Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21094 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21094 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
Sul ricorso n. 19358-2024, proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE , cf 06363391001, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato –
Ricorrente
CONTRO
COGNOME NOME COGNOME c.f. CODICE_FISCALE nella qualità di socio ed ex liquidatore della RAGIONE_SOCIALE cf. NUMERO_DOCUMENTO, in persona del legale rappresentante p.t. –
Intimati
Avverso la sentenza n. 598/29/2023 della Corte di giustizia tributaria di II grado della Puglia, sez. staccata di Taranto, depositata il 16.02.2024; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26 marzo 2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
Accertamento –
Oper. ogg. inesistenti
FATTI DI CAUSA
Dalla sentenza impugnata e dal ricorso si evince che, a seguito di verifica condotta dalla GdF nei confronti della RAGIONE_SOCIALE l’Agenzia delle entrate notificò , relativamente all’anno d’imposta 2012, due avvisi d’accertamento . Con il primo contestò maggiori imponibili ai fini Ires ed Irap, per costi indeducibili relativi ad operazioni oggettivamente inesistenti, ed ai fini Iva; con il secondo irrogò le sanzioni.
Seguì il contenzioso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Taranto, che con sentenza n. 1600/01/2018 accolse il ricorso, con la sola eccezione della ripresa a tassazione delle operazioni riportate nella fattura dell’importo di € 169.000,00 .
L’appello erariale è stato rigettato con la sentenza n. 598/29/2023. Il giudice regionale, dopo aver respinto le questioni preliminari sollevate dall’Ufficio in merito all’ ammissibilità del ricorso introduttivo, ha analizzato le singole riprese ad imponibile, confermando la decisione del giudice di primo grado.
L’Agenzia delle entrate ha chiesto la cassazione della sentenza, affidandosi a quattro motivi. I contribuenti sono rimasti intimati.
All’esito dell’adunanza camerale del 2 6 marzo 2025 la causa è stata riservata e decisa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente ha denunciato:
con il primo motivo la «Violazione e falsa applicazione degli articoli 2, 9 e 10 del D.M. dell’Economia e delle Finanze n. 163 del 23 dicembre 2013 e dell’articolo 16 -bis D. Lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3, Codice procedura civile».
La decisione avrebbe erroneamente disatteso l’eccezione pregiudiziale con cui l’Ufficio aveva eccepito l’inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio per mancata costituzione telematica successiva alla notificazione eseguita a mezzo PEC.
Il motivo è infondato.
La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che in caso di notificazione dell’appello a mezzo PEC e di costituzione della parte appellante in modalità analogica, l’omesso deposito degli originali o duplicati telematici dell’atto d’impugnazione e della relativa notificazione non determina
RGN 19358/2024 Consigliere rel. NOME
l’improcedibilità dell’appello, atteso che il destinatario della notifica telematica, venuto in possesso dell’originale dell’atto, è in grado di effettuare direttamente la verifica di conformità, dovendosi privilegiare il principio di “strumentalità delle forme” processuali senza vuoti formalismi, alla luce del rilievo attribuito dagli artt. 6 CEDU, 47 della Carta UE e 111 Cost. all’effettività dei mezzi di azione e difesa in giudizio, configurati come diretti al raggiungimento di una decisione di merito (cfr. Cass., 12 marzo 2024, n. 6583). E, ancora, il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo PEC, senza attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi 1 bis e 1 ter, della l. n. 53 del 1994 o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l’improcedibilità ove il controricorrente (anche tardivamente costituitosi) depositi copia analogica del ricorso ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all’originale notificatogli ex art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 82 del 2005. (Sez. U, 22438/2018).
Nessuna inammissibilità si è prodotta in relazione alle modalità di costituzione del contribuente ed in rapporto alla disciplina vigente all’epoca della introduzione del giudizio, così che la sentenza del giudice regionale ha fatto corretta applicazione della disciplina e dei principi di diritto enunciati in materia.
Con il secondo motivo la « Violazione e falsa applicazione dell’articolo 21 del decreto legislativo n. 546 del 1992, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3, Codice di procedura civile».
La sentenza sarebbe viziata laddove i Giudici di secondo grado hanno rigettato anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo sollevata dall’Ufficio con riferimento all’atto di contestazione n. TVPC01200978/2017. L’ufficio a tal fine aveva documentato che (all.6 alle controdeduzioni dell’ufficio in CTP), l’istanza di accertamento con adesione presentata dalla parte in data 25 ottobre 2017 faceva esclusivo riferimento all’avviso di accertamento n. TVP03I200883/2017 e, peraltro, l’atto di contestazione non poteva essere oggetto di adesione, non essendo menzionato nel D. Lgs n. 218 del 1997.
Il motivo, che afferisce al solo atto di contestazione con irrogazione di sanzioni, è fondato.
Si trattava di un atto autonomo.
A tal fine questa Corte ha già avuto occasione di affermare che il procedimento per irrogazione delle sanzioni è del tutto autonomo rispetto al procedimento di accertamento dei tributi e allo stesso trovano applicazione unicamente gli artt. 16-18 del d.lgs. n. 472 del 1997; ne consegue che l’istituto dell’accertamento per adesione di cui al d.lgs. n. 218 del 1997 non trova applicazione nel caso di atto di contestazione sanzioni, anche se emesso contestualmente ad un avviso di accertamento relativo ai tributi cui le sanzioni si riferiscano, sicché l’eventuale proposizione dell’istanza non sospende il termine per la sua impugnazione (Cass., 30 settembre 2020, n. 20864).
Risulta dunque priva di pregio la decisione impugnata, laddove ha ritenuto di condividere la decisione assunta già in primo grado, secondo cui l’accoglimento delle ragioni del contribuente in riferimento ai tributi travolgerebbe anche le sanzioni.
Essendo infatti indubbio che procedimento per irrogazione delle sanzioni e procedimento di accertamento del tributo sono del tutto autonomi (Cass. 12 ottobre 2012, n. 17529; Cass., 25 maggio 2015, n. 10778), tanto che il primo non postula affatto la definitività del secondo (cfr. Cass., 13 settembre 2013, n. 20938 in materia doganale), essi sono soggetti ad una disciplina del tutto differente e non sovrapponibile. Sicché a quello di irrogazione e definizione delle sanzioni non si applica l’ istituto dell’accertamento con adesione (Cass., 23 maggio 2018, n. 12748), previsto dal d.lgs. n. 218 del 1997 unicamente per gli avvisi di accertamento e per gli avvisi di rettifica Né, in relazione all’acclarata autonomia dei due procedimenti, può ritenersi che l’istanza di accertamento per adesione proposta nei confronti dell’avviso di accertamento produca i suoi effetti anche con riferimento all’impugnazione dell’atto di contestazione delle sanzioni.
La sentenza d’appello , non si è attenuta ai principi di diritto ora enunciati e dunque, limitatamente all’atto di contestazione e con riguardo pertanto alle sole sanzioni, il ricorso va accolto e la sentenza va cassata.
Con il terzo motivo l’ufficio de nuncia la «Nullità per omessa e/o apparente motivazione. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 132, secondo comma, n. 4 c.p.c. e dell’articolo 36 del decreto legislativo del 31
dicembre 1992, n. 546, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 4 c.p.c. ».
La sentenza sarebbe comunque nulla per assenza /apparenza della sua ‘motivazione’ , perché le ragioni della decisione sono contraddistinte da una chiara ‘ anomalia motivazionale ‘ .
Questa Corte ha chiarito che sussiste l’apparente motivazione della sentenza ogni qual volta il giudice di merito ometta di indicare su quali elementi abbia fondato il proprio convincimento, nonché quando, pur indicandoli, a tale elencazione ometta di far seguire una disamina almeno chiara e sufficiente, sul piano logico e giuridico, tale da permettere un adeguato controllo sulla correttezza del suo ragionamento (Sez. U, 3 novembre 2016, n. 22232; cfr. anche 23 maggio 2019, n. 13977; 1 marzo 2022, n. 6758). In sede di gravame, non è viziata la decisione quando motivata per relationem ove il giudice d’appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, sì da consentire, attraverso la parte motiva di entrambe le sentenze, di ricavare un percorso argomentativo adeguato e corretto, ovvero purché il rinvio sia operato così da rendere possibile ed agevole il controllo, dando conto delle argomentazioni delle parti e della loro identità con quelle esaminate nella pronuncia impugnata. Essa va invece cassata quando il giudice si sia limitato ad aderire alla pronuncia di primo grado senza che emerga, in alcun modo, che a tale risultato sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (cfr. Cass., 19 luglio 2016, n. 14786; 7 aprile 2017, n. 9105). La motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione è apparente anche quando, ancorché graficamente esistente ed eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regolano la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (Cass., 1 marzo 2022, n. 6758; 30 giugno 2020, n. 13248; cfr. anche 5 agosto 2019, n. 20921). È altrettanto apparente ogni qual volta evidenzi una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul
quadro probatorio (Cass., 14 febbraio 2020, n. 3819), oppure quando carente nel giudizio di fatto, così che la motivazione sia basata su un giudizio generale e astratto (Cass., 15 febbraio 2024, n. 4166).
Nel caso di specie la sentenza è sostenuta da una motivazione sufficiente, con un accertamento in fatto. La circostanza che la sentenza della Commissione provinciale potesse essere priva di motivazione per avere rinviato ad altra sentenza, relativa ad altra società (la RAGIONE_SOCIALE), non è una ragione pertinente, poiché il giudice d’appello ha operato una sua valutazione, con il supporto delle prove che ha creduto di valorizzare.
Lo sviluppo delle critiche erariali, in realtà, sottende la sollecitazione a rivalutare il merito, inammissibile tuttavia in sede di legittimità.
Con il quarto motivo la « Violazione e falsa applicazione dell’articolo 109 TUIR, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3, c.p.c. ».
I Giudici d’appello , con riferimento ‘ al rilievo 2.5 dell’accertamento (costi non documentati relativi a canoni di noleggio per mezzi di vario tipo e di cui alle fatture emesse da ‘RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE per euro 199.900,00) ‘ , non avrebbero tenuto conto delle deduzioni difensive dell’Ufficio che, nel proprio gravame, aveva posto l’accento sulla necessità per il contribuente di fornire elementi certi e precisi, corredati di adeguato corredo probatorio e documentale.
Il motivo è infondato quando non inammissibile.
A parte che non si comprende l ‘ invocazione del l’art. 109 TUIR, in ogni caso l’accertamento della C orte tributaria regionale, condivisibile o meno per la difesa erariale, risulta analitico e in fatto, e da esso si desume che, al contrario di quanto asserito dall’ufficio in ordine alla carenza di prova sull’esistenza e inerenza dei costi dedotti, per la pronuncia impugnata i riscontri resi dai contribuenti risultavano sufficienti.
In conclusione, il ricorso va rigettato quanto ai motivi primo, terzo e quarto.
Quanto invece al secondo motivo, va accolto, con conseguente cassazione della sentenza limitatamente all’impugnazione dell’atto di contestazione delle sanzioni, e la controversia può essere decisa anche nel merito, non necessitando di alcun accertamento di fatto.
RGN 19358/2024 Consigliere rel. NOME L’intempestività dell’impugnazione dell’atto di contestazione comporta infatti la declaratoria di inammissibilità del ricorso introduttivo proposto dai
contribuenti, con conseguente definitività d ell’atto erariale concernent e le sanzioni.
Ai fini della regolazione delle spese, la parziale soccombenza dell’amministrazione finanziaria nel giudizio di legittimità, in cui i contribuenti sono peraltro rimasti intimati, e l’esito complessivo dei gradi di merito, in parte disattesi dalla decisione di questa Corte in ordine all’atto di contestazione delle sanzioni, costituisce motivo per la compensazione delle spese dei gradi di merito e del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo, rigetta gli altri. Cassa la sentenza limitatamente al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile il ricorso introduttivo dei contribuenti in riferimento all’atto di contestazione n. TVPCO1200978/2017. Compensa le spese dei gradi di merito e del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il giorno 26 marzo 2025