Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27051 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 27051 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/10/2025
DINIEGO RIMBORSO -IRAP 2013-20142015-2016-2017.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16075/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dal prof. avv. NOME COGNOME dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale allegata al controricorso;
-controricorrente/ricorrente incidentale – avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia n. 644/2023, depositata il 16 febbraio 2023;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 2 luglio 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
– Rilevato che:
Il dott. NOME COGNOME presentava, in data 5 luglio 2018 e 30 novembre 2018, all’Agenzia delle Entrate Direzione provinciale I di Milano, istanza di rimborso dell’IRAP versata per le annualità dal 2013 al 2017.
Con tale istanza il contribuente deduceva di avere svolto, negli anni in questione, la propria attività professionale di consulente nell’àmbito della più ampia struttura organizzativa costituita dalla società di revisione RAGIONE_SOCIALE (facente parte del network mondiale RAGIONE_SOCIALE) di cui era socio; che RAGIONE_SOCIALE era il suo unico committente e, pertanto, tutto il reddito professionale da lui dichiarato proveniva dalla suddetta attività; che nell’espletamento degli incarichi che gli venivano assegnati svolgeva l’attività in assenza di una propria autonoma organizzazione; che, pertanto, non sussisteva il presupposto impositivo di cui all’art. 2 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446.
Formatosi il silenziorifiuto da parte dell’Amministrazione finanziaria sulle istanze di rimborso in questione, il contribuente proponeva separati ricorsi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano la quale, previa riunione degli stessi, con sentenza n. 643/2021, pronunciata in data 26 gennaio 2021 e depositata in segreteria il 12 febbraio 2021, li rigettava, condannando il ricorrente alla rifusione delle spese di lite.
Interposto gravame da parte del contribuente, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, con sentenza n. 644/2023, pronunciata il 28 settembre 2022 e depositata in segreteria il 16 febbraio 2023, accoglieva l’appello, condannando l’Agenzia delle Entrate alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio.
R.G. N. 16075/2023
Cons. est. NOME COGNOME
Avverso tale ultima sentenza ha proposto ricorso per cassazione (notificato il 27 luglio 2023) l’Agenzia delle Entrate , sulla base di un unico motivo.
Hanno resistito con controricorso COGNOME Fabio COGNOME il quale ha proposto, a sua volta, ricorso incidentale, sulla base di due motivi.
Con decreto del 4 aprile 2025 veniva fissata per la discussione l’adunanza camerale del 2 luglio 2025, ai sensi degli artt. 375, comma 2, e 380bis .1 c.p.c.
– Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso principale l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 , comma 1, del d.lgs. n. 446/1997, nonché dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Deduce, in particolare, l’Ufficio ricorrente che erroneamente la C.G.T. di secondo grado aveva escluso la sussistenza del requisito dell”autonoma organizzazione’ , con riferimento al professionista dott. COGNOME posto che, esercitando egli un’attività autonoma (non essendo dipendente della RAGIONE_SOCIALEp.a.), ed utilizzando l’organizzazione e le strutture della società di cui è socio, egli era partecipe di tale organizzazione, che quindi era, in parte qua , a lui riferibile.
Il ricorso incidentale, come si è detto, è affidato a due motivi.
2.1. Con il primo motivo la parte contribuente prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 6, della l. 31 dicembre 2012, n. 247, e dell’art. 4, comma 1, del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, come modificato dal D.M. n. 37/2018, nonché delle tabelle nn. 23 e 24 allegate, nonché, ancora,
dell’art. 15 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Rileva, in particolare, che , stante il valore della causa (€ 65.439,20), la liquidazione operata dalla C.G.T. di secondo grado dei compensi per il doppio grado di giudizio era inferiore rispetto ai valori minimi previsti per i compensi degli avvocati al D.M. n. 55/2014, che erano pari ad € 4.177,50 per il primo grado di giudizio, ed € 4.264,00 per il grado di appello, in applicazione dello scaglione di competenza ( € 52.001,00 -€ 260.000,00).
2.2. Con il secondo motivo di ricorso incidentale viene denunciata, invece, la violazione dell’art. 36 d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 4), c.p.c.
Deduce, in particolare, il controricorrente che la liquidazione del compenso per il doppio grado di giudizio da parte della C.G.T. di secondo grado era sostanzialmente priva di motivazione, e quindi la sentenza, in parte qua , doveva ritenersi nulla.
Così delineati i motivi di ricorso, la Corte osserva quanto segue.
3.1. L’unico motivo di ricorso principale è infondato.
Ed invero, come affermato dalle Sezioni Unite civili di questa Corte (Cass. 10 maggio 2016, n. 9451), il requisito dell”autonoma organizzazione’ di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 446/1997, quale presupposto impositivo dell’IRAP, ricorre quando il contribuente: a ) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b ) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’ id quod plerumque accidit , i l minimo indispensabile per l’esercizio
dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi di segreteria ovvero meramente esecutive (v. anche Cass. 25 maggio 2019, n. 12111; Cass. 19 aprile 2018, n. 9786).
Orbene, affinché un lavoratore autonomo sia assoggettato ad IRAP, è necessario non solo che egli sia inserito in una autonoma organizzazione, ma che egli sia anche titolare di questa organizzazione e ne sia, dunque, responsabile (Cass. 16 giugno 2022, n. 19397).
Nella fattispecie in esame è incontroverso che il contribuente, pur essendo un lavoratore autonomo, non occupasse alcun collaboratore alle proprie dipendenze e, quanto ai beni strumentali, non disponesse di una propria organizzazione, ma era invece inserito stabilmente in una organizzazione facente capo ad un distinto soggetto giuridico, e cioè la società di consulenza RAGIONE_SOCIALE che ne è l’unica responsabile organizzativa.
A nulla rileva, pertanto, che il contribuente si avvalesse di tale organizzazione, in quanto ciò che rileva, ai fini dell’assoggettabilità all’IRAP, è che il contribuente sia il titolare ed il responsabile di tale organizzazione. Peraltro, non essendo il ricorrente a sostenere i costi per i collaboratori e dipendenti, non si vede come egli avrebbe potuto assumere decisioni sulla gestione di tale personale, al di là delle singole e specifiche direttive impartite nell’àmbito del singolo incarico di revision e di volta in volta svolto (v., sul punto, Cass 15 marzo 2018, n. 6439; Cass. 2 settembre 2016, n. 17566).
Questa Corte, con specifico riguardo alla fattispecie nella quale l’attività dell’eventuale soggetto passivo dell’imposizione viene
espletata a favore di un soggetto terzo già dotato di una propria struttura organizzativa e deve coordinarsi con quest’ultima, ha elaborato il principio generale in forza del quale non è sufficiente che il lavoratore si avvalga di una struttura organizzata, ma è anche necessario che questa struttura sia ‘ autonoma ‘ , cioè faccia capo al lavoratore stesso, non solo ai fini operativi, bensì anche sotto i profili organizzativi; non sono, pertanto, soggetti ad IRAP i proventi che un lavoratore autonomo percepisca come compenso per le attività svolte all’interno di una struttura da altri organizzata (v., ad es., Cass. 13 giugno 2012, n. 9692, con riferimento al medico che lavori presso una clinica privata diretta e organizzata da altri).
Tale principio ha trovato plurime attuazioni in tema di professionisti che svolgano, in tutto o in parte, la propria attività per società di revisione e di consulenza, in casi del tutto analoghi al presente, ove il professionista svolge un’attività di consulenza per una società, di cui è socio, peraltro in misura molto ridotta (Cass. 28 aprile 2023, n. 11238; Cass. 16 giugno 2022, n. 19397; Cass. 28 aprile 2021, n. 11140); in tali arresti è stato affermato il principio per cui l’esercizio di un’attività professionale nell’ambito dell’organizzazione costituita da una società di cui il professionista è socio (o dipendente) non realizza il presupposto impositivo costituito dall’autonoma organizzazione (da ultimo, v. Cass. 8 febbraio 2024, n. 3632; Cass. 25 luglio 2023, n. 22266; Cass. 5 maggio 2023, n. 11924).
Irrilevante è, poi, a tal fine, la circostanza che il contribuente detenesse all’epoca una quota di partecipazione nel capitale sociale della società di revisione: infatti, in ogni caso la titolarità e la responsabilità di tale autonoma organizzazione faceva
comunque capo ad un soggetto (la RAGIONE_SOCIALE diverso dal contribuente (nello stesso senso, per fattispecie analoghe, v. Cass 15 marzo 2018, n. 6439; Cass. 2 settembre 2016, n. 17566).
Il motivo del ricorso principale è, quindi, infondato.
Venendo ora ad esaminare il ricorso incidentale, i due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, e sono fondati.
La Corte regionale, nell’accogliere l’appello del contribuente, ha condannato l’Agenzia delle Entrate alla rifusione delle spese di entrambi i gradi di giudizio, liquidandole in € 1.500,00 in compensi per ciascun grado.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, tuttavia, ai fini della liquidazione in sede giudiziale del compenso spettante all’avvocato nel rapporto con il proprio cliente, in caso di mancata determinazione consensuale, come ai fini della liquidazione delle spese processuali a carico della parte soccombente, il giudice non può in nessun caso diminuire oltre il 50 per cento i valori medi di cui alle tabelle parametriche approvate dal Ministero (Cass. 24 aprile 2024, n. 11102; Cass. 19 aprile 2023, n. 10438).
Deve pertanto rilevarsi che, pur considerando i compensi dovuti per l’opera di un solo avvocato, la somma liquidata dalla C.G.T. di secondo grado della Lombardia risulta chiaramente (ed immotivatamente) inferiore rispetto ai minimi previsti per i compensi gli avvocati di cui al D.M. 10 marzo 2014, n. 55 per lo scaglione di riferimento (€ 52.000,00 260.000,00), pari complessivamente ad € 4. 177,50 per il primo grado di giudizio (fase di studio: € 1.215,00; fase introduttiva: € 57 2,50; fase istruttoria/t rattazione: € 405 ,00; fase decisionale: € 1.985,00) ,
e ad € 4.264 ,00 per il secondo grado (fase di studio: € 1.450,00; fase introduttiva: € 675,00; fase istruttoria/trattazione: € 586,50 ; fase decisionale: € 1.55 2,50).
5. Il ricorso incidentale deve, perciò, essere accolto, con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, la quale provvederà a conformarsi a quanto da ultimo puntualizzato in tema di compensi per i gradi di merito, oltre che a regolare le spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso principale.
Accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al suddetto ricorso e rinvia, per nuovo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 2 luglio 2025.
Il Presidente Dott. NOME COGNOME