Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 773 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 773 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
IRAP
AVVISO ACCERTAMENTO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8438/2018 R.G. proposto da:
COGNOME, rappresentato e difeso dagli Avv. NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato all’indirizzo pec di quest’ultimo EMAIL
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende,
-controricorrente –
avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. FRIULI VENEZIA GIULIA, n. 221/2017, depositata il 4 dicembre 2017 udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16 novembre 2023 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME ricorre nei confronti dell ‘Agenzia delle entrate , che resiste con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe. Con quest’ultima la C.t.r., in parziale riforma della sentenza della C.t.p. di Gorizia, che aveva rigettato il ricorso del contribuente, ha dichiarato l ‘il legittimità parziale dell’ avviso di accertamento impugnato.
L’Ufficio aveva contestato al contribuente, con riferimento all’anno di imposta 2009, sia maggiori componenti positi vi del reddito, derivanti dal corrispettivo percepito per lo svolgimento dell’attività di amministratore o sindaco di società terze, per un importo di euro 170.486,61, sia l’indebita deduzione di spese telefoniche per euro 532,63. Per l’effetto recuperava a tassazione maggiori Irpef ed Irap.
La C.t.r. riteneva illegittima la ripresa a tassazione delle spese telefoniche in quanto rilevava che l’utenza era riferita all’attività professionale; rigettava, invece, l’appello del contribuente quanto alla dedotta non soggezione ad Irap di detti compensi. Compensava integralmente le spese del giudizio di appello.
Avverso detta sentenza propone ricorso il solo contribuente, contestando il capo relativo all’ Irap e quello relativo alle spese
Considerato che:
1 . Con il primo motivo il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., degli artt. 2, 3, 4 ed 8 d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, degli artt. 49 (ora 53) e 47 (ora 50) t.u.i.r.
Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto soggetti ad Irap i compensi percepiti per lo svolgimento dell’attività di amministra tore
o sindaco di società terze -ritenendoli erroneamente conseguiti in presenza di un’autonoma organizzazione -senza aver verificato l’esistenza di quest’ultima , previo scorporo delle diverse categorie dei compensi percepiti.
Con il secondo motivo il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., degli artt. 2, 3, 4 ed 8 d.lgs. 1997, n. 446, degli artt. 49 (ora 53) e 47 (ora 50) t.u.i.r.
Censura la sentenza impugnata per aver eluso gli indicatori offerti al fine di escludere la sussistenza di un’autonoma organizzazione in ordine ai detti compensi.
Con il terzo motivo il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza ex art. 111 Cost., art. 132, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., art. 118 disp. att. cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver reso motivazione apparente ed apodittica quanto all’indagine sulla sussistenza di un’autonoma organizzazione consistente in argomentazioni inidonee a esplicitare le ragioni della decisione.
Con il quart o motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti consistente nella autonoma organizzazione in relazione alla specifica attività di amministratore e sindaco di società terze.
Assume, in particolare, che la C.t.r. non ha tenuto conto di quanto specificamente allegato in ordine alle spese ed allo sfasamento temporale tra queste ultime e la percezione dei compensi per attività diversa da quella di amministratore e sindaco.
Con il quinto motivo il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza ex
art. 112, cod. proc. civ., per omessa pronuncia in ordine al secondo motivo di appello con il quale, a propria volta, aveva denunciato che la C.t.p. non si era pronunciata sulla censura relativa alla violazione degli artt. 2697, 2727, 2729 cod. civ., 42 d.P.R n. 600 del 1973, art. 3 legge 241 del 1990 ed art. 7 legge 212 del 2000.
Assume che in primo grado aveva contestato la nullità dell’avviso di accertamento in quanto privo della sottoscrizione del capo dell’Ufficio titolare o degli estremi della delega. Precisa che, stante l’omessa pronuncia sul punto da parte della C.t.p., aveva riproposto la medesima censura in appello; che, ciononostante, la C.tr. aveva omesso qualsiasi pronuncia.
Con una seconda censura deduce che, a prescindere dal vizio di omessa pronuncia, dalla disposizione di servizio depositata dall’ufficio in primo grado emergeva l’illegittimità o inesistenza dell’avviso di accertamento in quanto non conteneva indicazione delle esigenze che avevano indotto alla delega; del le motivazioni di quest’ultima; del termine di validità. Aggiunge che la delega avrebbe dovuto essere allegata all’atto impositivo.
Con il sesto motivo il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 15 d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, per non avere la C.t.r. provveduto a nuovo regolamento delle spese, nonostante l’accoglimento parziale.
Con il settimo motivo il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza ex art. 112, cod. proc. civ., per omessa pronuncia in ordine al quinto motivo di appello relativo alle spese.
Osserva che con il quinto motivo di appello aveva censurato la sentenza impugnata nella parte in cui lo aveva condannato alle spese,
pur sussistendo i presupposti per una totale compensazione; che, ciononostante la C.tr. aveva omesso qualsiasi pronuncia.
Con l’ottavo motivo il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 15 d.lgs. n. 546 del 1992, per aver rigettato il quarto motivo di appello con il quale si era contestato il capo della sentenza di primo grado con il quale la C.t.p. aveva liquidato le spese in favore dell’Agenzia delle entrate .
Assume che l’art. 15 cit. prevede che le spese potessero essere liquidate solo in favore del Ministero delle Finanze e dell’Ente locale, restando quindi esclusa l’Agenzia delle entrate.
Il quinto motivo va esaminato in via preliminare, in quanto con il medesimo si fa valere in primo luogo l’ error in procedendo commesso dalla C.t.r. per non aver esaminato uno dei motivi di appello al cui accoglimento sarebbe conseguita la nullità/inesistenza del l’atto impositivo.
Il motivo è infondato con riferimento ad entrambe le censure.
9.1. Il ricorrente denuncia in primo luogo un vizio di omessa pronuncia.
Questa Corte ha chiarito che, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia, non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione (cfr. ex plurimis Cass. 29/01/2021, n. 2151; Cass. 02/04/2020, n. 7662; Cass. 30/01/2020, n. 2153). E’ stato , quindi, ritenuto che « Non ricorre il vizio di omessa pronuncia di una sentenza di appello quando, pur non essendovi un’espressa statuizione da parte
del giudice in ordine ad un motivo di impugnazione, tuttavia la decisione adottata comporti necessariamente la reiezione di tale motivo, dovendosi ritenere che tale vizio sussista solo nel caso in cui sia stata completamente omessa una decisione su di un punto che si palesi indispensabile per la soluzione del caso concreto» (Cass. 04/06/2019, n. 1525).
Si è, altresì, precisato che il vizio di omessa pronuncia differisce dal vizio di omessa motivazione Il primo, infatti, implica la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto mentre il secondo presuppone l’esame della questione oggetto di doglianza da parte del giudice di merito, seppure se ne lamenti la soluzione in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificazione (Cass. 05/03/2021, n. 6150)
9.2. Nel caso di specie, la C.t.r. ha esaminato nel merito le riprese a tassazione di cui all’atto impositivo sicché deve ritenersi che sul vizio derivante dalla mancanza o invalidità della delega, ha reso piuttosto, rigetto implicito.
9.3. Quanto alla dedotta violazione di legge, il motivo è infondato. Questa Corte ha chiarito che la delega per la sottoscrizione dell’avviso di accertamento conferita dal dirigente ex art. 42, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973, è una delega di firma e non di funzioni poiché realizza un mero decentramento burocratico senza rilevanza esterna, restando l’atto firmato dal delegato imputabile all’organo delegante. Il delegato alla firma non esercita, infatti, in modo autonomo e con assunzione di responsabilità i poteri inerenti alle competenze amministrative riservate al delegante, ma agisce semplicemente come longa manus -e dunque in qualità di mero sostituto materiale -del soggetto persona fisica titolare dell’organo cui è attribuita la competenza. (Cass. 19/04/2019, N. 11013). Ne deriva che il relativo provvedimento non richiede l’esplicitazione delle ragioni, relative
all’organizzazione interna, che hanno indotto alla delega (cfr. tra le più recenti Cass. 24/08/2023, n. 25232, Cass. 04/05/2023, n. 11699 ).
In questa stessa ottica si è evidenziato che la delega non deve necessariamente contenere l’indicazione né del nominativo del soggetto delegato, né della durata della delega, che pertanto può avvenire mediante ordini di servizio che individuino l’impiegato legittimato alla firma mediante l’indicazione della qualifica rivestita, idonea a consentire, ex post , la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto (Cass. 04/05/2023, n. 11778, Cass. 13/11/2020, n. 25711, Cass. 29/03/2019 n. 8814).
Il principio è stato precisato anche in rapporto all’intervento della Consulta in ordine alla decadenza del firmatario nell’inquadramento nella dirigenza dell’Agenzia delle entrate, affermando che in tema di accertamento tributario, ai sensi dell’art. 42, primo e terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullit à dal capo dell’Ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva, cioè da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validit à di tali atti pu ò conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalit à dell’art. 8, comma 24, d.l. n. 16 del 2012, convertito dalla legge n. 44 del 2012 (cfr. Cass. 11778 del 2023 cit.).
E’ da escludersi, altresì, la nullità dell’avviso di accertamento in ragione della mancata allegazione della delega.
Questa Corte, infatti, ha chiarito che in caso di contestazione specifica da parte del contribuente in ordine ai requisiti di legittimazione del sottoscrittore dell’avviso, incombe sull’A mministrazione fornire la prova della sussistenza dei medesimi. Questa, in caso di contestazione, è tenuta, quindi, con onere della
prova a suo carico, a dimostrare la sussistenza della delega, potendo produrla anche nel secondo grado di giudizio, in quanto la presenza o meno della sottoscrizione dell’avviso di accertamento non attiene alla legittimazione processuale (tra le più recenti Cass. 17/07/2019, n. 19190)
Il primo, il secondo, il terzo ed il quarto motivo, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono fondati, restando assorbiti gli ulteriori.
10.1. Questa Corte, nel caso in cui l’attività del soggetto passivo dell’imposizione venga espletata a favore di un terzo già dotato di una propria struttura organizzativa e debba coordinarsi con quest’ultima ed in particolare con riferimento all’ipotesi del professionista che operi (anche) quale revisore di società -ha chiarito che non è soggetto a imposizione quel segmento di ricavo netto consequenziale a quell’attività specifica, purché risulti possibile, in concreto, lo scorporo delle diverse categorie di compensi conseguiti e la verifica dei presupposti impositivi per ciascuno dei settori interessati (tra le più recenti, Cass. 05/05/2023, n.11924, Cass. 15/11/2021, n. 34176).
10.2. L’art. 3, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 446 del 1997, prevede che sono soggetti passivi dell’imposta le persone fisiche, le società semplici e quelle ad esse equiparate a norma dell’art. 5, comma 3, t.u.i.r. esercenti arti e professioni di cui all’art. 49, comma 1, t.u.i.r. Inoltre, l’art. 8 d.lgs. cit. dispone che «per i soggetti di cui all’art. 3, comma 1, lettera c), la base imponibile è determinata dalla differenza tra l’ammontare dei compensi percepiti e l’ammontare dei costi sostenuti inerenti alla attività esercitata.
Con specifico riferimento all’attività di sindaco (ma anche per l’attività di amministratore o revisore di società) svolta oltre all’esercizio dell’attività ordinaria di commercialista, la Corte ha rilevato che il combinato disposto di tali norme, facendo riferimento, per la
determinazione della base imponibile, alla differenza tra l’ammontare dei compensi percepiti e quello dei costi sostenuti, inerenti alle attività di cui all’art. 49, comma 1, t.u.i.r., senza menzionare quelle di cui al comma 2, lettera a), della medesima disposizione, esclude l’assoggettabilità ad imposizione di quella parte di reddito prodotta in detta qualità senza utilizzare la propria autonoma organizzazione (Cass. 04/07/2019 n. 17987). Pertanto, non realizza il presupposto impositivo l’esercizio dell’attività di sindaco e di componente di organi di amministrazione e controllo di enti di categoria, che avvenga in modo individuale e separato rispetto ad ulteriori attività espletate e senza ricorrere ad un’autonoma organizzazione (cfr. Cass. 29/09/2016, n. 19327, in un caso di associazione professionale). Tale principio, si è aggiunto, resta valido anche dopo le modifiche apportate dall’art. 34 legge 21 novembre 2000 n. 342 che ha introdotto l’art. 50, comma 1, lettera cbis , t.u.i.r, con l’inclusione tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente dei redditi derivanti dalle collaborazioni coordinate e continuative che, in precedenza, erano qualificati come altri redditi di lavoro autonomo dall’art. 49, comma 2, lett. a) t.u.i.r. (Cass. 12/04/2023, n. 9774).
Conseguentemente, per la soggezione all’Irap non è sufficiente che il commercialista normalmente operi presso uno studio professionale, atteso che tale presupposto non integra, di per sé, il requisito dell’autonoma organizzazione rispetto ad un’attività rilevante quale organo di una compagine terza (Cass., 03/07/2017, n. 16372; Cass., 03/03/ 2016, n. 4246; Cass., 02/11/2016, n. 22138).
10.3. Si è precisato, però, che: a) il dottore commercialista che svolga anche attività di sindaco e revisore di società non soggiace ad Irap per il reddito netto di tali attività, in quanto soggetta ad imposizione è unicamente l’eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata, ma va tenuto fermo l’onere del
contribuente di provare la separatezza dei redditi di cui predica lo scorporo (Cass. n. 17987 del 2019 Cass. n. 12052 del 2018); b) non ha diritto al rimborso il dottore commercialista che, in presenza di autonoma organizzazione ed espletando congiuntamente anche gli incarichi connessi di sindaco, amministratore di società e consulente tecnico, svolga sostanzialmente un’attività unitaria, nella quale siano coinvolte conoscenze tecniche direttamente collegate all’esercizio della professione nel suo complesso, allorché non sia possibile scorporare le diverse categorie di compensi eventualmente conseguiti e di verificare l’esistenza dei requisiti impositivi per ciascuno dei settori in esame, per il mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante sul contribuente (Cass. 10/05/ 2019, n. 12495 Cass. 23/01/2017, n. 1712, Cass. 29/09/2016, n. 19327, Cass. 19/03/2014, n.6418, Cass. 05/03/2012, n. 3434).
10.4. Alla luce dei principi citati, la Corte ha espressamente affermato che il libero professionista non è automaticamente escluso dall’imposizione con riferimento all’esercizio dell’attività di titolare di cariche organiche di enti o società commerciali; pertanto, il contribuente, ove presenti domanda di rimborso dell’imposta che assume indebitamente versata, ha l’onere di provare l’assenza del requisito dell’autonoma organizzazione in relazione allo svolgimento di detta attività, chiedendo lo scorporo dei relativi proventi, ed il giudice di merito deve effettuare un valutazione specifica e separata di tale porzione, ben distinta, di attività (Cass. 29/01/2021, n. 2090). Più precisamente, non realizza il presupposto impositivo l’esercizio dell’attività di sindaco e di componente di organi di amministrazione e controllo di enti di categoria che avvenga in modo individuale e separato rispetto ad ulteriori attività espletate e senza ricorrere ad un’autonoma organizzazione (cfr. Cass. 27/10/2023, n. 29866; Cass. 15/11/2021, n. 34176).
10.5. Il giudice di appello ha ritenuto che si fosse in presenza di un’unica posizione fiscale e ha rilevato che il contribuente aveva attribuito le intere spese gestionali al reddito estraneo all’attività di revisore ed amministratore, sebbene relativamente modesto rispetto a quello, particolarmente rilevante, imputabile a detta ultima. Ha dato rilievo al considerevole ammontare dei redditi derivanti dalla attività svolta presso società terze ed al rapporto tra questi ultimi e le spese imputate al reddito per l’attività ulteriore. H a ritenuto, per l’effetto, incoerente la situazione rappresentata dal contribuente, evidenziando che questi non aveva offerto elementi per valutare «l’effettiva esclusione dell’autonoma organizzazione in rapporto al considerevole ammontare dei compensi, in particolare di amministratore, che il ricorrente ha ritenuto di sottrarre all’imposizione Irap» .
Così facendo, tuttavia, la C.t.r. non si è attenuta ai principi sopra esposti, rendendo motivazione non esauriente e non considerando quanto allegato dal contribuente con riferimento al rapporto tra i costi ed i compensi estranei all’attività di amministra tore e sindaco caratterizzato da una sfasamento temporale.
La C.t.r., infatti, avrebbe dovuto verificare la ricorrenza dei presupposti impositivi, e nella specie dell’autonoma organizzazione, non in via complessiva, con riferimento a tutte le attività svolte, ma separatamente, verificandone che sussistesse per ciascuno dei settori in esame.
11. In conclusione, il ricorso va accolto, limitatamente ai motivi primo, secondo, terzo, e quarto, rigettato il quinto, assorbiti il sesto, il settimo e l’ottavo rela tivi alla pronuncia sulle spese; la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di Giustizia di secondo grado del Friuli Venezia Giulia, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo giudizio nel rispetto dei principi esposti, provvedendo anche a liquidare le spese di lite del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Friuli Venezia Giulia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 16 novembre 2023.