Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13301 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13301 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3328/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) e rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. della CALABRIA n. 1157/2020 depositata il 17/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
la Commissione Tributaria Regionale della Calabria, con la sentenza n. 1157/2/2020, depositata il 17/06/2020 e non notificata, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, (già RAGIONE_SOCIALE) avverso l’ ingiunzione TARSU/TIA 2007 emessa dal Comune di Pizzo;
1.1. i giudici di appello, valutate le risultanze della sentenza n. 3108/2017 del Consiglio di Stato che aveva annullato le delibere del Comune di Pizzo il quale aveva aumentato le tariffe TARSU per gli anni 2008/2009 ed applicate anche per gli anni successivi, nel rilevare che tale pronunzia aveva efficacia erga omnes indipendentemente dalla partecipazione della società al giudizio amministrativo e che le delibere dell’ente impositore erano invalide, accoglievano il ricorso ritenendo viziato l’atto impositivo;
contro
detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, il Comune di Pizzo cui ha resistito, con controricorso, la società RAGIONE_SOCIALE la quale, nel chiedere il rigetto del ricorso, ha rilevato che nelle more la pretesa impositiva era stata in parte ridotta dall’ente impositore, in ragione del riconosciuto carattere stagionale dell’attività espletata;
la società controricorrente, con memoria ex art. 378 cod. proc. civ., ha, quindi, eccepito il giudicato sopravvenuto a seguito del rinvio disposto con la sentenza n. 19199/2022 della Corte di Cassazione, precisando che con sentenza della C.T.R. n. 2011/2023 depositata il 13/07/2023, e passata in giudicato, era stata rideterminata la pretesa tributaria del Comune di Pizzo avanzata con l’avviso di accertamento TARSU n.1/S/2011, avente ad oggetto l’accertamento della maggior superficie tassabile per gli ann i 2006 2007 – 2008 – 2009 -2010, a cui veniva applicata, d’ufficio, la riduzione di un terzo della tariffa per la stagionalità dell’attività svolta
da RAGIONE_SOCIALE, come segue ‘ … Così come richiesto nella sentenza emessa dai giudici della Corte di cassazione, i quali chiedevano di rideterminare le modalità di determinazione del carico tributario per le annualità 2008 e 2009, questo Collegio, preso atto dell’illegittimità delle tariffe adottate per le annualità 2008 e 2009, per nullità delle delibere istitutive, ritiene congruo che vengano applicate per le annualità 2008 e 2009 le tariffe in essere per l’annualità 2007′. Stante il carattere vincolante del giudicato sugli elementi della fattispecie impositiva, quale la stagionalità dell’attività svolta per l’anno 2007, riconosciuta anche dall’ ente impositore nell’anno 2019, come evidenziato nel controricorso, ha evidenziato che il ricorso del Comune RAGIONE_SOCIALE Pizzo doveva essere rigettato con conferma della sentenza di secondo grado;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo il Comune ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza in relazione all’art. 132, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ. per difetto di motivazione lamentando che erano rimaste ‘del tutto oscure’ le ragioni in virtù delle quali i giudici della C.T.R. avevano annullato l’atto impugnato (avente ad oggetto la TARSU per l’anno di imposta 2007), non comprendendosi se tale decisione conseguiva alla verifica della legittimità delle delibere comunali con cui erano state fissate le tariffe TARSU (peraltro, non individuate) alla luce della sentenza del Consiglio di Stato n. 3108/2017 (che aveva annullato le delibere TARSU per gli anni 2008 e 2009) e, quindi, alla loro disapplicazione, ovvero ad altro motivo;
2. con il secondo motivo lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza in relazione all’art. 112 cod. proc. civ., per violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato, osservando che, diversamente da quanto esposto in sentenza, la società RAGIONE_SOCIALE non aveva mai chiesto (né in primo grado, né in appello) la
sospensione del giudizio ex art. 295 cod. proc. civ. in attesa della decisione del Consiglio di Stato in merito alla legittimità delle delibere del Comune di Pizzo per le tariffe Tarsu per gli anni 2008 e successivi, né aveva mai prospettato la questione della illegittimità delle delibere comunali concernenti le tariffe Tarsu sotto alcun profilo, né, infine, ne aveva mai chiesto la disapplicazione;
3. con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., erroneità della sentenza impugnata per violazione del disposto di cui all’art. 7, comma 5, d.lgs. 546/1992 rilevando che, in assenza di eccezione di illegittimità e di istanza di disapplicazione delle delibere comunali con cui erano state fissate le tariffe TARSU per l’ anno 2007, la C.T.R. non poteva annullare l’ingiunzione di pagamento TARSU per il 2007;
4. con il quarto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 erroneità della sentenza impugnata per violazione del disposto di cui all’art.19, comma 3, del d.lgs. n. 546/92 rilevando che l’atto impugnato era finalizzato alla riscossione di un credito già accertato, per cui l’eventuale illegittimità della delibera comunale sulla cui base era stata, a monte, determinata la tariffa Tarsu non costituiva “vizio proprio” che poteva essere legittimamente rilevato, neanche se richiesto, dal giudice tributario;
5. con il quinto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. erroneità della sentenza impugnata per violazione del disposto di cui all’art.69, comma 1, del d.lgs. n. 507/93 per avere la C.T.R. erroneamente annullato in toto l’atto impugnato senza provvedere a rideterminare il tributo applicando, come dovuto, la tariffa Tarsu vigente in precedenza;
6. con il sesto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., erroneità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 91 cod. proc. in quanto previa riforma della sentenza impugnata, le spese di lite dovevano essere poste a carico
della società resistente;
7. deve preliminarmente darsi atto dell’ordinanza con cui questa Corte (Cass., Sez. 5, 14 giugno 2022, n. 19199), nel definire il giudizio avente ad oggetto l’avviso di accertamento, notificato dal Comune in data 11/10/2011, relativo alla TARSU annualità dal 2006 al 2011, in considerazione dell’intervenuta sentenza del Consiglio di Stato, che ha annullato le delibere del Comune relative alle tariffe Tarsu per gli anni 2008 e 2009, ha cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per la rideterminazione della tariffa relativa alle annualità 2008 e 2009, precisando che «se il regime tariffario viene annullato dal giudice amministrativo, il giudice tributario, preso atto dell’effetto vincolante della decisione, non può limitarsi al mero annullamento dell’avviso, ma deve individuare ed applicare la disciplina tariffaria che regola il rapporto tributario, atteso che il contribuente non è liberato dall’obbligo di pagamento per il servizio di raccolta dei rifiuti, continuando, invece, a trovare applicazione, ai sensi dell’art. 69, comma primo, ultimo periodo, del d.lgs. n. 507 cit., la tariffa precedentemente vigente». All’esito dell’ordinanza della Suprema Corte, e della pronuncia del giudice di rinvio (sentenza n. 2011 del 2023) ormai pacificamente passata in giudicato, l’ente impositore ricorrente non ha più interesse al presente contenzioso, atteso che l’annullamento dell’atto impositivo tributario (anno 2007), che assurga ad atto presupposto del tributo (nella specie, avviso di accertamento), si riverbera, con un effetto analogo a quello espansivo esterno di cui all’art. 336 cod. proc. civ., sull’atto conseguenziale (nella specie, ingiunzione di pagamento), che è automaticamente caducato, essendo venuto meno l’atto su cui si fondava. Più precisamente l’annullamento dell’avviso di accertamento integra una invalidità ad efficacia caducante, in considerazione del legame ontologico di derivazione logica tra l’atto impositivo, che individua e cristallizza la pretesa tributaria, e tutti gli
atti di riscossione o di mero sollecito del pagamento, che hanno, rispetto al primo, una funzione strumentale ed accessoria, sicché, venuto meno l’atto impositivo, essi perdono il proprio fondamento (in questo senso v. Cass., Sez. 5, 13 gennaio 2017, per cui in tema di contenzioso tributario l’esito favorevole del giudizio promosso dal contribuente avverso l’atto impositivo presupposto integra un fatto estintivo della pretesa tributaria necessariamente destinato a ripercuotersi sull’iscrizione a ruolo, che resta priva di titolo, e sulla cartella di pagamento, che viene a mancare dell’obbligazione: ciò anche qualora su tali atti dipendenti sia intervenuto, in senso sfavorevole al contribuente, il giudicato, travolto in virtù dell’effetto espansivo esterno di cui all’art. 336 c.p.c.; Cass., Sez. 5, 30 novembre 2023, n. 33425, secondo cui, in tema di contenzioso tributario, dopo la formazione del giudicato sull’annullamento dell’avviso di liquidazione emanato nei confronti del contribuente, anche la conseguente cartella di pagamento per gli interessi maturati durante la sospensione dell’esecuzione – in separato giudizio – della ulteriore cartella di pagamento per le imposte principali emanata nei confronti di un terzo obbligato per le stesse imposte principali, sebbene emessa in via provvisoria, avendo natura strettamente accessoria, non può che perdere efficacia quale titolo idoneo a legittimare l’inizio o la prosecuzione di un’azione di riscossione provvisoria per la totalità degli importi in essa indicati, che non trovano più rispondenza nell’originaria pretesa ormai annullata, in coerenza con il paradigma tipico – per gli atti e i provvedimenti amministrativi – dell’invalidità derivata ad efficacia caducante fattispecie in tema di trust liquidatorio istituito per il soddisfacimento graduato dei creditori del disponente);
7.2. in definitiva, l’ingiunzione di pagamento in esame riguardante l’anno 2007 è caducata, in conseguenza dell’ordinanza della Suprema Corte (Cass., Sez. 5, 14 giugno 2022, n. 29230) e della successiva sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo
grado della Calabria n. 2011 del 2023 riguardanti anche l’annualità in questione, con conseguente cessazione della materia del contendere;
in conclusione, il ricorso è da ritenere inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse. Le spese devono essere integralmente compensate, tenuto conto dell’esito complessivo della lite, legato ad un fatto sopravvenuto;
8.1. la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso, essendo giustificata dalla cessazione dell’interesse alla decisione della controversia, sopravvenuta rispetto all’epoca di proposizione del ricorso, non comporta l’applicazione dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che è applicabile esclusivamente all’ipotesi in cui il giudizio di legittimità si concluda con il rigetto dell’impugnazione ovvero con la dichiarazione dell’inammissibilità originaria della stessa (Cass., Sez. U., 14/12/2020, n. 28383).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
Spese compensate.
Così deciso in Roma, il 14/03/2024.