Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22855 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22855 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21133/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliata;
-ricorrente –
CONTRO
COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
IRAP – autonoma organizzazione -avvocato –
-intimato – nonché nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore
-intimata- avverso la sentenza n. 880/2020 della Commissione tributaria regionale della Puglia, depositata in data 16.3.2020, notificata il 21.5.2020;
udita la relazione svolta all’udienza camerale del 7.5.2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. L’avv. COGNOME Luca impugnava davanti alla C.T.P. di Taranto la cartella di pagamento n. 10620110009335875, emessa a seguito di
contro
llo automatizzato ex art. 36 bis del d.p.r. 600/73, avente ad oggetto il recupero dell’IRAP dichiarata e non versata per l’anno di imposta 2008, oltre interessi e sanzioni, assumendo l’insussistenza del presupposto impositivo per difetto di autonoma organizzazione.
La C.T.P. di Taranto, nella resistenza dell’Agenzia delle Entrate e nella contumacia dell’RAGIONE_SOCIALE, rigettava il ricorso, ritenendo che la misura degli ammortamenti e la corresponsione di compensi a terzi afferenti direttamente all’attività professionale di avvocato impedivano di ritenere provata la dedotta insussistenza dell’autonoma organizzazione.
3.La C.T.R. della Puglia, adita dal soccombente, il quale produceva copia del libro dei cespiti e delle fatture relative alle prestazioni rese da terzi, accoglieva l’appello, ritenendo che ‘ la difesa dello stesso contribuente ha ampiamente dimostrato che tale tipo di attività in concreto non presenta alcun requisito di autonomia organizzativa necessaria per l’applicazione dell’imposta e non può che affermarsi che si tratta in concreto di attività nella quale il profilo organizzativo non costituisce in alcun modo requisito qualificante dell’attività svolta. Nel caso di cui si discute, l’attività professionale non si avvale dell’ausilio di alcun dipendente e/o collaboratore ed utilizza beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio della stessa. Pertanto, risulta evidente la mancanza del presupposto stesso dell’Irap, con la conseguente inapplicabilità dell’imposta’.
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia delle Entrate – Riscossione e COGNOME NOME sono rimasti intimati.
E’ stata fissata l’udienza camerale del 7.5.2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo -rubricato «violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 1, n. 4 del decreto legislativo 546/92, art. 132,
comma 1 n. 4 c.p.c., art. 118 comma 1 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c.» -l’Agenzia delle Entrate denuncia il vizio di motivazione meramente apparente, generica e tautologica della sentenza impugnata.
Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, denuncia « violazione e falsa applicazione degli articoli 2, comma 1 e 3, comma 1 lettera c), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, nonché dell’ art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. ».
Il primo motivo è fondato ed assume rilievo assorbente.
3.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, si è in presenza di una “motivazione apparente” allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè costituita da argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, ove il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero – e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali – l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (cfr. Sez. 1 30 giugno 2020 n. 13248; Sez. 1, 18 giugno 2018 n. 16057; n. 27112 del 2018; n. 22022 del 2017; Sez. 6-5, 7 aprile 2017 n. 9097 e n. 9105; Sez. U 3 novembre 2016 n. 22232; Sez. U 5 agosto 2016 n. 16599; Sez. U 7 aprile 2014, n. 8053).
3.2. Ciò posto, nel caso in esame la pronuncia impugnata non soddisfa il c.d. ‘minimo costituzionale’, atteso che la C.T.R. non ha esplicitato da quali fonti di prova abbia tratto il proprio convincimento, a maggior ragione a fronte della circostanza che i compensi erogati a terzi erano documentali e dichiarati dallo stesso contribuente nella sezione del modello Unico afferente agli studi di settore, unitamente alle spese per ammortamento di beni strumentali ed al costo dei beni strumentali utilizzati. La natura e rilevanza delle attività svolte dai collaboratori del professionista non è stata minimamente indagata, né la C.T.R. spiega la ragione per cui abbia ritenuto che i beni strumentali non eccedessero il minimo indispensabile, limitandosi anche in questo caso ad affermazioni meramente apodittiche.
4. Il giudice del merito, cui la causa dovrà essere dunque rinviata, nel valutare gli elementi probatori offerti dalle rispettive parti, dovrà attenersi ai principi fissati da questa Corte, secondo cui la nozione di autonoma organizzazione si definisce come «contesto organizzativo esterno», diverso ed ulteriore rispetto al mero ausilio dell’attività personale e costitutivo di un quid pluris che secondo il comune sentire, del quale il giudice di merito è portatore ed interprete, sia in grado di fornire un apprezzabile apporto al professionista. Le Sezioni Unite (sent. n. 9451 del 2016) hanno chiarito che «In tema di imposta regionale sulle attività produttive, il presupposto dell’autonoma organizzazione richiesto dall’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997 non ricorre quando il contribuente responsabile dell’organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive. E’ stato altresì precisato che il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi
forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'” id quod plerumque accidit “, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (Cass. n. 27167/2019), lavoro altrui che non necessariamente deve rivestire natura subordinata, ben potendo trattarsi di collaboratori autonomi o altri professionisti che svolgano la medesima attività esercitata dal contribuente (Cass. n. 4060/2015).
Questa Corte ha anche statuito che il presupposto dell'”autonoma organizzazione”, richiesto dall’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997, ricorre quando il professionista responsabile dell’organizzazione si avvalga, pur senza un formale rapporto di associazione, della collaborazione di un altro professionista, stante il presumibile intento di giovarsi delle reciproche competenze, ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio (Cass. n. 1136/2017).
Il secondo motivo è assorbito.
Il ricorso deve, pertanto, essere accolto e la causa va rinviata alla C.G.T. di secondo grado della Regione Puglia, in diversa composizione, la quale provvederà ad un nuovo e motivato esame, tenendo conto dei principi sopra illustrati, oltre che alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo;
cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione,
cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7.5.2025.