Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2042 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2042 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/01/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 8227 -20 24 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, per procura speciale in atti , dall’avv. NOME COGNOME (pec: EMAIL;
– ricorrente e controricorrente incidentale –
contro
RAGIONE_SOCIALE , C.F. P_IVA, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura
Oggetto:
ACCISA – energia
elettrica
–
autoconsumo
Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 813/02/2024 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della SICILIA, Sezione staccata di MESSINA, depositata in data 31/01/2024;
udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 10/10/2024 dal Cons. NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso principale e di quello incidentale;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato dello Stato dott. ssa NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento di quello incidentale.
FATTI DI CAUSA
Con processo verbale di constatazione del 10 gennaio 2018 e con quello ‘di integrazione in autotutela’ del 10 febbraio 2018, l’Ufficio doganale di Milazzo accertava che la RAGIONE_SOCIALE, titolare di tre licenze per la gestione di una ‘Officina di acquisto e produzione di energia elettrica’, tra cui quella, che qui rileva, per ‘uso proprio’, negli anni dal 2013 al 2017 aveva effettuato la fornitura di energia elettrica alle numerose ditte operanti nelle ‘aree di cantiere’ all’interno dello stabilimento della predetta RAGIONE_SOCIALE e legate a quest’ultima da contratti di appalto per la prestazione di molteplici servizi in favore della stessa, omettendo di denunciare la cessione dei quantitativi di energia elettrica fornita.
1.1. Sulla scorta delle risultanze del suddetto p.v.c., che aveva anche stimato i quantitativi di energia elettrica ceduta, l’Agenzia delle dogane, sul presupposto che le forniture di energia elettrica nei confronti di ditte diverse dalla RAGIONE_SOCIALE costituisse cessione ‘a scopo commerciale’, emetteva nei confronti della predetta società
un avviso di pagamento per gli anni di imposta dal 2012 (secondo semestre) al 2017 (primo semestre), un atto di irrogazione delle sanzioni nonché due atti di contestazione.
Tali atti venivano impugnati dinanzi alla CTP (ora Corte di giustizia tributaria di primo grado) di Messina che, riuniti i ricorsi, con sentenza n. 1322/2019, li accoglieva condannando l’Ufficio al pagamento delle spese processuali.
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, Sezione staccata di Messina, con la sentenza impugnata, in parziale accoglimento dell’appello dell’Ufficio , confermava gli atti impositivi limitatamente agli anni dal 2013 al 2017, salvo che per le pretese relative all’anno 2012, che dichiarava prescritte, e rigettava l’appello incidentale proposto dalla società contribuente in relazione alla liquidazione delle spese processuali in misura inferiore ai minimi tabellari.
3.1. Sostenevano i giudici di appello:
che la licenza fiscale rilasciata alla RAGIONE_SOCIALE per la gestione di una ‘Officina di acquisto e produzione di energia per uso proprio’, stante il chiaro tenore letterale della stessa, consente alla RAGIONE_SOCIALE l’esercizio dell’officina elettrica per consumi necessari alle proprie esigenze, ma non anche per la cessione dell’energia elettrica a terzi consumatori finali, in relazione agli usi cui sarà destinata presso questi ultimi, anche se legati all’esercente da liberi rapporti contrattuali;
che nel caso di specie difettava la prova che le attività svolte dalle ditte che operavano all’interno degli spazi di pertinenza della RAGIONE_SOCIALE e che utilizzava no l’energia elettrica da quest’ultima fornita, fossero in qualche modo collegate e/o funzionalmente strumentali a quelle della RAGIONE_SOCIALE stessa e ciò anche con riguardo a quelle attività, quali l’illuminazione dei campi sportivi e le attività di preparazione pasti, mancando qualunque collegamento con quelle
proprie della RAGIONE_SOCIALE la quale, pur essendo gravata dal relativo onere probatorio, non è stata in grado di provare che si trattasse di attività destinate ai dipendenti della stessa;
che, infatti, ciò che accomunava nel caso in esame tutti i consumatori non era un’unità produttiva unica, come preteso dalla società appellata, bensì solo il fatto logistico di operare nella medesima area produttiva per scopi e finalità del tutto diversificate.
che, nella vicenda in esame, in cui si era realizzata una cessione di energia elettrica a favore di terzi con una soggettività giuridica autonoma, difettavano i presupposti per poter considerare la RAGIONE_SOCIALE Milazzo una cd. ‘Unità di Consumo’ secondo la definizione contenuta nella delibera n. 894/2017/R/EEL del 21.12.2017 dell’Autorità per l’energia elettrica con la conseguenza che doveva concludersi per lo svolgimento di un’attività di commercio di energia elettrica posta in essere dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti delle ditte che operava no all’interno dell’area di pertinenza di essa, non assumendo rilevanza, una volta accertata l’effettiva somministrazione di energia elettrica a terzi, soggetti distinti dalla RAGIONE_SOCIALE, il tipo di contratto (di comodato gratuito o di appalto) che legava le parti, e ciò a prescindere dal pagamento o meno del bene ceduto;
che era fondata l’eccezione di prescrizione sollevata dalla raffineria con riguardo alle accise del secondo semestre 2012 «trovando applicazione nel caso l’art. 57, 3° comma, del d. lgs. n. 504/1995, il quale dispone che il termine di prescrizione per il recupero dell’imposta è di cinque anni dalla data in cui è avvenuto il consumo. Tale disposizione ricalca sostanzialmente l’art. 15, comma 1, TUA, nella versione applicabile ratione temporis».
Avverso la sentenza d’appello la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, variamente articolati, cui replica l’ Agenzia delle entrate intimata con controricorso e ricorso
incidentale affidato ad un unico motivo, cui a sua volta replica con controricorso la società ricorrente.
Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa NOME COGNOME ha depositato memoria conclusionale chiedendo il rigetto sia del ricorso principale che di quello incidentale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo articolato motivo di ricorso principale la società ricorrente deduce, la «violazione dell’art. 115 c.p.c., dell’art. 7, comma 5 bis, d. lgs. n. 546/1992 e dell’art. 2697 cod. civ. in rapporto all’art. 360, comma primo, n. 4 e 3, c.p.c.», nonché «violazione e/o falsa applicazione degli articoli 52 e seguenti del d.lgs. n. 504/1995 (Testo Unico Accise) in rapporto all’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c. ed infine «violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1470 e seguenti cod. civ. e 155 9 e seguenti cod. civ. in rapporto all’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c.».
1.1. Sostiene la società ricorrente che «La sentenza impugnata deve ritenersi errata sia nella parte in cui ha ritenuto che la cessione di energia elettrica a titolo gratuito da parte della RAGIONE_SOCIALE Milazzo a proprie Ditte appaltatrici, che svolgono all’interno del relativo stabilimento lavori e/o servizi funzionalmente ed esclusivamente inerenti il ciclo produttivo della committente, fosse rilevante ai fini del T.U. accise, sia nella parte in cui non ha ritenuto sussistenti i presupposti per l’applicazione della disciplina della c.d. ‘ Unità di consumo ‘ come da Deliberazione 21 dicembre 2017 n. 894/2017/R/EEL dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e i l sistema idrico, nonostante non fosse contestato né che le predette Imprese appaltatrici svolgessero per conto della stessa RAGIONE_SOCIALE lavori e/o servizi strumentalmente, funzionalmente ed esclusivamente inerenti il ciclo produttivo della committente, né la gratuità della fornitura di energia elettrica».
Con riferimento alla censura incentrata sulla violazione degli artt. 115 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., la ricorrente principale sostiene che i giudici di appello non avevano rilevato che l’Agenzia delle dogane non aveva contestato nelle controdeduzioni di primo grado ( in parte qua trascritti nel ricorso) le circostanze di fatto da essa società analiticamente dedotte nel primo articolato motivo d ell’originario ricorso proposto davanti alla CTP di Messina (integralmente riprodotto nel ricorso, in ossequio al principio di specificità) da cui emergeva, peraltro conformemente a quanto già affermato negli atti impositivi impugnati, che le ditte appaltatrici della RAGIONE_SOCIALE, presenti all’interno dell’area di cantiere, svolgevano lavori e servizi «per conto» della stessa, strumentalmente e funzionalmente connessi al ciclo produttivo di essa appaltante, e che la fornitura di energia elettrica era stata effettuata a titolo gratuito, sicché non sussisteva alcuna ‘vendita’ o ‘somministrazione’ fiscalmente rilevante ai fini delle accise.
2.1. Lamenta, pertanto, il malgoverno fatto dai giudici di appello del principio di non contestazione di cui all’art. 115 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ. in tema di prova dei fatti dedotti in giudizio, che aveva adeguatamente assolto, in particolare attraverso le dichiarazioni acquisite in sede di processo verbale di constatazione da tredici delle ditte appaltatrici (dichiarazione riprodotta a pag. 20 del ricorso).
Con riferimento alla censura incentrata sulla violazione degli artt. 1470 e seg. cod. civ. e 1559 e segg. cod. civ., la ricorrente, richiamato « l’art. 53, primo comma, T.U. accise, secondo cui sono obbligati al pagamento dell’accisa sull’energia elettrica i <>, e, quindi, evidentemente i venditori», sostiene che «Solo la cessione onerosa a terzi di energia elettrica è invero rilevante ai fini del Testo Unico Accise che considera ‘ fabbricanti ai fini della
imposizione ‘ gli acquirenti dell’energia elettrica che l’acquistano ‘ per farne rivendita ‘ e che ‘ procedono alla fatturazione dell’energia elettrica ai consumatori finali ‘ (cfr. vecchia ed attuale formulazione dell’art. 53 T.U.A. sul punto)», mentre nel caso di specie è la stessa Agenzia doganale ad aver accertato che la RAGIONE_SOCIALE non aveva mai emesso fattura alle ditte appaltatrici in relazione all’energia elettrica che le stesse utilizzavano.
3.1. I giudici di appello avevano, pertanto, violato le disposizioni censurate, posto che « Sia l’art. 1470 cod. civ. in materia di contratto di vendita e sia l’art. 1559 cod. civ. in materia di somministrazione caratterizzano del resto tali contratti come onerosi, prevedendo a carico, rispettivamente, dell’acquirente e del beneficiario della somministrazione, sempre, il pagamento di un prezzo mentre nel caso di specie la fornitura di energia elettrica, per come riconosciuto dalla stessa Agenzia avversaria, è utilizzata gratuitamente dalle suddette Ditte appaltatrici della RAGIONE_SOCIALE giacché essa è evidentemente utilizzata nell’interesse di quest’ultima quale committente di lavori e/o servizi».
4. Con riferimento alla censura incentrata sulla violazione degli artt. 52 e seg. del d.lgs. n. 504/1995 (Testo Unico Accise), sostiene che i giudici di appello avevano erroneamente ritenuto insussistenti « i presupposti per potere considerare la RAGIONE_SOCIALE Milazzo una cd. ‘Unità di Consumo’ secondo la definizione contenuta nella delibera n. 894/2017/R/EEL del 21.12.2017 dell’Autorità per l’energia elettrica », avendo attribuito rilievo alla mera soggettività giuridica delle ditte appaltatrici (ovviamente diversa da quella della raffineria committente) e non invece, come avrebbe dovuto fare, alla qualità dell’attività svolta all’interno dello stabilimento, che le risultanze processuali attestavano essere strettamente funzionali all’attività della committente, non potendo le ditte appaltatrici espletare
all’interno del complesso immobiliare della RAGIONE_SOCIALE una propria autonoma attività.
Le censure proposte dalla società ricorrente nel primo articolato motivo di ricorso rendono preliminarmente necessario riferire delle risultanze del processo verbale di constatazione prodotto in allegato al ricorso.
5.1. In esso i verificatori dichiarano di aver accertato:
-che la ‘centrale elettrica’ della RAGIONE_SOCIALE ha come attività principale quella di produttore di energia elettrica ‘per uso proprio’ e come attività secondaria quella di acquirente di energia elettrica ‘per uso proprio’ e che, pertanto, la stessa è sogge tto obbligato al pagamento dell’accisa;
-che all’interno dello stabilimento di proprietà della RAGIONE_SOCIALE sono collocate delle ‘aree di cantiere’ suddivise in lotti assegnati direttamente con contratto di appalto a varie ditte, in cui risultavano ubicati uffici logistici, magazzini e/o stabilimenti operativi di tali ditte, «soggetti giuridici autonomi, che prestano dei servizi ‘molteplici e vari’ per la raffineria»;
che nei contratti di appalto risultava prevista (precisamente all’art. 4) la fornitura a titolo gratuito di energia elettrica a carico della RAGIONE_SOCIALE committente per il fabbisogno energetico delle ditte appaltatrici, tramite allacciamento alla rete di quest’ultima senza misurazione o contabilizzazione delle forniture a mezzo di contatori dedicati;
che ciò, costituendo attività di rivendita, rientrava nella fattispecie di ‘produzione di energia elettrica a scopo commerciale’, con la conseguenza che la RAGIONE_SOCIALE doveva considerarsi sostituto d’imposta;
che la RAGIONE_SOCIALE aveva, invece, presentato le dichiarazioni di consumo senza alcuna distinzione tra consumi propri e quelli
effettuati a scopo commerciale, questi ultimi assoggettati ad un regime fiscale diverso rispetto ai primi.
Ciò precisato, ancora in via preliminare va effettuata una ricognizione delle disposizioni del d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico accise – TUA) applicabili alla fattispecie in esame ratione temporis , comunque successive alle modifiche apportate al predetto decreto, a far data dal 01/06/2007, dal d.lgs. 2 febbraio 2007, n. 26, di attuazione della direttiva n. 2003/96/CE del 27 ottobre 2003, che ha ristrutturato il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità, precisandosi, al riguardo che le disposizioni che qui vengono in rilievo non hanno subito modifiche rilevanti ad opera del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, conv. con modif. nella legge 26 aprile 2012, n. 44.
6.1. L’art. 52 TUA, per le parti qui di interesse, dispone:
al comma 1, che «l’energia elettrica (codice NC 2716) è sottoposta ad accisa, con l’applicazione delle aliquote di cui all’allegato I, al momento della fornitura ai consumatori finali ovvero al momento del consumo per l’energia elettrica prodotta per uso proprio»;
al comma 2, che «Non è sottoposta ad accisa l’energia elettrica: a) prodotta con impianti azionati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa vigente in materia, con potenza non superiore a 20 kW;
al comma 3, che «E’ esente dall’accisa l’energia elettrica: b) prodotta con impianti azionati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa vigente in materia, con potenza disponibile superiore a 20 kW, consumata dalle imprese di autoproduzione in locali e luoghi diversi dalle abitazioni».
6.2. L ‘art. 53, comma 1, lett. b) , TUA dispone che obbligati al pagamento dell’accisa sono, tra gli altri, «gli esercenti le officine di
produzione di energia elettrica utilizzata per uso proprio», purché non esclusi dal pagamento dell’imposta ai sensi dell’art. 52 TUA.
6.4. Ai sensi dell’art. 54 TUA, l ‘officina di produzione è «costituita dal complesso degli apparati di produzione, accumulazione, trasformazione e distribuzione dell’energia elettrica esercitati da una medesima ditta, anche quando gli apparati di accumulazione, trasformazione e distribuzione sono collocati in luoghi distinti da quelli in cui si trovano gli apparati di produzione, pur se ubicati in comuni diversi» (comma 1).
6.5. I soggetti obbligati al pagamento delle accise e, in particolare, gli esercenti officine di produzione di energia elettrica utilizzata per uso proprio, «hanno l’obbligo di denunciare preventivamente la propria attività all’Ufficio dell’Agenzia delle dogane competente per territorio e di dichiarare ogni variazione (…)» (art. 53, comma 4, TUA). A seguito della denuncia, l’Ufficio competente, verificata la sussistenza di tutte le condizioni previste dalla legge ed effettuati i necessari controlli, rilascia alle officine di produzione di energia elettrica una licenza di esercizio (art. 53, comma 7, TUA) e queste ultime sono tenute a presentare, entro il mese di marzo dell’anno successivo a quello cui la dichiarazione si riferisce, «una dichiarazione di consumo annuale, contenente, (…), tutti gli elementi necessari per l’accertamento del debito d’imposta relativo ad ogni mese solare, nonché l’energia elettrica prodotta, prelevata o immessa nella rete di trasmissione o distribuzione» (art. 53, commi 8 e 9, TUA).
6.6. Ai sensi dell’art. 55, comma 1, TUA, l’accertamento e la liquidazione dell’accisa sono effettuati proprio sulla base della menzionata dichiarazione di consumo annuale, mentre «il termine di prescrizione per il recupero dell’imposta è di cinque anni dalla data in cui è avvenuto il consumo», salva la sussistenza di fatti illeciti (art. 57, comma 2, TUA).
6.7. Pertanto, fermi restando i principi generali in materia, in base ai quali presupposto e fatto generatore dell’imposta in esame, che è di fabbricazione dell’energia elettrica, è l’attività di produzione della stessa, mentre la sua immissione al consumo costituisce condizione di esigibilità (in tal senso, tra le tante, Cass. n. 10684/2020 e Cass. n. 15976/2021), dalla lettura coordinata delle superiori disposizioni si evince che gli esercenti delle officine di produzione di energia elettrica per uso proprio, oltre a dover denunciare preventivamente la propria attività, ottenere il rilascio di una licenza di esercizio e depositare annualmente una dichiarazione di consumo, sono soggetti comunque obbligati al pagamento delle accise da cui, però, sono esentati, ai sensi dell’art. 52 , comma 3, TUA, in presenza delle seguenti concorrenti condizioni: a) che la produzione avvenga con impianti azionati da fonti rinnovabili; b) che detti impianti abbiano una potenza disponibile superiore a 20 kw; c) che l’energia autoprodotta venga anche autoconsumata per usi differenti da quello abitativo.
6.8. Trattasi di interpretazione costantemente fornita da questa Corte di legittimità che, seppure in fattispecie di cessione di energia elettrica da parte di società cooperative o consortili costituite per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, ha affermato che, come tutte le officine di produzione di energia elettrica utilizzata per uso proprio, dette società sono obbligate al pagamento del tributo, a norma dell’art. 53, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 504 del 1995, mentre ne sono esentate, ai sensi dell’art. 52, comma 3, lett. b), dello stesso decreto (nel testo applicabile ratione temporis, sostituito dall’art. 1, comma 1, lett. m, del d.lgs. n. 26 del 2007) solamente a condizione che l’energia, oltre che autoprodotta con impianti aventi potenza disponibile superiore a 20 KW, sia anche autoconsumata in locali e luoghi diversi dalle abitazioni, con la conseguenza che le suddette società beneficiano dell’esenzione limitatamente all’energia
prodotta e consumata in proprio e non anche per quella prodotta ma ceduta ai singoli consorziati. In buona sostanza, l’applicabilità del regime di esenzione è strettamente connessa al presupposto che l’energia elettrica prodotta con impianti azionati da fonte rinnovabile sia consumata da imprese di autoproduzione, sicché, ove le stesse non consumino l’energia per sé, in autoconsumo, ma la cedano a terzi, si è al di fuori del campo di applicazione della previsione normativa in esame (Cass. n. 791 del 09/01/2024, Rv. 670179 -01; conforme a Cass. n. 26142 del 16/10/2019, Rv. 655537 -01; Cass. n. 33592 del 18/12/2019, Rv. 656396 -01; Cass. n. 18863 dell’11 settembre 2020; Cass. n. 25143 del 23/08/2023, Rv. 669073 -01).
Ritiene il Collegio che la fattispecie come quella in esame configuri un utilizzo per uso proprio (cd. autoconsumo) dell’energia elettrica prodotta dalla società ricorrente, con conseguente esenzione della stessa dal pagamento delle accise ex art. 52, comma 3, lett. b) , TUA. Invero, nel caso di specie è pacifico tra le parti che le ditte che utilizzavano l’energia elettrica prodotta dalla RAGIONE_SOCIALE , operavano «nelle ‘aree di cantiere’ all’interno della stessa RAGIONE_SOCIALE , dove sono ubicati diversi uffici logistici e magazzini e/o stabilimenti operativi» (sentenza, pag. 3) in forza di contratti aventi ad oggetto la prestazione di molteplici servizi in favore della predetta società produttrice, per soddisfare i fab bisogni di quest’ultima , e che prevedevano l’utilizzo dell’energia elettrica prodotta , ma senza cessione e conseguente fatturazione della stessa. In buona sostanza, il consumo di energia elettrica, effettuato da soggetti diversi dalla società autoproduttrice, se è destinato a soddisfare esclusivamente le necessità di quest’ultim a, avvenendo addirittura all’interno dello stabilimento della stessa, costituisce consumo per uso proprio (cd. autoconsumo) esente dall’assoggettamento all’accisa .
7.1. Non può, quindi, ritenersi configurata una cessione a terzi di energia elettrica, soggetto al pagamento di accisa, nell’ipotesi,
come quella in esame, in cui l’energia autoprodotta venga utilizzata da soggetti diversi dall’autoproduttore ma per far fronte esclusivamente ai fabbisogni energetici di quest’ultimo , di qualunque tipo essi siano, purché differenti da quello abitativo, non essendo richiesto dalla sopra citata disposizione esentativa che il consumo per uso proprio di energia elettrica autoprodotta venga effettuato direttamente dal produttore, piuttosto che per il tramite di altri soggetti, così come non è richiesto che tale consumo sia finalizzato a soddisfare uno specifico e ben determinato fabbisogno dell’autoprodutt ore (purché, come detto, non inerisca a necessità abitative).
In sintesi, il primo motivo di ricorso va accolto con conseguente assorbimento degli altri motivi con cui la ricorrente ha introdotto, con il secondo motivo, questioni relative alle modalità di determinazione dei consumi sottoposti ad accisa e, con il terzo, il difetto di pronuncia e, comunque, di motivazione sulla domanda di inapplicabilità delle sanzioni per obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito applicativo delle disposizioni fiscali.
Più precisamente, con il secondo motivo la ricorrente deduce la «violazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 cod. civ. in rapporto all’art. 360, comma primo, n. 3 e 4, c.p.c. sotto altro aspetto. violazione dell’art. 61 c.p.c. in rapporto all’art. 360, comma primo, n. 4 e 5, c.p.c. violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 4, del d. lgs. n. 546/1992 in rapporto all’art. 360, comma primo, n. 4 e 5», sostenendo che «La sentenza impugnata deve ritenersi errata nella parte in cui in merito ai consumi di energia elettrica computati sono state considerate come pienamente probanti, e non già solo come indizi, mere stime presuntive provenienti dalle suddette terze Ditte appaltatrici e dalla stessa Amministrazione impositrice, nonostante la produzione in atti di perizia tecnica di parte della
RAGIONE_SOCIALE che ne confutava e contestava il contenuto e senza nemmeno disporre al riguardo alcuna consulenza tecnica d’ufficio» .
Con il terzo motivo deduce la «violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c., dell’art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. 31/12/1992 n. 546 e dell’art. 111, comma 6, della Costituzione per difetto assoluto di motivazione o motivazione apparente, sempre in rapporto all’art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c. violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia in rapporto all’art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c.», sostenendo che «La sentenza impugnata deve ritenersi errata nella parte in cui ha omesso di motivare in merito a motivo, sollevato in via subordinata, riguardante l’eventuale applicazione, sotto l’aspetto sanzionatorio, del secondo comma dell’art. 6 del D. Lgs. n. 472/1997 e s.m.i.».
E’, altresì, assorbito il ricorso incidentale proposto dall’Agenzia delle dogane che nell’unico motivo deduce la violazione degli artt. 15 del d.lgs. 504 del 1995 e 20 del d.lgs. n. 472 del 1997 censurando la statuizione d’appello di accoglimento dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla RAGIONE_SOCIALE con riguardo alle accise del secondo semestre 2012.
11.1. Infatti, anche tale questione, come quelle poste nel secondo e terzo motivo del ricorso principale, è all’evidenza subordinata alla pregiudiziale, ed appunto assorbente, valutazione di fondatezza – nella specie esclusa – delle pretese creditorie correlate.
Rileva, infine, il Collegio che non essendovi ulteriori accertamenti di fatto da compiere, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 , secondo comma, ultima parte, cod. proc. civ., con accoglimento dell’originario ricorso della società contribuente e conseguente annullamento degli atti impositivi impugnati, nonché con condanna della controricorrente, in applicazione del principio della soccombenza, al pagamento delle
spese del presente giudizio di legittimità, nella misura liquidata in dispositivo, mentre vanno compensate le spese dei gradi di merito.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri e il motivo di ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della società contribuente. Condanna l’Agenzia controricorrente al p agamento in favore della ricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro, 10.700,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15 per cento dei compensi e agli accessori di legge. Compensa le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma in data 10 ottobre 2024