Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22852 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22852 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24811/2023 R.G. proposto da:
COGNOME Avv. NOMECODICE_FISCALE, rappresentato e difeso da sé medesimo;
-ricorrente –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliata;
-controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE ( già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore ;
–
intimata- avverso la sentenza n. 2540/2023 della Corte di Giustizia di secondo grado della Puglia, depositata in data 6.9.2023, non notificata;
udita la relazione svolta all’udienza camerale del 7.5.2025 dal consigliere NOME COGNOME
IRAP -cartella di pagamento ex art. 36 bis d.p.r. 600/73 presupposti impositivi- autonoma organizzazione -avvocato.
FATTI DI CAUSA
1.COGNOME NOME impugnava davanti alla C.T.P. di Taranto la cartella di pagamento n. 10620120007885866, emessa a seguito di controllo automatizzato ex art. 36 bis del d.p.r. 600/73 della dichiarazione dei redditi UNICO 2010, avente ad oggetto il recupero dell’IRAP dichiarata e non versata dell’anno di imposta 2009, oltre interessi e sanzioni, assumendo l’insussistenza del presupposto impositivo per difetto di autonoma organizzazione.
2.La C.T.P. di Taranto rigettava il ricorso.
3.La C.T.R. della Puglia, adita dal soccombente, respingeva il gravame con la sentenza riportata in epigrafe.
Proposto ricorso per cassazione, questa Corte, con ordinanza n. 25879/2022 dell’8.6.2022 , lo accoglieva e rinviava la causa al giudice di secondo grado, in diversa composizione, per un nuovo esame.
5.La Corte di giustizia di secondo grado della Puglia, in veste di giudice del rinvio, confermava la sentenza di primo grado, affermando, per quel che interessa, che ‘ l’appellante elargiva ingenti compensi a terzi collaboratori dichiarando importi di spesa rilevanti. Disporre di una rete di professionisti pronti a sostituire il dominus, come affermato dallo stesso contribuente, implica senz’altro la sussistenza di un’autonoma organizzazione .’
COGNOME NOME ha proposto (nuovamente) ricorso per cassazione affidato ad un unico articolato motivo.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
L’Agenzia delle Entrate Riscossione è rimasta intimata.
E’ stata fissata l’udienza camerale del 7.5.2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con l’unico articolato motivo -rubricato «falsa applicazione delle norme di diritto -art. 2 ed art. 3, comma 1 lettera c) del decreto
legislativo n. 446/1997, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. » – COGNOME NOME lamenta che:
1) nella parte motiva della sentenza impugnata non sussiste alcun riferimento al requisito costitutivo del tributo dato dalla c.d. responsabilità dell’organizzazione. Se l’esercizio della professione forense non esclude, ex se , la sussistenza di un’autonoma organizzazione, la sussistenza di collaboratori dell’esercente la professione forense non esclude, ex se , l’assenza dell’inserimento in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ovvero interesse. La responsabilità dell’organizzazione da parte del professionista deve essere allegata e provata da controparte, essendo espressione dell’imputazione soggettiva della ampliata capacità contributiva fornita dalla relativa autonoma organizzazione. Diversamente, la parte motiva della sentenza impugnata assume ad oggetto esclusivamente l’accertamento della fattispecie concreta della ‘collaborazione altrui o di terzi’, presupposto diverso dalla configurazione dal mancato inserimento in diversa struttura professionale-responsabilità organizzativa, come chiarito dalla S.C. nella sentenza n. 27423/2018. Da qui la violazione dell’art. 2 del Dlgs n. 446/1997 per la carenza del presupposto della titolarità della struttura non evincibile, ex sé, dalla sussistenza di collaborazioni altrui;
2) La falsa applicazione dell’art. 2 del Dlgs n. 446/1997 si coglierebbe nella parte motiva della sentenza impugnata ove si afferma che ‘ Disporre di una rete di professionisti pronti a sostituire il dominus, … implica senz’altro la sussistenza di un’autonoma organizzazione e, di conseguenza, la piena sussistenza dell’assoggettabilità al tributo IRAP “. Oltre a precisarsi che, semmai, alla collaborazione altrui segue l’organizzazione, e non viceversa, come riassunto erroneamente nel termine ‘implicare’, per l’assoggettamento ad IRAP dei proventi dell’avvocato è necessario che l’autonoma struttura organizzativa di
cui questi si avvalga faccia capo allo stesso non solo a fini operativi, ma anche sotto il profilo organizzativo’ (Cass. sent. n. 30067/2018), atteso che il dettato normativo richiede una collaborazione qualificata costituita dalla ‘non occasionalità’, qualità ultronea inesistente nell’accertamento del Magistrato di appello.
In questa prospettiva, si sostiene che abbia errato la C.T.R. a statuire che ‘….. Disporre di una rete di altri professionisti, pronti a sostituire il dominus (dietro corrispettivo) implica una organizzazione …’, posto che, come precisato dagli ‘ Ermellini ‘ nella sentenza n. 19775 del 2019, in tema d’I.r.a.p., non sono indicativi del presupposto dell’autonoma organizzazione i compensi corrisposti da un avvocato per le domiciliazioni presso i colleghi, trattandosi di prestazioni strettamente connesse all’esercizio della professione forense, che esulano dall’assetto organizzativo della relativa attività, ovvero i compensi corrisposti a colleghi del professionista in caso di sostituzioni, oppure a consulenti esterni, in quanto trattasi di esborsi che non rilevano di per sé a fini IRAP ‘.
Si rappresenta ancora che r isulta carente la c.d. ‘organicità’ prevista dalla norma, perché la collaborazione di colleghi domiciliatari, anche dietro corrispettivo, è normalmente neutra, e non costituisce organizzazione se non corroborata da altro. Si evidenzia che ancora più chiaramente, questa Corte ha statuito che ‘In tema di Irap, con riguardo all’attività professionale di avvocato, è da escludersi che possa farsi discendere la sussistenza dell’autonoma organizzazione dalla sola circostanza costituita dai compensi corrisposti a terzi, omettendo di considerare la natura di tali compensi, se cioè essi siano relativi ad una collaborazione di carattere continuativo ovvero a prestazioni meramente occasionali, e se siano strettamente afferenti all’esercizio in modo organizzato della propria attività professionale o se siano (e in che misura) riconducibili a prestazioni strettamente connesse all’esercizio della
professione forense, come il compenso per le domiciliazioni di altri colleghi, componenti che, esulando dall’assetto strettamente organizzativo dell’attività professionale, non appaiono di per sé indicativi di autonoma organizzazione’ (Cass. sent. n. 6116/2019). E proprio su tale consolidato orientamento il giudice di legittimità aveva cassato con rinvio la pronuncia della CTR della Puglia n. 3864/1/2019;
ll giudice del rinvio, sebbene vincolato al principio di diritto enunciato dalla S.C. con l’ordinanza n. 25879/22 dell’08/06/2022, con la pronuncia qui impugnata si è limitato a riprodurre, tout court , la motivazione resa con la sentenza n. 3864/1/2019 (poi cassata), difettando di ragionamento logico-giuridico. Il “confronto ponderale” richiesto dal giudice di legittimità sarebbe rimasto, pertanto, del tutto disatteso.
La complessiva censura è infondata.
2.1. Nell’ordinanza di questa Corte n. 25879/22 dell’08/06/2022, si legge: « Con l’unico articolato motivo si prospetta censura ex art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. per violazione degli articoli 2 e 3, primo comma, lett. i) d.lgs. n. 447/1997, nella sostanza negando di disporre di organizzazione autonoma, non essendo sufficienti le somme erogate ad altri colleghi per collaborazioni, ritenute rilevanti dal giudice di merito, senza un effettivo bilanciamento in rapporto con il fatturato (la CTR parla di “abbastanza rilevanti”). In questo senso, la sentenza in scrutinio in effetti non si è attenuta al consolidato orientamento di questa Corte secondo cui il valore assoluto dei compensi ed il valore assoluto dei costi (così come il loro reciproco rapporto percentuale) non costituiscono elementi utili per desumere l’esistenza di una autonoma organizzazione, atteso che, da un lato, i compensi elevati possono essere di per sé sintomo anche del mero valore ponderale specifico dell’attività professionale esercitata (si pensi al chirurgo plastico delle dive dello spettacolo), e l’elevato ammontare delle spese può derivare
da costi che possono essere, ad esempio, strettamente afferenti all’aspetto personale dell’attività professionale (si pensi alle spese alberghiere o di rappresentanza o alle ulteriori documentabili come l’assicurazione per i rischi professionali o il carburante utilizzato per il veicolo strumentale, etc.) e costituenti mero elemento passivo per l’esercente l’attività professionale, ed altre, come nel caso di compensi a terzi, non funzionali allo sviluppo della produttività e non correlate pertanto all’implementazione dell’aspetto “organizzativo”, e perciò stesso inidonee a descrivere “il modo in cui l’attività è concretamene esercitata ” (così in Cass. n. 23557 del 2016 e, più recentemente, Cass. n. 12929 del 2019 e Cass. n. 7652 del 2020 , nonché n. 28346 del 2021). Tale confronto ponderale dev’essere dunque demandato al giudice del rinvio. Pertanto, il ricorso è fondato e merita accoglimento.»
2.2. La C.T.R., in sede di rinvio, ha ritenuto che il professionista ‘ elargiva ingenti compensi a terzi collaboratori dichiarando importi di spesa rilevanti. Disporre di una rete di professionisti pronti a sostituire il dominus, come affermato dallo stesso contribuente, implica senz’altro la sussistenza di un’autonoma organizzazione .’
A parere del Collegio, la C.T.R. ha compiuto la valutazione ponderale demandatale da questa Corte nella citata ordinanza n. 25879/22 del’8/06/2022, avendo implicitamente ritenuto che le collaborazioni continuative di professionisti avvocati apportavano all’organizzazione dell’attività un quid pluris , consentendo una maggior redditività da parte del professionista. Il ricorrente confonde invero le domiciliazioni, di cui non risulta essersi dibattuto nei gradi di merito, con le sostituzioni, che, nell’attività forense, implicano la possibilità di trattazione contemporanea di più cause patrocinate dallo stesso difensore presso uffici giudiziari diversi, mediante appunto l’utilizzo di altri professionisti avvocati, il che comporta sia il coordinamento di tale attività, sia una maggiore redditività della professione.
2.3. Questa Corte ha, infatti, precisato che il presupposto dell'”autonoma organizzazione”, richiesto dall’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997, ricorre quando il professionista responsabile dell’organizzazione si avvalga, pur senza un formale rapporto di associazione, della collaborazione di un altro professionista, stante il presumibile intento di giovarsi delle reciproche competenze, ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio (v., per tutte, Cass. n. 1136/2017).
A tal riguardo, va peraltro segnalato che il precedente di legittimità n. 20088/2016, apparentemente di segno contrario, non è in realtà conferente, in quanto in quel caso si trattava di sostituzioni obbligatorie per legge in caso di assenza per ferie del medico convenzionato con il SSN, fattispecie tutt’affatto diversa.
Conclusivamente, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 115/2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 115/2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7.5.2025.