Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3882 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 3882 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/02/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 23023/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO in virtù di procura speciale in calce al ricorso,
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 4893/2019, depositata il 5 dicembre 2019;
DINIEGO RIMBORSO -IRAP 2012-2013-20142015
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 27 ottobre 2023 dal AVV_NOTAIO; dato atto che il Pubblico Ministero, in persona del sost. proc. chiedendo gen. AVV_NOTAIO, ha concluso l’accoglimento del ricorso;
FATTI DI CAUSA
AVV_NOTAIO NOME COGNOME, in data 31 maggio 2017, presentava presso l’RAGIONE_SOCIALE, istanza di rimborso dell’IRAP versata per i periodi d’imposta 2012, 2013, 2014 e 2015, per un importo complessivo pari ad € 1 61.855,00.
Nell’istanza in questione il contribuente deduceva di avere svolto, negli anni suindicati, la propria attività professionale di revisore contabile nell’àmbito della più ampia struttura organizzativa costituita dalla società di revisione RAGIONE_SOCIALE, facente parte del RAGIONE_SOCIALE mondiale RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE, di cui era socio; che RAGIONE_SOCIALE era il suo unico committente, e pertanto tutto il reddito professionale da lui dichiarato proveniva dalla suddetta attività; che, nell’espletamento degl i incarichi di revisione che gli venivano assegnati da RAGIONE_SOCIALE, svolgeva l’attività in assenza di una propria autonoma organizzazione; che pertanto non sussisteva il presupposto impositivo di cui all’art. 2 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446.
Formatosi , sull’istanza in oggetto, il silenzio-rifiuto da parte dell’Amministrazione finanziaria, il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, la quale, con sentenza n. 2975/12/2018, pronunciata in data 9 aprile 2018 e depositata in segreteria il 27 giugno 2018, lo accoglieva, condannando l’Ufficio al
rimborso RAGIONE_SOCIALE somme versate a titolo di IRAP dal 2012 al 2015, oltre interessi legge, compensando altresì le spese di lite.
Interposto gravame dall’Ufficio, la Commissione tributaria regionale della Lombardia, con sentenza n. 4893/11/2019, pronunciata il 22 novembre 2019 e depositata in segreteria il 5 dicembre 2019, accoglieva l’appello e, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava il ricorso originario proposto dal contribuendo, con compensazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Avverso tale ultima sentenza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME, sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
All’udienza pubblica del 27 ottobre 2023 il consigliere relatore ha svolto la propria relazione, ed i procuratori RAGIONE_SOCIALE parti hanno rassegnato le conclusioni di cui al verbale in atti.
Il Pubblico Ministero ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso in oggetto, come si è detto, è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 446/1997 , in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ.
Deduce, in particolare, il ricorrente che erroneamente la RAGIONE_SOCIALE aveva ritenuto che fosse configurabile in capo a lui il requisito dell’autonoma organizzazione ai fini dell’IRAP, giacché egli utilizzava per la propria attività l’organizzazione della società RAGIONE_SOCIALE, e quindi una organizzazione terza ed autonoma, della quale egli non era peraltro responsabile.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso il COGNOME eccepisce sempre violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 446/1997, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ.
Deduce, in particolare, il contribuente che, ai fini del presupposto impositivo dell’IRAP, era irrilevante l’entità del reddito prodotto e la percentuale RAGIONE_SOCIALE spese, come invece ritenuto dalla corte territoriale.
Così delineati i motivi di ricorso, la Corte osserva quanto segue.
2.1. Il primo motivo è fondato.
Ed invero, come affermato dalle Sezioni Unite civili di questa Corte (Cass. 10 maggio 2016, n. 9451), il requisito dell”autonoma organizzazione’ di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 446/1997, quale presupposto impositivo dell’IRA P, ricorre quando il contribuente: a ) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b ) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’ id quod plerumque accidit , i l minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi di segreteria ovvero meramente esecutive (v. anche Cass. 25 maggio 2019, n. 12111; Cass. 19 aprile 2018, n. 9786).
Orbene, affinché un lavoratore autonomo sia assoggettato ad IRAP, è necessario non solo che egli sia inserito in una autonoma organizzazione, ma che egli sia anche titolare di questa organizzazione, e ne sia dunque responsabile (Cass. 16 giugno 2022, n. 19397).
Nella fattispecie in esame è incontroverso che il contribuente, pur essendo un lavoratore autonomo, non occupasse alcun collaboratore alle proprie dipendenze e, quanto ai beni strumentali, non disponesse di una propria organizzazione, ma fosse invece inserito stabilmente in una organizzazione facente capo ad un distinto soggetto giuridico, e cioè la società RAGIONE_SOCIALE revisione RAGIONE_SOCIALE , che ne è l’unica responsabile organizzativa.
A nulla rileva, pertanto, che il contribuente si avvalesse di tale organizzazione, e coordinasse anche un team di collaboratori, in quanto ciò che rileva, ai fini dell’assoggettabilità all’IRAP , è che il contribuente sia il titolare ed il responsabile di tale organizzazione. Peraltro, non essendo il COGNOME a sostenere i costi per i collaboratori e dipendenti, non si vede come questo avrebbe potuto assumere decisione sulla gestione di tale personale, al di là RAGIONE_SOCIALE singole e specifiche direttive impartite nell’àmbito del singolo incarico di revisione di volta in volta svolto (sul punto, Cass 15 marzo 2018, n. 6439; Cass. 2 settembre 2016, n. 17566).
Questa Corte, con specifico riguardo alla fattispecie nella quale l’attività dell’eventuale soggetto passivo dell’imposizione viene espletata a favore di un soggetto terzo già dotato di una propria struttura organizzativa e deve coordinarsi con quest’ultima, ha elaborato il principio generale in forza del quale non è sufficiente che il lavoratore si avvalga di una struttura organizzata, ma è anche necessario che questa struttura sia ‘ autonoma ‘ , cioè faccia capo al lavoratore stesso, non solo ai fini operativi, bensì anche sotto i profili organizzativi; non sono, pertanto, soggetti ad IRAP i proventi che un lavoratore autonomo percepisca come compenso per le
attività svolte all’interno di una struttura da altri organizzata (v. Cass. 13 giugno 2012, n. 9692, con riferimento al medico che lavori presso una clinica privata diretta e organizzata da altri).
Tale principio ha trovato plurime attuazioni in tema di professionisti che svolgono, in tutto o in parte, la propria attività per società di revisione e di consulenza, in casi del tutto analoghi al presente, ove il professionista svolge un’attività di consulenza per una società, di cui è socio, peraltro in misura molto ridotta (Cass. 28 aprile 2023, n. 11238; Cass. 16 giugno 2022, n. 19397; Cass. 28 aprile 2021, n. 11140); in tali arresti è stato affermato il principio per cui l’esercizio di un’attività professionale nell’ambito dell’organizzazione costituita da una società di cui il professionista è socio (o dipendente), non realizza il presupposto impositivo costituito dall’autonoma organizzazione (da ultimo, v. Cass. 25 luglio 2023, n. 22266; Cass. 5 maggio 2023, n. 11924).
Irrilevante è, poi, a tal fine, la circostanza che il contribuente detenesse all’epoca un a quota di partecipazione nel capitale sociale della società di revisione: infatti, in disparte la circostanza che trattavasi di una quota minima (0,86%), in ogni caso la titolarità e la responsabilità di tale autonoma organizzazione faceva comunque capo ad un soggetto (la RAGIONE_SOCIALE) diverso dal contribuente (nello stesso senso, per fattispecie analoghe, v. Cass 15 marzo 2018, n. 6439; Cass. 2 settembre 2016, n. 17566).
2.2. Fondato è anche il secondo motivo di ricorso.
La C.T.R. ha ritenuto rilevante, al fine di verificare la sussistenza di un’autonoma organizzazione ai fini IRAP, l’entità
consistente dei compensi dichiarati e la percentuale RAGIONE_SOCIALE spese.
Tali indici, tuttavia, sono del tutto ininfluenti ai fini della sussistenza dei presupposti impositivi dell’IRAP: infatti, l’ elevato ammontare dei compensi e RAGIONE_SOCIALE spese, ed il loro rapporto percentuale, non costituiscono elementi utili per desumere il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione di un professionista, atteso che, da un lato, i compensi elevati possono essere sintomo del mero valore ponderale specifico dell’attività esercitata e, dall’altro, le spese consistenti possono derivare da costi strettamente afferenti all’aspetto personale, rappresentando, così, un mero elemento passivo dell’attività professionale (Cass. 18 novembre 2016, n. 23557).
Consegue l’accoglimento del ricorso, con l’affermazione del seguente principio di diritto: «l’esercizio di un’attività professionale nell’ambito di una organizzazione costituita da una società di cui il professionista è socio (o dipendente), non realizza il presupposto impositivo costituito dall’autonoma organizzazione ai fini dell’IRAP, né rileva, a tal proposito, l’elevato ammontare dei compensi e RAGIONE_SOCIALE spese, ed il loro rapporto percentuale rispetto agli utili complessivi».
La sentenza impugnata deve quindi essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con l’accoglimento del ricorso originario proposto dal contribuente.
4. Le spese di giudizio seguono la soccombenza dell’RAGIONE_SOCIALE, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Spese compensate per le fasi di merito.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario proposto da NOME.
Condanna l’RAGIONE_SOCIALE alla rifusione, in favore del ricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del presente grado di giudizio, che si liquida in € 7.000,00 per compensi ed € 1.518,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali, C.A.P. ed I.V.A.
Spese compensate per le fasi di merito.
Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2023.