Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3240 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3240 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 09/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 904/2020 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE , domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale della Sicilia n. 6116/2019 depositata il 25/10/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/12/2024 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, impugnò dinanzi alla C.T.P. di Catania la cartella di pagamento n.NUMERO_CARTA, portante euro 598.148,07, emessa in conseguenza di due avvisi di rettifica (relativi agli anni 1990 e 1992), divenuti definitivi a seguito della mancata riassunzione dei relativi giudizi a seguito RAGIONE_SOCIALE pronunce di questa Corte nn. 8496 e 11132 del 2007.
La contribuente evidenziò di essere stata ammessa alla procedura di amministrazione controllata in data 6.11.1997 e che successivamente fu ammessa alla procedura di concordato preventivo cui faceva seguito la sentenza del Tribunale di Catania n. 678/03 che omologò detto concordato.
L’RAGIONE_SOCIALE, nella prospettazione della contribuente, omise di notificare gli avvisi di rettifica per l’anno 2002 al legale rappresentate della società e da ciò ne derivò la nullità della cartella impugnata per omessa notifica degli atti prodromici.
Il giudice di primo grado, così come la C.T.R., respinsero l’impugnazione proposta dal contribuente.
In particolare si affermò che ‘dall’esame della documentazione in atti si evince che l’amministrazione finanziaria in data 17.12.1997 aveva notificato alla società RAGIONE_SOCIALE gli avvisi di rettifica IVA n. 845129/1997 per l’anno 1990 e n. 845131/1997 per l’anno 1992 nella persona dei suoi rappresentanti legali pro tempore nonché
amministratori giudiziari dr. NOME COGNOME e Dr. NOME COGNOME. Avverso detti avvisi di accertamento proponevano due ricorsi separati, i suddetti amministratori e legali rappresentanti, senza però sollevare eccezioni relative a regolarità della notifica degli atti impositivi. Entrambi i giudizi si concludevano dopo due decisioni di merito, con due sentenze della Corte di Cassazione n. 8947/2007 e n. 11132/2007 depositati in atti favorevoli all’Amministrazione finanziaria divenute definitive per estinzione del giudizio a seguito della mancata riassunzione. La definitività dei giudizi legittima pertanto l’operato dell’Ufficio. Si conferma pertanto quanto già deciso dai primi giudici sulla sollevata eccezione di illegittimità RAGIONE_SOCIALE cartelle impugnate…’
RAGIONE_SOCIALE impugna la sentenza con tre motivi, resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
La ricorrente ha depositato memoria ex 380bis c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli art. 43, 167, 169 del r.d. n. 267 del 1942, dell’art. 75 c.p.c., dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 145 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. perché durante la fase dell’amministrazione controllata la gestione del patrimonio e l’esercizio dell’impresa restano affidati al debitore che conserva altresì la capacità giuridica processuale attiva e passiva.
Sicché poiché, nella prospettazione del ricorrente, gli atti non sono stati notificati a RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, la sentenza avrebbe violato le disposizioni innanzi indicate poiché non avrebbe considerato che nel caso di amministrazione controllata il legale rappresentante non perde la capacità processuale attiva e passiva.
2.Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’att. 145 c.p.c.., 81 e 100 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. per non aver rilevato la non regolarità degli atti impositivi non essendo competenza, né avendovi interesse, del soggetto (l’amministratore giudiziario) che ha ricevuto erroneamente una notifica farlo valere.
3.Con il terzo motivo si denuncia la violazione dell’art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 24 Cost. essendo stato notificato l’atto non al legale rappresentante pro tempore.
Al riguardo si osserva co me risulti errata ‘ la statuizione del Giudice di secondo grado nella parte in cui non ha riconosciuto come fondato l’eccepito vizio (proprio) della impugnata cartella di pagamento, consistente appunto, nella omessa notifica degli atti presupposti al legale rappresentante della società (soggetto, peraltro, dotato di capacità processuale attiva e passiva considerato che al tempo della notifica degli avvisi di rettifica la società era stata ammessa alla procedura di amministrazione controllata)’.
4.Con il quarto motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 26, comma 1, del d.lgs. n. 472 del 1997, dell’art. 55, comma 1, nonché degli artt. 69, 168, comma 1, e 188, comma 2, del r.d. n. 267 del 1942 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
Si censura, in particolare, la sentenza nella parte in cui non si è tenuto conto che in applicazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni di cui in rubrica le sanzioni non potevano essere richiese in quanto il mancato pagamento dell’imposta, al quale esse sono collegate, deriva da una precisa disposizione di legge, e che gli interessi restano sospesi sino alla chiusura della procedura.
5.I motivi, afferenti alla medesima questione sotto diverse angolature, possono essere trattati unitamente e sono inammissibili.
6.Deve premettersi, in via generale, che la procedura di concordato preventivo mediante la cessione dei beni ai creditori comporta il trasferimento agli organi della procedura non della proprietà dei beni e della titolarità dei crediti, ma solo dei poteri di gestione finalizzati alla liquidazione, con la conseguenza che il debitore cedente conserva il diritto di esercitare le azioni o di resistervi nei confronti dei terzi, a tutela del proprio patrimonio, soprattutto dopo che sia intervenuta la sentenza di omologazione; per effetto di tale sentenza è da ritenere che venga meno il potere di gestione del commissario giudiziale, mentre quello del liquidatore è da intendere conferito nell’ambito del suo mandato e perciò limitato ai rapporti obbligatori sorti nel corso ed in funzione RAGIONE_SOCIALE operazioni di liquidazione, tra le quali non può essere compresa quella concernente il riconoscimento di un compenso per incarico professionale conferito e verosimilmente espletato in una fase ad esse antecedente (Cass. n. 7661 del 2005).
6.1. Peraltro, l’art. 191 l. fall., rubricato ‘poteri di gestione del commissario giudiziale’ (abrogato, con effetto dal 16 luglio 2006, unitamente all’intero titolo quarto, dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5) prevedeva testualmente: ‘Durante la procedura il tribunale, su istanza di ogni interessato o d’ufficio sentito il comitato dei creditori, può con decreto non soggetto a reclamo affidare al commissario giudiziale in tutto o in parte la gestione dell’impresa e l’amministrazione dei beni del debitore, determinando poteri. Il decreto è pubblicato a norma dell’art. 166. In tal caso il commissario al termine del suo ufficio deve rendere conto della sua amministrazione a norma dell’art. 116’.
Era quindi possibile, con specifico decreto, affidare al commissario giudiziale in tutto, o anche solo in parte, la gestione dell’impresa e l’amministrazione dei beni, determinandone gli specifici poteri.
6.2. Va quindi rimarcato in questa sede che in tema di ricorso per cassazione, il principio di autosufficienza di cui all’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. in caso di deduzione di errores in procedendo, impone la trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario, in misura tale da non inciderne la stessa sostanza.
Allo stesso modo deve evidenziarsi che nel giudizio di cassazione, l’interesse a impugnare discende dalla possibilità di conseguire, attraverso il richiesto annullamento della sentenza impugnata, un risultato pratico favorevole, sicché è necessario, anche in caso di denuncia di un errore di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., che la parte ottemperi al principio di autosufficienza del ricorso, correlato all’estraneità del giudizio di legittimità all’accertamento del fatto, indicando in maniera adeguata la situazione fattuale della quale chiede una determinata valutazione giuridica, diversa da quella compiuta dal giudice “a quo”, asseritamente erronea (Cass. n. 21230 del 2023).
Deve infine ribadirsi che il principio di autosufficienza, che impone l’indicazione espressa degli atti processuali o dei documenti sui quali il ricorso si fonda, va inteso nel senso che occorre specificare anche in quale sede processuale il documento risulta prodotto, poiché indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, riportandone il contenuto, dire dove nel processo esso è rintracciabile, sicché la mancata “localizzazione” del documento basta per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, senza necessità di soffermarsi
sull’osservanza del principio di autosufficienza dal versante “contenutistico” (Cass. n. 28184 del 2020).
Premesso quanto innanzi, nella specie dall’esame del ricorso e della sentenza impugnata non risulta quali poteri fossero stati conferiti ai commissari (ai quali erano peraltro stati notificati, ed in tale veste avevano ricevuto, gli atti prodromici alla cartella quali rappresentanti pro tempore della società).
La Corte non è quindi stata posta in grado di valutare la fondatezza e la decisività RAGIONE_SOCIALE censure. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso.
Le spese sono liquidate come da dispositivo.
Sussistono a carico del ricorrente i presupposti processuali dell’obbligo di versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato se dovuto ex art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 30.5.2002 n. 115.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali che liquida in euro 6.000,00 oltre spese prenotate a debito.
Sussistono a carico del ricorrente i presupposti processuali dell’obbligo di versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato se dovuto ex art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 30.5.2002 n. 115.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2024