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Autodichiarazione aiuti di Stato: prova valida?

Una società richiedeva il rimborso del 90% delle imposte versate a seguito di un sisma. L’Agenzia delle Entrate negava il rimborso, considerandolo un aiuto di Stato illegittimo. La Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale: per il periodo antecedente al 31 maggio 2017 (data di attivazione del Registro Nazionale degli Aiuti di Stato), l’autodichiarazione aiuti di Stato è una prova ammissibile in giudizio per dimostrare il rispetto dei limiti ‘de minimis’. La Corte ha quindi cassato la sentenza d’appello, rinviando il caso per una nuova valutazione basata su questo principio.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Autodichiarazione Aiuti di Stato: La Cassazione ne Ammette la Validità come Prova

In un contesto normativo in continua evoluzione come quello fiscale e degli aiuti europei, la prova del rispetto dei requisiti di legge può diventare un percorso a ostacoli per le imprese. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 34530/2024, ha fornito un chiarimento cruciale sull’ammissibilità dell’autodichiarazione aiuti di Stato come strumento probatorio nei processi tributari, specialmente per i periodi precedenti all’istituzione del Registro Nazionale degli Aiuti di Stato. La decisione apre importanti prospettive per i contribuenti che richiedono agevolazioni fiscali.

I Fatti del Caso

Una società con sede in un’area della Sicilia colpita da un evento sismico nel 1990 aveva richiesto il rimborso del 90% delle imposte pagate per gli anni fiscali 1990, 1991 e 1992, sulla base di una normativa emergenziale. Inizialmente, il giudice di primo grado aveva accolto la richiesta, riconoscendo il diritto dell’azienda al rimborso.

Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale aveva ribaltato la decisione, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle Entrate. Secondo il giudice d’appello, l’agevolazione costituiva un aiuto di Stato e, in quanto tale, non era applicabile ai soggetti che svolgevano attività d’impresa, configurandosi come un aiuto illegittimo e incompatibile con il mercato interno.

Contro questa sentenza, la società ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo di rientrare nei limiti previsti dalla normativa europea sugli aiuti cosiddetti “de minimis” e di averlo provato tramite un’autocertificazione.

La Questione Giuridica sull’Autodichiarazione Aiuti di Stato

Il cuore della controversia verteva su un punto di diritto processuale di grande rilevanza: può un’autodichiarazione del contribuente essere considerata una prova sufficiente, in un giudizio tributario, per dimostrare di non aver superato la soglia degli aiuti “de minimis” in un determinato triennio?

Generalmente, l’autocertificazione ha un’efficacia probatoria limitata nei procedimenti giurisdizionali. Tuttavia, il caso in esame presentava una particolarità: la normativa sugli aiuti di Stato e gli obblighi di registrazione sono cambiati nel tempo (ius superveniens), rendendo difficile per il contribuente fornire una prova diversa per fatti risalenti a un periodo in cui non esisteva un registro centralizzato.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società, stabilendo dei principi di diritto di notevole importanza pratica. I giudici hanno chiarito che, sebbene l’autodichiarazione non abbia di norma valore di prova piena in giudizio, esistono delle deroghe specifiche.

La Corte ha affermato che, per il periodo antecedente al 31 maggio 2017 – data in cui è diventato pienamente operativo il Registro Nazionale degli Aiuti di Stato – l’autodichiarazione aiuti di Stato rappresenta una forma probatoria consentita. Questa deroga è giustificata dalla necessità di permettere al contribuente di dimostrare un fatto negativo (cioè, non aver ricevuto altri aiuti oltre la soglia) in un’epoca in cui non esistevano strumenti di registrazione centralizzati. La stessa normativa europea (Reg. UE/1407/13) prevedeva l’autodichiarazione come un rimedio temporaneo in attesa dell’istituzione dei registri nazionali.

La Corte ha inoltre precisato il triennio di riferimento per la verifica del superamento della soglia “de minimis”. Poiché la legge che ha concesso il beneficio (L. n. 289/2002) è entrata in vigore il 1° gennaio 2003, il triennio da considerare per l’autocertificazione è quello 2001-2003.

Di conseguenza, un’autodichiarazione resa ai sensi del D.P.R. 445/2000, con assunzione di responsabilità penale per dichiarazioni mendaci, può e deve essere ammessa nel processo tributario di merito per provare il rispetto dei limiti previsti.

Le Conclusioni

Con la sentenza n. 34530/2024, la Corte di Cassazione ha cassato la decisione della Commissione Tributaria Regionale e ha rinviato la causa a un nuovo giudice di secondo grado. Quest’ultimo dovrà riesaminare il caso attenendosi ai principi stabiliti, verificando in concreto se e quale autodichiarazione sia stata prodotta dalla società contribuente.

Questa pronuncia rappresenta una vittoria per la certezza del diritto e per la tutela del contribuente. Si riconosce che, in assenza di strumenti ufficiali di verifica per periodi passati, l’autodichiarazione aiuti di Stato diventa l’unico mezzo ragionevole a disposizione dell’impresa per esercitare un proprio diritto, bilanciando l’onere della prova con il principio di effettività della tutela giurisdizionale.

È possibile usare un’autodichiarazione per provare il rispetto dei limiti ‘de minimis’ per gli aiuti di Stato in un processo tributario?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che per il periodo antecedente al 31 maggio 2017 (data di entrata in funzione del Registro Nazionale degli Aiuti di Stato), l’autodichiarazione è una forma di prova eccezionalmente ammessa per dimostrare il rispetto della disciplina ‘de minimis’.

Qual è il periodo di riferimento da considerare per l’autodichiarazione degli aiuti di Stato nel caso specifico del sisma in Sicilia del 1990?
La Corte ha chiarito che il triennio di riferimento per l’autocertificazione deve essere individuato nel periodo 2001-2003. Questo perché la norma che ha riconosciuto il beneficio (L. n. 289/2002) è entrata in vigore il 1° gennaio 2003, e il calcolo va fatto considerando l’anno di concessione del beneficio e i due esercizi precedenti.

Perché la Corte di Cassazione ha ammesso l’autodichiarazione come prova in questo caso, nonostante la regola generale che ne limita l’efficacia in giudizio?
La Corte ha ammesso l’autodichiarazione in deroga al regime generale perché la stessa normativa europea la prevedeva come rimedio temporaneo prima dell’istituzione dei registri nazionali. Inoltre, si tratta di provare un fatto negativo (non aver ricevuto altri aiuti) per un periodo passato, per il quale non esistono altri strumenti di prova oggettivi, a causa delle modifiche normative intervenute nel tempo (ius superveniens).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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