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Autonoma organizzazione: no IRAP per il professionista

Un professionista, socio di una grande società di consulenza per la quale lavorava in esclusiva, ha richiesto il rimborso dell’IRAP versata, sostenendo la mancanza del requisito della autonoma organizzazione. La Corte di Cassazione ha accolto il suo ricorso, chiarendo che l’inserimento nella struttura organizzativa altrui, anche se complessa, non costituisce il presupposto impositivo per l’IRAP. È necessario che il professionista sia titolare e responsabile della propria organizzazione.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

IRAP e professionisti: quando manca l’autonoma organizzazione?

Il concetto di autonoma organizzazione è da sempre al centro del dibattito sull’applicazione dell’IRAP ai professionisti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 3632/2024) torna sul tema, offrendo chiarimenti cruciali per tutti quei professionisti che operano all’interno di strutture complesse non proprie. La decisione conferma un orientamento consolidato: avvalersi dell’organizzazione altrui non è sufficiente a far scattare il presupposto impositivo.

I Fatti del Caso

Un professionista, socio di una nota società di revisione e consulenza, presentava istanza di rimborso per l’IRAP versata per tre anni d’imposta, per un importo complessivo di circa 33.000 euro. A sostegno della sua richiesta, egli evidenziava di aver svolto la sua attività professionale esclusivamente all’interno della struttura organizzativa della società, che era il suo unico committente. Di conseguenza, il professionista sosteneva di essere privo di una propria autonoma organizzazione, requisito indispensabile per l’applicazione dell’imposta.
L’Amministrazione finanziaria non rispondeva all’istanza, determinando un silenzio-rifiuto. Il contribuente impugnava tale diniego, ma sia la Commissione tributaria provinciale che quella regionale respingevano le sue ragioni.

L’autonoma organizzazione secondo la Cassazione

Il caso è giunto dinanzi alla Corte di Cassazione, che ha ribaltato le decisioni dei giudici di merito, accogliendo il ricorso del professionista. La Corte ha richiamato il principio di diritto, già affermato dalle Sezioni Unite nel 2016, secondo cui il requisito dell’autonoma organizzazione sussiste solo quando il contribuente è il responsabile dell’organizzazione e non è semplicemente inserito in una struttura facente capo a terzi.
In altre parole, per essere soggetti ad IRAP, i professionisti devono:
1. Essere i titolari e i responsabili della struttura organizzativa.
2. Impiegare beni strumentali che eccedano il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività o avvalersi in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia di un mero collaboratore di segreteria.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha specificato che il punto cruciale non è se il professionista si avvalga di una struttura, ma a chi tale struttura faccia capo. Nel caso di specie, era pacifico che il contribuente, pur essendo un lavoratore autonomo, non avesse propri dipendenti né beni strumentali significativi. Egli operava stabilmente all’interno dell’organizzazione della società di consulenza, la quale era l’unica responsabile della struttura.
I giudici hanno sottolineato che non rileva il fatto che il professionista utilizzi tale organizzazione per svolgere i suoi incarichi. Ciò che conta, ai fini dell’assoggettabilità all’IRAP, è che sia lui stesso a possedere e a gestire l’organizzazione. Non essendo il ricorrente a sostenere i costi per i collaboratori e i dipendenti della società, non poteva avere potere decisionale sulla loro gestione. La Corte ha inoltre chiarito che la circostanza che il contribuente detenesse una quota di partecipazione nella società era irrilevante, poiché la titolarità e la responsabilità dell’organizzazione rimanevano in capo alla società stessa, un soggetto giuridico distinto dal singolo socio.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale: l’esercizio di un’attività professionale nell’ambito di un’organizzazione costituita e gestita da altri non realizza il presupposto impositivo dell’IRAP. Per essere tassabile, la struttura deve essere ‘autonoma’, cioè deve fare capo al lavoratore stesso, non solo a fini operativi ma anche sotto il profilo organizzativo. Di conseguenza, i proventi percepiti da un lavoratore autonomo per attività svolte all’interno di una struttura altrui non sono soggetti ad IRAP. La Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha accolto la richiesta di rimborso del contribuente.

Un professionista che lavora esclusivamente per una grande società di consulenza, utilizzandone la struttura, deve pagare l’IRAP?
No. Secondo la sentenza, se il professionista è inserito in una struttura organizzativa che non gli appartiene e di cui non è responsabile, manca il presupposto dell’autonoma organizzazione e, di conseguenza, non è tenuto al pagamento dell’IRAP.

Cosa si intende per ‘autonoma organizzazione’ ai fini IRAP?
Per ‘autonoma organizzazione’ si intende una struttura di cui il professionista è titolare e responsabile. Questa si concretizza quando egli impiega beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per la professione o si avvale in modo non occasionale di lavoro altrui.

Essere socio della società per cui si lavora è un elemento sufficiente per essere soggetti a IRAP?
No. La Corte ha chiarito che la detenzione di una quota di partecipazione nel capitale sociale della società committente è irrilevante. La titolarità e la responsabilità dell’organizzazione restano in capo alla società, che è un soggetto giuridico distinto dal singolo professionista, anche se socio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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