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Autonoma organizzazione: no IRAP per il socio di studio

Una professionista, socia di una grande società di consulenza, chiede il rimborso dell’IRAP sostenendo di non avere una propria autonoma organizzazione. La Cassazione le dà ragione: utilizzare la struttura di un’altra entità giuridica, anche se si è soci, non fa scattare il presupposto impositivo dell’IRAP se non si è titolari e responsabili di tale organizzazione. Decisiva la mancanza di una propria autonoma organizzazione.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Autonoma Organizzazione e IRAP: la Cassazione chiarisce i limiti per i soci di grandi società

L’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP) continua a essere fonte di contenzioso, specialmente per i professionisti. Il cuore del dibattito ruota attorno al concetto di autonoma organizzazione, requisito fondamentale per l’applicazione del tributo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto un importante chiarimento, escludendo dall’IRAP una professionista, socia di una grande società di consulenza, che svolgeva la sua attività avvalendosi della struttura societaria. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dalla Corte.

I fatti di causa: la richiesta di rimborso IRAP

Una consulente, socia di una nota società di revisione e consulenza, ha presentato istanza di rimborso per l’IRAP versata per l’anno d’imposta 2014. La professionista sosteneva di non possedere il requisito della autonoma organizzazione. In particolare, evidenziava che:

* La sua attività professionale veniva svolta esclusivamente nell’ambito della più ampia struttura della società di cui era partner.
* La società era il suo unico committente, e da essa proveniva la totalità del suo reddito professionale.
* Non disponeva di una propria struttura organizzativa, né di beni strumentali o collaboratori personali.

L’Agenzia delle Entrate ha rigettato l’istanza con un silenzio-rifiuto, portando la contribuente a ricorrere prima alla Commissione Tributaria Provinciale e poi a quella Regionale. Entrambi i gradi di giudizio di merito hanno dato torto alla professionista.

La valutazione dei giudici di merito sull’autonoma organizzazione

I giudici di appello hanno ritenuto che la professionista fosse soggetta a IRAP. La loro decisione si basava sulla constatazione che l’appellante, in qualità di socia-partner della società di consulenza, si avvaleva in modo non occasionale di una complessa organizzazione (beni, servizi, tecnologie, personale dipendente) messa a disposizione dalla società stessa. Secondo questa interpretazione, l’utilizzo di una struttura così articolata superava la soglia minima di impiego di mezzi, integrando una capacità produttiva aggiuntiva rispetto a quella puramente personale della professionista. Di conseguenza, il requisito della autonoma organizzazione veniva considerato sussistente.

La decisione della Cassazione sulla mancanza di autonoma organizzazione

Contro la sentenza di secondo grado, la professionista ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una violazione e falsa applicazione della normativa sull’IRAP. La Suprema Corte ha accolto il suo ricorso, ribaltando completamente l’esito del giudizio.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha ribadito un principio ormai consolidato nella sua giurisprudenza, richiamando anche una pronuncia delle Sezioni Unite. Affinché un lavoratore autonomo sia soggetto a IRAP, non è sufficiente che egli sia inserito in un’organizzazione, ma è necessario che ne sia anche il titolare e il responsabile.

Nel caso di specie, era pacifico e non contestato che la professionista:

1. Non avesse collaboratori propri.
2. Non disponesse di una propria organizzazione.
3. Fosse stabilmente inserita in una struttura facente capo a un soggetto giuridico distinto: la società di consulenza.

La Corte ha sottolineato che l’unica responsabile dell’organizzazione era la società e non la singola professionista. È irrilevante che la contribuente si avvalesse di tale struttura; ciò che conta, ai fini IRAP, è chi ne detiene la titolarità e la responsabilità. Se l’organizzazione è di terzi, anche se si tratta della società di cui il professionista è socio, non si realizza il presupposto impositivo.

Inoltre, la Corte ha specificato che il fatto che la professionista detenesse una quota di partecipazione nella società non cambia la conclusione. La titolarità e la responsabilità dell’organizzazione facevano capo alla società come entità legale separata, non alla contribuente. Non essendo lei a sostenere i costi per i collaboratori e i dipendenti, non poteva neanche assumere decisioni sulla gestione di tale personale. L’esercizio di un’attività professionale nell’ambito dell’organizzazione di una società di cui si è soci non integra, di per sé, il requisito dell’autonoma organizzazione.

Le conclusioni

In conclusione, la Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha accolto il ricorso originario della contribuente, condannando l’Agenzia delle Entrate al rimborso e al pagamento delle spese legali.
Questa ordinanza rafforza un orientamento favorevole ai professionisti che operano all’interno di strutture complesse (come studi associati, società tra professionisti o grandi società di consulenza) senza esserne i diretti responsabili. La pronuncia chiarisce che il semplice utilizzo di una struttura altrui, anche se sofisticata e anche se si possiede una quota societaria, non è sufficiente a far scattare l’obbligo di versare l’IRAP. Il focus resta sulla titolarità e responsabilità dell’organizzazione, che deve essere propria del contribuente e non di un’altra entità giuridica.

Un professionista che lavora per una società di cui è socio deve pagare l’IRAP?
Non necessariamente. Secondo la Cassazione, il professionista non è soggetto a IRAP se, pur essendo socio, si limita a utilizzare l’organizzazione della società senza esserne il titolare e responsabile. L’organizzazione deve essere riconducibile alla società come entità giuridica distinta.

Cosa si intende per “autonoma organizzazione” ai fini IRAP?
L’autonoma organizzazione è il presupposto per l’applicazione dell’IRAP e si verifica quando il contribuente è il responsabile di una struttura (con beni strumentali eccedenti il minimo e/o collaboratori non meramente esecutivi) e non è inserito in una struttura organizzativa che fa capo ad altri.

L’utilizzo della struttura di un committente fa scattare l’obbligo di pagare l’IRAP?
No. L’ordinanza chiarisce che avvalersi della struttura organizzata da un altro soggetto (come il proprio unico committente) non è sufficiente per essere soggetti a IRAP. Ciò che conta è che il professionista stesso sia il titolare e responsabile di una propria e autonoma organizzazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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