Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29068 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29068 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23620/2018 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
VISCONTI NOME
-intimato- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. RAGIONE_SOCIALE n. 173/2018 depositata il 15/01/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnò avanti la Commissione Tributaria Provinciale di Palermo il diniego di restituzione tributi non dovuti con
il quale gli era stata respinta un’istanza di rimborso TARSU per gli anni 2007 e 2008; istanza relativa al mero aumento del 75% disposto con delibera della Giunta Comunale di Palermo per l’anno 2006 e reiterata negli anni successivi. Il primo giudice accolse il ricorso dichiarando dovuto al ricorrente il rimborso per gli stessi anni e limitatamente al predetto aumento.
La Commissione Tributaria Regionale di Palermo, adita dal Comune e con la pronuncia indicata in epigrafe, rigettò l’appello respingendo la tesi di controparte secondo cui l’intervenuto pagamento, a seguito di notifica del ruolo, priverebbe il contribuente del diritto al rimborso delle somme illegittimamente pretese o erroneamente versate, rimborso che è invece ammesso se ricorrono i termini di cui all’art. 51, comma 6, del d.lgs. 507/93. In particolare, poiché una pronuncia del Tar Sicilia aveva dichiarato illegittimo l’aumento per l’anno 2006 -sicché lo stesso Comune aveva provveduto spontaneamente al rimborso dell’aumento quanto a quell’annata -, doveva ritenersi che la situazione d’illegittimità permanesse anche in relazione agli anni successivi, sussistendo pertanto un obbligo del giudice tributario, pur privo del potere d’annullamento della citata delibera avente natura regolamentare, di disapplicarla anche in relazione agli anni successivi. Poiché le singole ordinanze relative a tali anni, pur non annullate dal TAR Sicilia, non avrebbero autonoma motivazione, le stesse risulterebbero afflitte dalla medesima invalidità non dando conto delle ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe nonché dei dati e delle circostanze che hanno determinato il loro aumento per la copertura minima del costo.
Avverso la pronuncia d’appello ricorre il Comune di Palermo sulla base di quattro motivi. Il resistente è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il Comune ricorrente si duole della violazione degli artt. 19 e 21 del d.lgs. 546/92, in relazione all’art. 360, comma
1, n. 3 c.p.c., per non aver accolto l’eccezione d’inammissibilità del ricorso. L’originaria notifica del ruolo, non impugnata, e l’intervenuto pagamento renderebbero definitivo il ruolo medesimo ai sensi dell’art. 19 d.lgs. 546/92, non ricorrendo l’ipotes i di cui al comma 1, lett g), della predetta disposizione. Poiché l’imposta è riscossa esclusivamente mediante ruolo, la notifica di quest’ultimo, in assenza d’impugnazione, renderebbe non impugnabile ogni atto successivo sicché il diniego di rimborso sarebbe atto meramente confermativo.
1.1 Il motivo è infondato.
1.2 L’impugnazione tempestiva del diniego espresso di rimborso non è preclusa dalla mancata impugnazione del ruolo, tenuto conto del fatto che, al momento della notifica del ruolo medesimo (e a quello del pagamento) , non era ancora intervenuto l’annullamento, da parte del giudice amministrativo e con sentenza n. 1550/2019, della delibera riguardante l’anno 2006. Ne deriva che, nel caso specifico, era possibile impugnare la reiezione espressa della richiesta di rimborso nei termini di legge. Un diverso argomentare porterebbe a rendere inammissibile ogni richiesta di rimborso, in quanto di norma preceduta da un atto impositivo cui si è ottemperato, di fatto abrogando in via interpretativa l’art. 19, comma 1, lett. g) de l d.lgs. 546/1992. Non pertinente è a tal fine il richiamo, operato dal Comune ricorrente, alla pronuncia di questa Corte n. 672/2007 (Cass. Sez. 5, 15/01/2007, n. 672, Rv. 595847 – 01) atteso che, nel caso ivi esaminato, si discuteva del diverso problema se il non aver tempestivamente impugnato l’atto impositivo consentisse al contribuente di provocare il silenzio-rifiuto dell’amministrazione al fine d’impugnare quest’ultimo rimettendo in discussione la pretesa all’origine del primo, sia pure al mero fine del rimborso.
Con il secondo motivo di ricorso censura la violazione degli artt. 7 del d.lgs. 546/1992, 69, comma 2, d.lgs. 507/1993 e art. 3, comma 2, legge n. 241/1990, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.,
per avere ritenuto l’illegittimità delle delibere riguardanti la tariffa relativa agli anni oggetto d’impugnazione. Sostiene che le delibere sono sufficientemente motivate in merito alla copertura del costo del servizio e delle classi di contribuenza. Evidenzia come la differenziazione tariffaria sia approvata dal Consiglio Comunale e la Giunta si limiti ad applicarla, trattandosi inoltre di un atto amministrativo generale i cui destinatari non sono determinabili a priori , ma solo a posteriori . Trattandosi pertanto di atto tendenzialmente normativo, non sarebbe neppure necessario apporvi una motivazione.
2.1 Il motivo è fondato.
2.2 Le deliberazioni d’approvazione delle tariffe relative alla tassa in questione non richiedono una motivazione specifica e puntuale in ordine alla differenziazione delle tariffe stesse, posto che la misura è già stata stabilita dal Consiglio Comunale mediante l’approvazione del relativo regolamento. Neppure è necessaria una motivazione ex art. 3 della legge n. 241/90 (Cass. sez. V Civile, Ordinanza n.26436 del 07/12/2011) trattandosi di atto normativo o a carattere generale.
Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 64 comma 1 del d.lgs. 507/93, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., che stabilisce il principio dell’autonomia dell’obbligazione tributaria per ogni anno solare. Evidenzia come lo stesso TAR Sicilia, con sentenza n. 130 del 26/1/2011, abbia ritenuto che le delibere degli anni 2007 e 2008, pur fissando le tariffe TARSU per relationem alla misura stabilita per l’anno 2006, sono frutto di nuova volontà provvedimentale e nuova regolamentazione della materia, giuridicamente autonoma rispetto alle determinazioni assunte negli anni precedenti e ciò ancorché tale volontà si limiti a confermare quanto stabilito per gli anni precedenti. Rimarca altresì come il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, con sentenza n. 731 del 7/9/2012, abbia espressamente sancito come
l’annullamento della delibera di Giunta comunale n. 165 del 2006 non esplichi alcun effetto sulle delibere concernenti le tariffe TARSU per i successivi esercizi finanziari.
3.1 Anche questo motivo è fondato.
3.2 Secondo l’ insegnamento di questa Corte, in tema di TARSU, l’annullamento giurisdizionale della delibera comunale di determinazione della tariffa per un’annualità precedente non ha efficacia caducante sulle delibere (non impugnate) meramente “ripetitive” degli anni successivi, poiché ogni deliberazione tariffaria regola la materia in modo autonomo rispetto alla precedente e dovendosi quindi escludere sia l’operare del giudicato esterno, sia il dovere del giudice tributario di disapplicare in via incidentale l’atto sulla base di tale presupposto. (Cass. Sez. 5, 09/11/2018, n. 28675, Rv. 651228 – 01).
Con il quarto motivo censura la violazione degli artt. 49 dello Statuto del Comune di Palermo, 4 della legge 142/90, 1, lett. a) della legge reg. Sicilia n. 48/1991, 13, comma 1, della legge reg. Sicilia n. 7/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. In particolare, si duole della mancata considerazione della previsione statutaria che attribuisce alla Giunta comunale il potere di modificare le tariffe e le aliquote a domanda individuale ed entro i limiti stabiliti dalla legge e dal Consiglio comunale, confermata dalle normative regionali suindicate. Tali previsioni rendono perciò irrilevante che la disposizione di cui all’art. 42 del d.lgs 267/2000 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) non sia ritenuta applicabile alle Regioni a statuto speciale, atteso che il risultato del loro combinato disposto porta comunque a concludere nel senso sopraindicato.
4.1 Anche questo motivo è fondato.
4.2 Deve convenirsi con il ricorrente sul fatto che lo Statuto comunale prevede la competenza della Giunta comunale (artt. 49) per la determinazione delle aliquote tariffarie annuali per la fruizione
di beni e servizi poiché il riferimento letterale alla ‘disciplina generale delle tariffe’ di cui all’art. 32, comma 2, lett. g), della legge n. 142/90, tuttora applicabile (in luogo del d. lgs. 267/2000) perché recepito dalla legge regionale n. 48 del 2001, rimanda alla mera individuazione dei criteri economici sulla base dei quali procedere alla loro determinazione entro i limiti fissati dal Consiglio comunale ai sensi dell’art. 65, comma 2, del d. lgs. n. 507/1993, la cui mancata individuazione, peraltro , non determina l’incompetenza della Giunta in materia tariffaria.
L’accoglimento del secondo, terzo e quarto motivo di ricorso, porta alla cassazione senza, con la decisione nel merito da parte della Corte, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, di rigetto dell’originario ricorso del contribunete . Il resistente va pertanto condannato, ai sensi dell’art. 385, comma 2, c.p.c., alla rifusione a favore del Comune ricorrente delle spese di tutti i gradi di giudizio, liquidati come in dispositivo.
P.Q.M.
accoglie il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso, respinto il primo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente; condanna il resistente alla rifusione delle spese giudiziali in favore del Comune ricorrente, liquidandole nella misura di:
-€ 2.127,00 per il giudizio di I grado;
-€ 2.404,00 per il giudizio di II grado;
-€ 1. 486,00 per il giudizio di legittimità oltre agli esborsi liquidati in euro 200,00;
oltre agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 30/10/2025.
Il Presidente NOME COGNOME