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Autonoma organizzazione IRAP: la guida completa

Un professionista, socio di una nota società di revisione, ha richiesto il rimborso dell’IRAP, sostenendo di non disporre del requisito dell’autonoma organizzazione. Dopo il rigetto nei primi due gradi di giudizio, la Corte di Cassazione ha accolto il suo ricorso. La Suprema Corte ha chiarito che l’inserimento in una struttura organizzativa altrui, anche se utilizzata per la propria attività, non costituisce presupposto per l’imposta, in quanto è necessario che il professionista sia il titolare e il responsabile di tale struttura.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Autonoma Organizzazione e IRAP: la Cassazione fa chiarezza per i Professionisti

Il concetto di autonoma organizzazione è da sempre il fulcro di un acceso dibattito in materia di IRAP per professionisti e lavoratori autonomi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna sul tema, fornendo criteri interpretativi cruciali per distinguere chi è tenuto al pagamento dell’imposta e chi ne è esente. La pronuncia analizza il caso di un professionista inserito stabilmente nella struttura di una grande società di revisione, stabilendo un principio fondamentale: l’utilizzo di una struttura altrui non implica automaticamente l’obbligo di versare l’IRAP.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un revisore contabile e socio di una primaria società di consulenza, il quale aveva richiesto all’Agenzia delle Entrate il rimborso dell’IRAP versata per gli anni 2016 e 2017. La sua tesi si basava sull’assenza di un’autonoma struttura organizzativa, elemento indispensabile per la configurazione del presupposto impositivo.

Inizialmente, sia la Commissione Tributaria Provinciale che la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado avevano respinto le sue ragioni. I giudici di merito ritenevano che, pur essendo inserito in una struttura societaria, il professionista si avvalesse dell’organizzazione e del personale della società in modo autonomo per coordinare e svolgere la propria attività, integrandone così i requisiti.

La Decisione della Corte di Cassazione

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha ribaltato le decisioni precedenti, accogliendo il ricorso del contribuente. La Suprema Corte ha cassato la sentenza di secondo grado e, decidendo direttamente nel merito, ha annullato il diniego di rimborso, confermando il diritto del professionista a recuperare l’imposta versata.

Le Motivazioni: il requisito dell’autonoma organizzazione

Il cuore della decisione risiede nella corretta interpretazione del presupposto impositivo dell’IRAP, ovvero l’esercizio di un’attività autonomamente organizzata. La Corte ha ribadito la sua consolidata giurisprudenza, richiamando anche i principi espressi dalle Sezioni Unite. L’imposta, infatti, non colpisce il reddito del professionista in sé, ma la capacità produttiva aggiuntiva e impersonale derivante da una struttura esterna.

Secondo la Cassazione, affinché si configuri il requisito dell’autonoma organizzazione, non è sufficiente che il professionista utilizzi beni strumentali o si avvalga di collaboratori. È necessario un quid pluris: il contribuente deve essere il responsabile e il titolare di tale organizzazione. In altre parole, la struttura deve fare capo a lui, sia sotto il profilo operativo che gestionale.

Nel caso specifico del professionista inserito in una società di consulenza, la Corte ha specificato che il semplice utilizzo della struttura organizzativa messa a disposizione dalla società non è sufficiente a integrare il presupposto impositivo. Ciò che conta è stabilire a chi appartenga la titolarità e la responsabilità di tale struttura. Se l’organizzazione (personale, uffici, tecnologie) è della società, che ne sostiene i costi e ne ha il controllo gestionale, il professionista che ne usufruisce non può essere considerato soggetto passivo IRAP, anche se detiene una quota di partecipazione societaria. La sua attività, per quanto coordinata, rimane un’inserzione in una struttura altrui.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento favorevole ai professionisti che operano all’interno di strutture complesse come studi associati, società di servizi o grandi network di consulenza. L’implicazione pratica è chiara: per essere soggetti a IRAP, non basta essere un professionista di successo con compensi elevati. È indispensabile dimostrare l’esistenza di una propria, autonoma, struttura produttiva, di cui si ha il pieno controllo e la responsabilità. In assenza di questo elemento, l’attività professionale, anche se svolta con l’ausilio di risorse altrui, non genera il valore aggiunto tassabile ai fini dell’Imposta Regionale sulle Attività Produttive.

Un professionista che lavora all’interno di una grande società di consulenza deve pagare l’IRAP?
Secondo la sentenza, non è tenuto a pagare l’IRAP se si limita a utilizzare la struttura organizzativa della società. L’imposta è dovuta solo se il professionista è il titolare e il responsabile di una propria e distinta autonoma organizzazione.

Cosa significa esattamente “autonoma organizzazione” ai fini IRAP?
Per autonoma organizzazione si intende un insieme di capitale e lavoro organizzato dal professionista stesso, che eccede il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività e produce un valore aggiunto rispetto alla sua sola capacità lavorativa personale. La responsabilità gestionale e i costi di tale struttura devono gravare sul professionista.

Essere socio di una società di revisione comporta automaticamente l’obbligo di pagare l’IRAP?
No. L’ordinanza chiarisce che la quota di partecipazione al capitale sociale è irrilevante. Ciò che conta è a chi faccia capo la titolarità e la responsabilità dell’organizzazione. Se queste appartengono alla società e non al singolo socio, il presupposto per l’IRAP non sussiste.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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