Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34316 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34316 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/12/2024
IRAP AUTONOMA ORGANIZZAZIONE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 09472/2023 R.G. proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. Prof. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA di secondo grado della Lombardia n. 4222/20/2022 depositata il 03/11/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Nel 2018 NOME NOME presentava due separate istanze di rimborso all’Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale di Milano dell’Irap versata per le annualità 2013 e 2014 (limitatamente al primo acconto), per euro 9.797,00 e per le annualità dal 2014 (secondo acconto e saldo) al 2017 (primo e secondo acconto), per
euro 81.555,00. Con le istanze si chiedeva la restituzione dei tributi versati deducendo la totale assenza di autonoma organizzazione, presupposto per l’assoggettabilità ad IRAP. In particolare, la contribuente assumeva di ottenere i suoi redditi di lavoro autonomo esclusivamente dalle proprie prestazioni professionali di revisione rese a favore della RAGIONE_SOCIALE della quale la stessa era anche una (tra un centinaio) dei soci. L’Ufficio adito non rispondeva all’istanza.
La contribuente, maturato il silenzio rifiuto dell’Ufficio, presentava innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano un ricorso/reclamo in relazione alle annualità 2013 e 2014 e un ricorso in relazione alle annualità dal 2014 al 2017, chiedendo il riconoscimento dell’assenza dei presupposti impositivi e, quindi, la condanna di controparte al rimborso dei tributi versati. L’Ufficio si costituiva esclusivamente in uno dei due giudizi. La Commissione tributaria provinciale di Milano, riuniti i ricorsi, li respingeva con la sentenza n. 2376/1/2021 depositata il 25/5/2021.
Avverso detta pronuncia proponeva appello NOME NOMECOGNOME L’Agenzia delle Entrate si costituiva chiedendo il rigetto dell’impugnazione. Con la sentenza n. 4222/20/2022 depositata il 3/11/2022 la Commissione tributaria regionale della Lombardia respingeva l’appello e condannava la contribuente alle spese del secondo grado di giudizio.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione NOMECOGNOME con impugnazione affidata a due motivi. L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.
NOME ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 28/11/2024.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce violazione dell’art. 2, d.lgs. n. 446/1997, per avere la Corte di giustizia
tributaria di secondo grado stabilito la soggezione ad Irap, violando i canoni stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità per l’accertamento della autonoma organizzazione (art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.). In particolare il ricorrente lamenta l’erroneità della sentenza che in violazione delle norme invocate e dei principi affermati dalla Corte in materia, avrebbe ritenuto sussistenti nella fattispecie i presupposti per l’imponibilità Irap nonostante la ricorrente avesse fornito la prova del difetto di autonoma organizzazione nella sua attività.
Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente deduce violazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 36 d.lgs. n. 546/1992 per contraddittorietà della motivazione in ordine al soddisfacimento dell’onere probatorio (art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.). Si lamenta che la sentenza avrebbe affermato che la contribuente non avrebbe provato l’assenza di una autonoma organizzazione quando la pronuncia stessa afferma che l’organizzazione era quella della RAGIONE_SOCIALE della quale la contribuente si avvaleva; si deduce ancora che la contribuente aveva dedotto fin dal primo grado, senza essere contrastata dall’Ufficio di avere dotazioni minime, nessun dipendente e ammortamenti limitatissimi.
I due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente e sono fondati.
3.1. La motivazione della sentenza impugnata conclude per la soggezione ad Irap della ricorrente in ragione del fatto che la contribuente (quale socia e prestatrice di servizi) dirigesse un insieme di fattori della produzione, in particolare varie unità di personale, messi a disposizione di RAGIONE_SOCIALE per lo svolgimento dell’attività principale della stessa società; del fatto che la medesima attività di revisione e direzione (svolta per conto di RAGIONE_SOCIALE e rivolta ai clienti di quest’ultima) fosse valorizzata dall’utilizzo della rilevante organizzazione facente capo alla stessa società RAGIONE_SOCIALE
3.2. La sentenza affermando questi principi rileva che ai fini del requisito della rilevante organizzazione è sufficiente che il contribuente si possa avvalere di una organizzazione, nella fattispecie altamente specializzata e qualificata, anche se questa sia riferibile ad un soggetto terzo. In senso contrario assume, tuttavia, rilievo l’orientamento ormai costante della Corte, di recente riaffermato in una fattispecie del tutto analoga: «in tema di IRAP, l’esercizio di un’attività professionale nell’ambito dell’organizzazione costituita da una società di cui il professionista è socio non realizza il presupposto impositivo costituito dall’autonoma organizzazione, poiché è necessario che la struttura faccia capo al lavoratore stesso, non solo ai fini operativi, ma anche sotto i profili organizzativi, non essendo invece soggetti ad Irap i proventi che un lavoratore autonomo percepisce come compenso per le attività svolte all’interno di una struttura da altri organizzata. (Nella specie, la RAGIONE_SOCIALE. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto soggetti ad IRAP i compensi percepiti da un commercialista, per le attività svolte avvalendosi dell’apparato strumentale della committente società di revisione, di cui era socio)» (Cass. 14/10/2024, n. 26702).
4. La decisione della Commissione tributaria regionale non si è attenuta a questi principi ed è viziata; il ricorso deve essere accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, con l’accoglimento del ricorso originario proposto dalla contribuente.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della contribuente; condanna l’Agenzia delle Entrate alla rifusione, in favore della parte ricorrente, delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in euro 7.000,00 (settemila) per compensi, euro 200,00
per esborsi, oltre al 15% per rimborso spese generali e accessori come per legge. Spese compensate per le fasi di merito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, del 28 novembre