Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7759 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7759 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31494/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore. elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
CONTRO
COGNOME e COGNOME, rappresentati e difesi per procura in calce alla memoria di costituzione, dall’Avv.NOME COGNOME che ha indicato indirizzo p.e.c.
-resistenti – avverso SENTENZA di C.T.R. della Sicilia, sez. staccata di Siracusa n. 6166/2020, depositata il 10/11/2020
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della C.T.R. della Sicilia, che ha accolto l’appello di NOME COGNOME contro la sentenza della C.T.P. di Siracusa con cui era stato rigettato il ricorso del contribuente avverso il silenzio- rifiuto sull’istanza di rimborso -richiesto ex art. 1 comma 665 l. 190/2014- del 90% delle imposte IRPEF ed ILOR corrisposte per gli anni 1990, 1991, 1992, ammontanti complessivamente ad euro 42.602,36.
La C.T.R. ha ritenuto non incompatibile il rimborso con il Regolamento UE/1407/2013 e con la decisione della Commissione UE 2015/5549, e sussistente la prova dei presupposti fondanti la domanda formulata da NOME COGNOME dando atto di accogliere l’appello da questi proposto, rigettando quello formulato da NOME COGNOME per non avere quest’ultima effettivamente avanzato istanza di rimborso.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno depositato in data 3 gennaio 2025 memoria, dopo la data di trattazione della causa in camera di consiglio in data 12 dicembre 2024, con cui chiedono dichiararsi inammissibile il ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’Agenzia delle Entrate formula tre motivi di ricorso.
Con il primo deduce, ex art. 360, comma 1 nn. 3 e 4 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 comma 665 l. 190/2014 e successive modifiche, nonché degli artt. 18,19,22 e 27 d.lgs 546/1992. Sostiene che la C.T.R. erra laddove non dichiara l’inammissibilità del ricorso introduttivo del primo grado di giudizio, non essendo stata data la prova del versamento delle imposte di cui si chiede il rimborso, né quella della presentazione dell’istanza di rimborso, essendo stata prodotta solo la copia della ricevuta dell’istanza di rimborso . Rileva che si
tratta di eccezioni rilevabili anche d’ufficio, in considerazione dell’inesistenza di un atto impugnabile, ai sensi dell’art. 19, comma 1 lett. g) d.lgs 564/1992 e mancando il deposito di detto atto, nonché dei documenti posti a fondamento della pretesa, incombente sul contribuente, attore sostanziale, la prova del diritto fatto valere. Ricorda che la giurisprudenza di legittimità ha affermato che la contestazione inerente al mancato assolvimento dell’onere probatorio, non è eccezione in senso stretto o proprio, ma mera difesa che può essere sollevata in ogni stato e grado del processo.
Con il secondo motivo fa valere, ex art. 360, comma 1 nn. 3 e 4 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c.. Assume che laddove il ricorrente non produca documentazione attestante l’avvenuto pagamento delle imposte di cui si chiede il rimborso, non trova applicazione il principio di non contestazione.
Con il terzo motivo si duole, ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. della violazione e falsa applicazione degli artt. 107 e 108 del TUFE e dei principi stabiliti dalla Commissione Europea con la decisione 2016/195 (2015/5549). Osserva che il contribuente nel triennio 1990-1992 era titolare di redditi da lavoro autonomo e, pertanto, egli non rientra fra i soggetti beneficiari del diritto al rimborso, ai sensi dell’art. 1, comma 665 l. 90/2014. Ricorda che la decisione della Commissione Europea del 14 agosto 2015 (2015/5549) ha qualificato l’agevolazione de qua come aiuto di Stato, come tale vietato, seppure con le deroghe previste dal Regolamento Europeo n 1407/2013, in tema di aiuti individuali, sicché il giudice di merito avrebbe dovuto indagare la sussistenza materiale dei presupposti ivi rappresentati, anche in relazione alla prova del mancato superamento della soglia di aiuti c.d. de minimis , rispetto al quale non può valere l’autodichiarazione del contribuente.
Deve, preliminarmente, dichiararsi l’inammissibilità della memoria depositata da NOME COGNOME dopo la trattazione della causa in camera di consiglio. Invero, come già chiarito da questa Corte ‘Nel giudizio di cassazione è inammissibile una “memoria di costituzione” depositata dalla parte intimata dopo la scadenza del termine di cui all’art. 370 c.p.c. e non notificata al ricorrente (così da non potersi qualificare come controricorso, seppur tardivo), atteso che non è sufficiente il mero deposito perché l’atto possa svolgere la sua funzione di strumento di attivazione del contraddittorio rispetto alla parte ricorrente, la quale, solo avendone acquisito legale conoscenza, è in condizioni di presentare le sue osservazioni nelle forme previste dall’art. 378 c.p.c.’ (Cass. Sez. U., 10/04/2019, n. 10019).
Il primo motivo è inammissibile.
Pur avendo questa Corte più volte chiarito che ‘La contestazione da parte del convenuto dei presupposti di fatto e di diritto sui quali è basata la pretesa dell’attore, nella quale deve ritenersi compresa anche la contestazione della valenza probatoria degli elementi di prova documentale prodotti dall’attore per dimostrarne la sussistenza, non costituisce una eccezione (né in senso stretto né in senso lato), ma rientra fra le mere difese. Ne consegue che non è vietato dedurre nel giudizio di appello l’inidoneità probatoria della documentazione esibita dalla controparte – e già acquisita al giudizio – a fondamento del diritto azionato del quale sia stata ritualmente eccepita in primo grado l’insussistenza degli elementi costitutivi. (Cass. Sez. L., 09/01/2002, n. 176; Cass. Sez. U., 08/01/1997, n. 89; più di recente Cass. Sez. 3, 06/05/2020, n. 8525), vi è che, nel caso di specie la sentenza impugnata ha deciso nel merito, non rilevando alcuna decadenza della parte dal diritto di proporre eccezioni, ma ritenendo assolto dalla parte contribuente l’onere sulla medesima incombente.
Il secondo motivo è del pari inammissibile.
La doglianza relativa alla violazione della regola sulla ripartizione dell’onere probatorio di cui all’art. 2697 cod. civ. , invero, non pare confrontarsi adeguatamente con la sentenza impugnata. La C.T.R., infatti, lungi dal prescindere dal canone onus probandi incumbit ei qui dicit, afferma che ‘la documentazione depositata in giudizio di primo grado dagli appellati -insieme alle risultanze dell’anagrafe tributaria ed al fatto che dinanzi alla CTP l’Agenzia delle Entrate non ha formulato rilievo alcunocostituisce idonea prova’ dell’effettuazione dei versamenti di cui il contribuente (inizialmente insieme a NOME) chiede il rimborso.
Si tratta, dunque, di una valutazione delle prove offerte -al di là della constatazione della non contestazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, da ritenersi non fondante la decisione in punto effettività dei versamenti, stante il tenore della motivazione- sottratta al controllo del giudice di legittimità, cui non competono apprezzamenti di fatto.
Il terzo motivo -premesso che contrariamente a quanto dedotto in ricorso nel caso in esame, come risulta dalla sentenza impugnata è stato chiesto il rimborso di IRPEF e ILOR e non anche di IVA- non è fondato.
Le questioni poste dalla doglianza, da un lato involgono la legittimità degli aiuti Stato (sotto forma di agevolazioni fiscali) di cui l’art. 9, comma 17, della l. n. 289 del 2002, in favore di soggetti esercitanti attività di impresa, dall’altro, il soddisfacimento delle condizioni previste dal Regolamento UE/1407/2013 sugli aiuti c.d. de minimis e della prova del mancato superamento di quella soglia, a mezzo di autodichiarazione del contribuente.
Sotto il primo profilo, è sufficiente richiamare la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale ‘In tema di
agevolazioni tributarie, l’art. 9, comma 17, della l. n. 289 del 2002, recante benefici fiscali in favore delle vittime del sisma del 1990 in Sicilia, non è applicabile ai contribuenti che svolgono attività d’impresa, costituendo un aiuto di stato illegittimo, ai sensi dell’art. 108, par. 3, del TFUE, come stabilito dalla decisione della Commissione (UE) 2015/5549 del 14 agosto 2015, secondo cui gli aiuti individuali già concessi prima della data di avvio della decisione e dell’ingiunzione di sospensione sono compatibili con il mercato interno se, in virtù della deroga prevista dall’art. 107, par. 2, lett. b) del TFUE, sussiste un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dall’impresa in seguito alla calamità naturale e l’aiuto di Stato concesso, dovendosi evitare i casi di sovracompensazione rispetto ai danni subiti, dovuta al cumulo di aiuti, oppure se i benefici risultino in linea con il regolamento de minimis applicabile. (da ultimo e per tutte: Cass. Sez. 5, 10/01/2025, n. 644).
Ne consegue che, per valutare la legittimità del rimborso delle somme versate a titolo di imposta, è indispensabile la verifica della prova del mancato superamento della soglia di cui al Regolamento supra citato.
Viene, dunque, in rilievo il secondo profilo introdotto con il motivo di ricorso, che costituisce il nodo centrale del quesito posto alla Corte, relativo al valore dell’autodichiarazione del contr ibuente in materia di aiuti di Stato.
L’argomento è stato oggetto di una recentissima decisione di questa Sezione (Cass. Sez. 5 Sentenza del 10/07/2024 n. 34530) che ha, innanzitutto, ricordato che ‘l’efficacia probatoria dell’autodichiarazione del contribuente è esclusa dal principio secondo cui l’autocertificazione ha attitudine certificativa e probatoria esclusivamente in alcune procedure amministrative, essendo invece priva di efficacia in sede giurisdizionale, e ciò tanto più nel contenzioso tributario,
nel quale l’efficacia dell’autodichiarazione del contribuente trova uno specifico ed insuperabile ostacolo nell’art. 7, comma 4, del d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto finirebbe per introdurre in esso – eludendo il divieto di giuramento – un mezzo di prova non solo equipollente a quello vietato, ma anche costituito al di fuori del processo (Cass. Sez. 5 n. 18374/2019; n. 32568/2019; n. 33052/2019; Cass. Sez. 5., n. 26314/2023, ma già Cass. Sez. 3, n. 4556/2014, ove si è affermato che ‘la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, così come l’autocertificazione in genere, ha attitudine certificativa e probatoria solo nei rapporti con la P.A. e non in sede giurisdizionale’). Tale linea argomentativa non può essere superata facendo riferimento a pur comprensibili esigenze equitative in ragione di chi ha visto mutare il quadro normativo di riferimento nel corso del giudizio e non abbia altro mezzo per provare il fatto negativo, peraltro risalente oltre il dovere di conservazione delle scritture contabili’
Ciò premesso la Corte ha, tuttavia, osservato che ‘la prova per autocertificazione in materia di aiuti di Stato è espressamente prevista dall’art. 6.§2 del regolamento UE/1407/13, seppure come rimedio temporaneo in attesa dell’istituzione del registro nazionale per gli aiuti di Stato, operativo dal maggio 2017, donde può essere ammessa l’autodichiarazione di parte contribuente, in deroga al regime istruttorio generale nel processo tributario. Più precisamente, l’art. 10 del d.m. 31/05/2017 n. 115, recante la disciplina di funzionamento del Registro nazionale aiuti di Stato, istituito presso il Ministero dello Sviluppo Economico ai sensi dell’art. 52 della l. 234/2012, prevede che la particolare procedura di registrazione degli aiuti di Stato ‘si applica a tutti gli aiuti individuali di cui al comma 1 i cui presupposti per la fruizione si verificano a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente regolamento e, relativamente agli aiuti fiscali, a quelli i
cui presupposti per la fruizione si verificano dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017′. Ne consegue che nel periodo precedente all’entrata in funzione del Registro nazionale per gli aiuti di Stato, l’autodichiarazione è forma probatoria consentita per dimostrare un fatto negativo, cioè non aver superato i limiti quantitativi e temporali degli aiuti di Stato purché siano indifferenti alla concorrenza, cioè restino appunto de minimis . In assenza di specifiche formalità indicate dal prefato regolamento comunitario, tale dichiarazione -impegnando il regime fiscale del contribuente- può essere resa anche in momento successivo alla domanda di rimborso con le forme del d.P.R. n. 445/2000, sotto la propria responsabilità penale per dichiarazioni mendaci rese alla Pubblica amministrazione e può trovare ingresso nel processo tributario. Ed infatti, nel caso di specie, questa deroga al regime probatorio avviene in forza di norma speciale di derivazione comunitari, successiva alla norma generale (d.lgs. n. 546/1992) che vieta l’ingresso dell’autocertificazione nel processo tributario, come peraltro avvenuto già in altri casi, proprio in attuazione di disposizioni puntuali e specifiche: si pensi alla convenzione Italia -Giappone sulle doppie imposizioni (resa esecutiva con l. n. 855/1972), laddove la norma speciale precedente non è stata scalfita dalla generale successiva, secondo la disposizione di cui all’art. 14 delle disp. prel. cod. civ.; più precisamente, infatti, si è stabilito che in tema di autocertificazione, l’art. 3, comma 3, del d.P.R. n. 445 del 2000 consente l’utilizzazione delle dichiarazioni sostitutive di cui agli art. 46 e 47 anche a soggetti estranei a Paesi dell’Unione nei casi in cui la produzione avvenga in applicazione di convenzioni fra l’Italia e il Paese di provenienza del dichiarante, sicché tali autocertificazioni, allegate a domande di rimborso in applicazione di Convenzioni con il nostro Paese (nella specie, Convenzione contro le doppie
imposizioni Italia – Giappone del 20 marzo 1969, ratificata e resa esecutiva con l. n. 855 del 1972), hanno attitudine certificativa e probatoria (cfr. Cass. Sez.6-5, n. 3244/2016, conforme Cass. Sez. 5, n. 24287/2019). Altresì, giova ricordare che a presidio di indebiti vantaggi mediante dichiarazioni false o mendaci si erge il disposto dell’art. 316 ter del codice penale, laddove integra e completa la disciplina di cui all’art. 640 bis dello stesso codice, dedicato alla truffa ai danni dello Stato o dell’Unione Europea, estendendo la copertura penale ben oltre la falsa dichiarazione, punendo il conseguimento di indebiti vantaggi da erogazioni pubbliche. Tutto questo distingue sufficientemente l’autocertificazione di cui qui si tratta dalla prova scritta di provenienza del contribuente (assimilabile al giuramento) vietata dal più volte citato articolo 7, comma quarto, del d.lgs. n. 546/1992 e dimostra la sua coerenza con il sistema eurounitario. Infine, deve considerarsi che l’autocertificazione con assunzione di responsabilità penale è modalità e disposizione di chiusura del sistema, poiché diversamente opinando non vi sarebbe altra possibilità per provare il fatto negativo di non aver superato -nel triennio di competenza- il limite de minimis degli aiuti di Stato, specie quando sia richiesto in un momento successivo al termine di conservazione delle scritture contabili, com’è il caso in esame.’ (così Cass. Sez. 5 Sentenza del 10/07/2024 n. 34530).
Da queste premesse la decisione fin qui riportata ha ricavato, per quanto qui interessa, i seguenti principi di diritto:
-In tema di rimborso di imposta previsto dalla disciplina speciale connessa al RAGIONE_SOCIALE, con riguardo al limite degli aiuti di Stato, fino alla piena funzionalità del registro centrale degli aiuti di Stato di cui all’art. 6.§2 del regolamento UE/1407/13 e dell’art. 52 l. n 234/2012, da individuarsi al 31 maggio 2017, momento di entrata in vigore del regolamento sul
funzionamento del prefato registro, (d.m. 31/05/2017, n. 115), in deroga alle disposizioni processuali nazionali, è ammessa la prova del rispetto della disciplina de minimis mediante autodichiarazione del contribuente.’
-‘In tema di rimborso di imposta previsto dalla disciplina speciale connessa al Sisma Sicilia 1990, l’autodichiarazione eccezionalmente ammessa per il periodo antecedente al 31 maggio 2017, momento di entrata in funzione del registro centrale degli aiuti di Stato di cui all’art 6.§2 del regolamento UE/1407/13 e dell’art. 52 l. n. 234/2012, deve riguardare il momento in cui è beneficio è stato accordato, a prescindere da quando sia stato percepito, cioè l’anno di imposta 2003 (poiché il 1° gennaio 2003 è entrata in vigore la l. n. 289/2002 che all’art. 9, comma 17, regolava nel 10% il regime di imposta dovuto per gli anni 1990-1992) e i due esercizi precedenti donde il triennio di riferimento per l’autocertificazione va individuato nel 20012003’.
Da siffatto orientamento -ampiamente argomentato ed integralmente condivisibilequesto Collegio non ritiene di doversi discostare.
Ne discende che la decisione della C.T.R., la quale ha riconosciuto la sussistenza dei presupposti di fatto per l’applicabilità del Regolamento UE/1407/2013, sulla base dell’autodichiarazione presentata dal contribuente, così accertando il mancato superamento della soglia limite fissata dalla norma unionale, non merita di essere censurata.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
Nulla sulle spese, non essendo stata esplicata valida attività difensiva.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.