LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Autonoma organizzazione IRAP: Cassazione chiarisce

Un professionista, socio di una grande società di consulenza, ha richiesto il rimborso dell’IRAP, sostenendo di non avere una autonoma organizzazione. La Corte di Cassazione ha accolto il suo ricorso, stabilendo che l’inserimento nella struttura organizzativa di terzi, anche in qualità di socio, esclude il presupposto impositivo dell’IRAP, poiché il professionista non è il responsabile di tale organizzazione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Autonoma Organizzazione e IRAP: La Cassazione Esclude i Professionisti Inseriti in Strutture Altrui

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3624 del 2024, ha fornito un chiarimento fondamentale sul concetto di autonoma organizzazione ai fini IRAP. La pronuncia stabilisce che un professionista, pur essendo socio di una società di consulenza, non è tenuto al pagamento dell’imposta se la sua attività è svolta interamente all’interno della struttura organizzativa della società stessa. Questo principio rafforza l’idea che l’assoggettamento all’IRAP dipende dalla titolarità e responsabilità di una struttura produttiva, non dal semplice avvalersene.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un professionista, socio di una nota società di revisione e consulenza, che aveva richiesto all’Amministrazione Finanziaria il rimborso dell’IRAP versata per quattro anni d’imposta. A sostegno della sua istanza, il contribuente affermava di non disporre di una propria autonoma organizzazione. La sua attività professionale di consulente era svolta esclusivamente nell’ambito della più ampia struttura della società di cui era socio, che rappresentava il suo unico committente. Di conseguenza, tutti i suoi redditi professionali derivavano da tale rapporto. Non avendo una propria struttura, né dipendenti, né beni strumentali significativi, riteneva insussistente il presupposto impositivo dell’IRAP.

L’istanza di rimborso veniva respinta tramite il meccanismo del silenzio-rifiuto, e i successivi ricorsi presentati dal professionista venivano rigettati sia dalla Commissione tributaria provinciale che da quella regionale. Quest’ultima, in particolare, aveva erroneamente attribuito rilevanza alla struttura della società committente anziché a quella, di fatto inesistente, del singolo professionista. Contro tale decisione, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione.

Il Requisito dell’Autonoma Organizzazione secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del professionista, ribaltando le decisioni dei giudici di merito. Il fulcro della decisione risiede nella corretta interpretazione del requisito dell’autonoma organizzazione, delineato dalle Sezioni Unite della stessa Corte. Per essere soggetti a IRAP, un lavoratore autonomo deve:

1. Essere il responsabile dell’organizzazione e non essere inserito in strutture organizzative che fanno capo ad altri.
2. Impiegare beni strumentali che eccedano il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività o avvalersi in modo non occasionale del lavoro altrui.

La Corte ha specificato che non è sufficiente che il professionista si avvalga di una struttura organizzata, ma è necessario che tale struttura sia “autonoma”, ovvero faccia capo a lui stesso, non solo a livello operativo ma anche organizzativo e di responsabilità.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il primo motivo di ricorso, centrato sulla violazione dell’art. 2 del d.lgs. 446/1997. I giudici hanno chiarito che, nel caso di specie, era pacifico e non contestato che il contribuente fosse privo di una propria organizzazione e fosse invece stabilmente inserito in quella facente capo a un distinto soggetto giuridico: la società di consulenza.

La Corte ha sottolineato che ciò che rileva ai fini dell’imponibilità IRAP non è il semplice utilizzo di una struttura altrui, ma il fatto di esserne titolare e responsabile. Il professionista, non sostenendo i costi per collaboratori e dipendenti della società, non poteva assumere decisioni sulla gestione del personale, se non quelle strettamente legate ai singoli incarichi. La circostanza che egli detenesse una quota di partecipazione nella società è stata giudicata irrilevante. La titolarità e la responsabilità dell’organizzazione rimanevano in capo alla società, un soggetto giuridico distinto dal contribuente.

Questa interpretazione, conclude la Corte, è coerente con numerosi precedenti giurisprudenziali relativi a professionisti che operano per società di revisione o a medici che lavorano presso cliniche private organizzate da terzi. In tutti questi casi, è stato affermato il principio secondo cui l’esercizio di un’attività professionale nell’ambito di un’organizzazione altrui non realizza il presupposto impositivo dell’IRAP.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha accolto il ricorso originario del contribuente. Ha affermato il seguente principio di diritto: «l’esercizio di un’attività professionale nell’ambito di una organizzazione costituita da una società di cui il professionista è socio (o dipendente), non realizza il presupposto impositivo costituito dall’autonoma organizzazione ai fini dell’IRAP».

La decisione ha importanti implicazioni pratiche: chiarisce che i professionisti che operano come parte integrante di strutture complesse di proprietà altrui, senza avere la responsabilità gestionale ed economica di tale struttura, non sono soggetti a IRAP. Questo vale anche se detengono una partecipazione societaria nell’ente per cui lavorano, poiché la responsabilità organizzativa resta in capo alla società come entità distinta.

Un professionista che lavora per una sola grande società di consulenza di cui è socio deve pagare l’IRAP?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’esercizio di un’attività professionale nell’ambito dell’organizzazione di una società, anche se il professionista ne è socio, non realizza il presupposto dell’autonoma organizzazione necessario per l’applicazione dell’IRAP.

Cosa si intende per ‘autonoma organizzazione’ ai fini IRAP?
Per ‘autonoma organizzazione’ si intende una struttura di cui il contribuente è il responsabile e titolare. Non è sufficiente che il professionista sia inserito in una struttura altrui, ma è necessario che questa faccia capo a lui stesso, sia dal punto di vista operativo che organizzativo.

L’utilizzo di beni e personale di una società committente configura autonoma organizzazione per il professionista?
No. L’avvalersi di una struttura organizzata da altri non è sufficiente per essere soggetti a IRAP. Ciò che rileva è che il professionista sia il titolare e il responsabile di tale organizzazione, sostenendone i costi e assumendone le decisioni gestionali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati