Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4489 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4489 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6954/2017 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, avvocato, in proprio
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia n. 3479/2016 depositata il 10/10/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’ avvocato NOME COGNOME ricorre, con sette motivi, avverso la sentenza della CTR della Sicilia indicata in epigrafe che, in controversia attinente alla impugnazione di cartella di pagamento emessa per omesso versamento dell’Irap, ha confermato la pronuncia di primo grado, di rigetto del ricorso del contribuente.
Resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.
Il contribuente ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt.
2697 c.c. e 115 c.p.c., lamentandosi l’omessa valutazione, da parte della CTR delle allegazioni e delle produzioni del contribuente, in particolare con riferimento alla circostanza dell’impiego, nell’anno di imposta di interesse, di due dipendenti che, in realtà, avevano prestato servizio in periodi differenti, senza mai sovrapporsi.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 del D.Lgs. n. 446/1997, avendo la CTR erroneamente ritenuto sussistente una autonoma struttura organizzativa ai fini dell ‘assoggettabilità del contribuente all’Irap .
Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 del D.Lgs. n. 446/1997, avendo la CTR omesso un analitico esame delle spese affrontate del contribuente in riferimento alla specifica attività esercitata.
I suddetti motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto tutti diretti a denunciare la errata sussunzione della fattispecie concreta nella fattispecie astratta regolata dalle norme invocate, sono fondati, nei termini che si espongono.
C on specifico riguardo all’esercizio di arti e professioni in forma societaria, e dunque con riguardo al reddito di lavoro autonomo così prodotto, non vale la presunzione assoluta posta dall’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997, secondo cui «l’attività esercit ata dalle società e dagli enti… costituisce in ogni caso presupposto di imposta». Diversamente dalle società e dagli enti, difatti, che ontologicamente constano del requisito organizzativo, le realtà produttive di reddito autonomo difettano di tale carattere intrinseco, dovendosene accertare la sussistenza caso per caso.
5.1. Nell’analisi del requisito dell’autonoma organizzazione, le S.U. di questa Corte di cassazione hanno dettato chiari principi, affermando che «il requisito previsto dall’art. 2 del d.lgs. 15 settembre 1997, n. 446, il cui accertamento spetta al giudice di
merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’ id quod plerumque accidit , il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive».
5.2. Inoltre, tradizionalmente, si afferma che «in tema di IRAP, anche alla stregua dell’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, l’esistenza di un’autonoma organizzazione, che costituisce il presupposto per l’assoggettamento ad imposizione dei soggetti esercenti arti o professioni indicati dall’art. 49, comma primo, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, esclusi i casi di soggetti inseriti in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse, non dev’essere intesa in senso soggettivo, come auto -organizzazione creata e gestita dal professionista senza vincoli di subordinazione, ma in senso oggettivo, come esistenza di un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui, risultante dall’aggregazione di beni strumentali e/o di lavoro altrui. Essa è riscontrabile ogni qual volta il professionista si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui, o impieghi nell’organizzazione beni strumentali eccedenti, per quantit à̀ o valore, il minimo comunemente ritenuto indispensabile per l’esercizio dell’attività̀ » (Cass., S.U., 10/05/2016, n. 9451).
6. Nel caso di specie, i giudici di appello non si sono conformati a tali principi, pur correttamente richiamati, ed in particolare, pur richiamando: i) non hanno correttamente valorizzato il dato, risultante dall’estratto contributivo che il contribuente, ai fini
dell’autosufficienza , ha allegato al ricorso e di cui ha indicato tempi e modi di produzione nel primo grado di merito, che nell’anno in considerazione i due dipendenti esecutivi del professionista si avvicendarono, e che per un periodo di alcuni mesi la relativa mansione non fu coperta, ii) si sono limitati a valorizzare il dato meramente contabile delle quote di ammortamento esposte in dichiarazione, senza rapportarlo alla specifica attività svolta; iii) hanno tautologicamente affermato che, nel caso di specie, il contribuente non avrebbe assolto all’onere della prova che gli incombeva.
Il quarto motivo, con il quale si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., l’omess a motivazione su un punto decisivo della controversia, è inammissibile, operando il limite della c.d. “doppia conforme” di cui all’art. 348-ter, comma 5, cod. proc. civ., introdotto dall’articolo 54, comma 1, lett. a), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, espressamente eccepito dalla controricorrente e applicabile ratione temporis nel presente giudizio, atteso che l’appello avverso la sentenza di primo grado risulta depositato in data 28/05/2015, non avendo il ricorrente dimostrato che le ragioni di fatto, poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di appello, erano fra loro diverse (ex multis, Cass. n. 26860 del 18/12/2014; Cass. n. 11439 dell’11/05/2018 ; Cass., n. 5947 del 28/02/2023).
I restanti motivi -dal quinto al settimo -con i quali si contesta, in relazione a differenti vizi di legittimità, la regolamentazione delle spese di lite posta in essere dai giudici del merito, risultano assorbiti. 9. In conclusione, accolti i primi tre motivi di ricorso, rigettato il quarto ed assorbiti i restanti, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia affinché, in diversa composizione,
proceda a nuovo e motivato esame nel rispetto dei principi sopra illustrati, nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso, rigetta il quarto e dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 18/02/2025.