Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 35082 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 35082 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
IRAP -Autonoma organizzazione – Consulente finanziario collaboratore di società – Esenzione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23911/2017 R.G. proposto da: NOME COGNOME rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale rilasciata su foglio separato ed allegato al ricorso , dall’ Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D;
-intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 1465/6/2017, depositata in data 20 marzo 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 dicembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME esercente l’attività di revisore contabile, presentava, in data 8 aprile 2014, istanza di rimborso IRAP per gli anni d’imposta 2010 -2013, sul presupposto di non possedere un’autonoma struttura organizzativa suscettibile di creare valore
aggiunto, svolgendo unicamente attività di consulenza per la RAGIONE_SOCIALE di cui era collaboratore e socio in virtù di contratto di prestazione d’opera intellettuale stipulato il 19 settembre 2011 e rinnovato negli anni successivi.
La Commissione tributaria provinciale di Roma accoglieva il ricorso proposto avverso il silenzio rifiuto serbato dall’Amministrazione finanziaria sull’istanza, evidenziando che non risultava accertata l’esistenza di una organizzazione a carico del contribuente come elemento essenziale per la produzione del reddito dichiarato.
Interposto gravame dal l’Ufficio, l a Commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva l’appello ; dopo aver riportato la giurisprudenza di legittimità formatasi in materia e, in particolare, in ordine agli elementi idonei a ritenere sussistente ‘una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni e servizi, svolta da persona fisica esercente arte o professione’, la CTR sottolineava l’ammontare dei costi dichiarati dal contribuente, ritenuti senza dubbio superiori a qu elli ‘compatibili con quanto espressione di una organizzazione del lavoro meramente personale’. Concludeva, quindi, affermando che ‘l’insieme delle voci a tal fine rilevanti abbia spiegato un corrispondente contributo alla produzione del valore tipico dell ‘attività professionale’ (pagg. 4 e 5 della sentenza).
Avverso la decisione della Commissione tributaria regionale ha proposto ricorso per cassazione il contribuente, affidato a tre motivi. L’Agenzia delle entrate è rimasta intimata.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 1 2/12/2024.
Il ricorrente ha depositato, in data 28 novembre 2024, memoria ex art. 380bis1 cod. proc. civ..
Considerato che:
Con il primo motivo di impugnazione, proposto in relazione a ll’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., il contribuente denuncia la violazione e l’erronea applicazione dell’art. 2 del d.lgs.
n. 446/1997, per averne la CTR stabilito la soggezione ad IRAP, violando i canoni fissati per l’accertamento della «autonoma organizzazione»; premesso in fatto di svolgere attività professionale, nel settore della finanza di impresa (nell’area business not a come ‘Corporate Finance’), con l’impiego di beni strumentali di proprietà della KPMG committente, il ricorrente evidenzia l’insussistenza di una autonoma organizzazione, non avendo, nelle dichiarazioni dei redditi, annotato ‘costi d’esercizio sostenuti c he presuppongono investimenti atti a porre in essere una organizzazione di mezzi e di persone’, né risultando dalle stesse dichiarazioni spese relative a personale dipendente o collaboratori. In tema di IRAP l’esercizio di un’attività professionale nell’ambito dell’organizzazione costituita da una società non realizza il presupposto impositivo costituito dall’autonoma organizzazione; ciò in quanto l’organizzazione rileva solo se ed in quanto il lavoratore autonomo ne sia il ‘responsabile’ . Lamenta, infine, un vizio di motivazione della sentenza gravata nella parte in cui la CTR in maniera del tutto apodittica ritiene i costi sostenuti dal ricorrente superiori a quelli compatibili con l’organizzazione del lavoro meramente personale, senza indicare la natura d i detti costi e l’incidenza sui ricavi conseguiti anno per anno.
2. Con il secondo motivo, proposto sempre in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., il contribuente denuncia la violazione e l’erronea applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 446/1997, sotto un altro profilo, ovvero per avere la CTR erroneamente affermato che il requisito della autonoma organizzazione non ricorre ‘allorché il contribuente non risulti inserito in una struttura organizzativa complessa, pluripersonale, della quale non sia l’unico o principale referente, o comunque la cui organizzazione e direzione siano riferibili ad altrui responsabilità’. L’affermazione sarebbe erronea essendo semmai vero il contrario, ovvero che il detto requisito non ricorre quando il contribuente non sia il responsabile dell’organizzazione di una struttu ra nella quale sia inserito.
I motivi, da trattare congiuntamente avendo ad oggetto la denuncia di violazione della medesima disposizione di legge, sono fondati.
3.1. L’art. 2 del d.lgs. n. 446/1997 stabilisce che il presupposto dell’IRAP, già definita dall’art. 1 come imposta a carattere reale, è «l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi». La Corte costituzionale, con la sentenza n. 156 del 2001, ha ribadito che l’IRAP non è un’imposta sul reddito, bensì un’imposta di carattere reale che colpisce il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate, e ha rilevato che mentre l’elemento organizzativo è connaturato alla nozione stessa di impresa, altrettanto non può dirsi per quanto riguarda l’attività di lavoro autonomo, ancorché svolta con carattere di abitualità, nel senso che è possibile ipotizzar e un’attività professionale svolta in assenza di organizzazione di capitali o lavoro altrui, con la conseguente inapplicabilità dell’imposta, per difetto del suo necessario presupposto, l’autonoma organizzazione, il cui accertamento, in mancanza di specifiche disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto, rimessa pertanto al giudice di merito.
Questa Corte, nel suo supremo consesso (Cass. Sez. U. n. 10/05/2016, n. 9451, in continuità con Cass. Sez. U. 26/05/2009, n. 12108, ma specificando ulteriormente i requisiti dell’impiego di lavoro altrui), ha chiarito i parametri alla cui stregua la questione di fatto deve essere valutata: « con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione -previsto dall’art. 2 del d.lgs. 15/09/1997, n. 446 -, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’ id quod
plerumque accidit , il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive».
Si deve precisare che l’accertamento deve essere compiuto con riferimento ai singoli anni d’imposta controversi, in ordine ai quali è stato chiesto il rimborso dell’IRAP, atteso che il possesso di tale autonoma organizzazione può variare nel tempo essendo libero il professionista di svolgere la propria opera attraverso l’ausilio di essa oppure svolgerla personalmente e senza l’aiuto di una particolare organizzazione.
Ove si verta in tema di rimborso l’onere della prova di tali elementi fattuali grava unicamente sul contribuente.
3.2. Questa Corte, poi, con specifico riguardo alla fattispecie nella quale l’attività dell’eventuale soggetto passivo dell’imposizione viene espletata a favore di un soggetto terzo già dotato di una propria struttura organizzativa e deve coordinarsi con quest’ultima, ha elaborato il principio generale in forza del quale non è sufficiente che il lavoratore si avvalga di una struttura organizzata, ma è anche necessario che questa struttura sia ‘autonoma’, cioè faccia capo al lavoratore stesso, non solo ai fini operativi, bensì anche sotto i profili organizzativi; non sono, pertanto, soggetti ad IRAP i proventi che un lavoratore autonomo percepisca come compenso per le attività svolte all’interno di una struttura da altri organizzata e di cui non sia responsabile (tra le tante, Cass. 13/06/2012, n. 9692, con riferimento al medico che lavori presso una clinica privata diretta ed organizzata dal altri; Cass. 14/04/2021, n. 9071 per il medico radiologo socio di società avente quale oggetto esami diagnostici).
3.3. Tale principio ha trovato plurime attuazioni in tema di professionisti che svolgono, in tutto o in parte, la propria attività per società di revisione e di consulenza, in casi del tutto analoghi a quello oggetto del presente giudizio, ove il professionista svolge un’attività
di consulenza per una società, di cui è socio (Cass. 02/07/2010, n. 15746; Cass. 02/09/2016, n. 17566; Cass. 28/04/2021, n. 11140; Cass. 16/06/2022, n. 19397; di recente Cass. 28/04/2023, n. 11238; Cass. 05/05/2023, n. 11924; Cass. 27/06/2023, n. 18260; Cass. 25/07/2023, n. 22266; Cass. 17/01/2024, n. 1857; di segno contrario unicamente Cass. 20/06/2022, n. 19766 mentre Cass. 23/05/2022, n. 16552, ha ritenuto inammissibili le doglianze in quanto rivolte contro un accertamento in fatto contenuto nella sentenza); in tali arresti si è affermato il principio per cui l’esercizio di un’attività professionale nell’ambito dell’organizzazione costituita da una società di cui il professionista è socio (o dipendente) non realizza il presupposto impositivo costituito dall’autonoma organizzazione.
3.4. Tale principio di diritto merita di essere ulteriormente ribadito anche alla luce delle seguenti considerazioni.
Cass. n. 18260/2023 cit. in particolare ha evidenziato che «peraltro, imputare direttamente al professionista l’organizzazione predisposta dalla società, di cui il primo si avvale nell’esercizio della sua attività a favore della seconda, ridurrebbe quest’ultima sistematicamente a mera interposta fittizia nell’erogazione dei servizi professionali, contrariamente al ruolo riconosciuto alle società quali soggetti di diritto, dotati di autonoma capacità decisionale ed operativa, ai quali è imputato l’esercizio di una impresa o, comunque, di un’attività economica organizzata in forma collettiva» , facendone conseguire che nelle fattispecie come quella che qui viene in rilievo non è il professionista, ma la società, come ente giuridico distinto dalla persona fisica che presta per essa la sua attività lavorativa, ad integrare il presupposto oggettivo dell’autonoma organizzazione, rilevante ai fini IRAP, considerazione tanto più valida ove l’attività del professionista sia tutta svolta a favore della società.
In dottrina si è osservato che il ‘responsabile’ indica una relazione di fatto con l’organizzazione che può essere precisata solo avendo riguardo alla ratio del tributo che è quella di colpire il valore
che risulta dalla somma del valore che l’organizzazione aggiunge a quello prodotto dal lavoro personale del professionista. S’è, quindi, sostenuto che il responsabile dell’organizzazione, ai fini IRAP, è colui che guida un’organizzazione che, sul piano eco nomico, è idonea a generare un valore aggiuntivo rispetto al valore generato dal proprio lavoro personale, concludendo che il ‘responsabile’ dell’organizzazione è, invero, l’organizzatore dei fattori produttivi eccedenti quelli strettamente riferibili al lavoro personale, organizzatore perché dotato di ‘potere di comando’ su beni e servizi economicamente valutabili.
La sentenza della CTR non si è attenuta ai suddetti principi; pacifico in fatto che venisse in rilievo un’attività svolta dal professionista in favore della società, hanno errato i giudici di appello laddove hanno irragionevolmente tratto un argomento a favore della sussistenza di un’autonoma organizzazione dalla circostanza che il contribuente avesse dichiarato costi superiori a quelli normalmente sostenuti da un professionista, costi che avrebbero contribuito alla produzione del valore tipo dell’attivi tà professionale, che però la CTR non ha avuto cura di specificare nella loro quantità e natura.
L’accoglimento dei primi due motivi comporta l’assorbimento del terzo con il quale il contribuente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., ovvero della documentazione prodotta a sostegno della prova dell’insussistenza del presupposto dell’autonoma organizzazione.
Di conseguenza, vanno accolti il primo ed il secondo motivo, assorbito il terzo; la sentenza impugnata va cassata e, alla luce della presenza di ulteriori questioni in fatto, tra cui il quantum del rimborso, da stimare considerando il periodo temporale di svolgimento del lavoro per la committente RAGIONE_SOCIALE, la causa va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, per nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio perché, in diversa composizione, provveda a nuovo esame nel rispetto dei principi esposti, e provveda a regolare le spese del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 dicembre 2024.