ausl per il 2008 e i corrispettivi netti incassati risultanti dalle scritture contabili, e nulla avrebbe provato la parte contribuente in ordine a somme dichiarate mai riscosse o a somme riscosse successivamente, avendo i giudici di secondo grado -a tale riguardo – dato rilievo esclusivamente ad affermazioni delle parti contribuenti non sostenute da idonea documentazione.
2.2. Il motivo è inammissibile.
2.3. Le censure ivi esposte rivestono una natura meritale, profilandosi con tutta evidenza preordinate ad un nuovo esame delle risultanze istruttorie, in quanto la ricorrente propone elementi già addotti nei gradi di merito. La prospettazione si palesa finalizzata ad ottenere una valutazione delle prove e quindi un accertamento fattuale di segno opposto a quello espresso dalla CTR.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, non provvedendosi sulle spese in assenza di attività difensiva degli intimati.
Rilevato che risulta soccombente l’Agenzia delle Entrate, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. n. 30 maggio n. 115, art. 13 comma 1quater (Cass. 29/01/2016, n. 1778).
P.Q.M .
La Corte dichiara il ricorso inammissibile Così deciso in Roma, il 05/03/2025.