Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25727 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25727 Anno 2025
AVV_NOTAIO: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/09/2025
CARTELLA DI PAGAMENTO -IRES CONSOLIDATO INTERESSI 2007.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14060/2018 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIOti NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al controricorso,
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 9533/2017, depositata il 7 novembre 2017; nonché sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO in virtù di procura speciale in calce al ricorso,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-controricorrente – avverso il provvedimento di diniego della definizione agevolata della controversia ex art. 6 d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, conv. dalla l. 17 dicembre 2018, n. 136, notificato il 10 giugno 2020, n. 54422/2020 prot.;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 17 giugno 2025 dal consigliere relatore AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– Rilevato che:
1. COGNOME NOME impugnava, dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, la cartella di pagamento n. 071-2015-0000596378/004, avente ad oggetto gli interessi dovuti sulla maggiore IRES accertata per l’anno 200 7, per l’importo complessivo di € 54.075,38.
Tale cartella era stata emessa a seguito della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 3550 /49/2014, depositata l’8 aprile 2014 e divenuta definitiva in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, emesso a carico della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in qualità di RAGIONE_SOCIALE consolidante/RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE consolidata RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE. Per l’anno d’imposta in questione, la RAGIONE_SOCIALE (consolidante) aveva esercitato l’opzione per il consolidato fiscale ex art. 117 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE (consolidata), per cui era stato notificato alla RAGIONE_SOCIALE il predetto avviso di accertamento per IRES 2007, in qualità di RAGIONE_SOCIALE/consolidante, a seguito di rettifica operata sul reddito della RAGIONE_SOCIALE consolidata RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE. A seguito del ricorso tributario proposto dalla RAGIONE_SOCIALEconsolidante RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di accertamento in questione, l’Ufficio aveva proceduto, a titolo di riscossione frazionata in pendenza di giudizio, ad effettuare una serie di iscrizioni a ruolo, tra cui quella impugnata.
Nel ricorso, il sig. COGNOME di avere ricoperto la carica di amministratore della RAGIONE_SOCIALE sino alla data del 25 marzo 2010 e, successivamente, dal 26 settembre 2011 al 18 dicembre 2014, nonché, nel contempo, la carica di presidente del C.d.A. della RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE interamente controllata dalla RAGIONE_SOCIALE; il contribuente deduceva quindi l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo e della cartella impugnata, di cui chiedeva l’annullam ento per: 1) omessa notifica dell’atto presupposto, in quanto l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO/2011 non gli era stato notificato; 2) omessa motivazione dell’atto; 3) insussistenza della responsabilità solidale del ricorrente; 4) insussistenza della responsabilità per le sanzioni tributarie.
La Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, con sentenza n. 26806/2015, depositata il 2 dicembre 2015, rigettava il ricorso.
Interposto gravame dal contribuente, la Commissione Tributaria Regionale della Campania, con sentenza n. 9533/2017, pronunciata il 24 ottobre 2017 e depositata in segreteria il 7 novembre 2017, accoglieva l’appello e, in riforma della sentenza di primo grado, annullava la cartella impugnata, compensando le spese di RAGIONE_SOCIALEmbi i gradi di giudizio.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE, sulla base di tre motivi (ricorso notificato il 4 maggio 2018).
Resiste con controricorso COGNOME NOME.
Nelle more del presente giudizio di legittimità, COGNOME NOME presentava istanza di definizione agevolata ex art. 6 d.l. n. 119/2018, conv. dalla legge n. 136/2018, che tuttavia veniva rigettata dall’Ufficio con provvedimento n. 54422/2020 prot., notificato dall’RAGIONE_SOCIALE in data 10 giugno 2020.
Avverso tale diniego il contribuente ha proposto ricorso ex art. 6, comma 12, d.l. n. 119/2018, conv. dalla legge n. 136/2018, sulla base di un unico motivo.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
Con decreto del 14 marzo 2025 è stata fissata la discussione del ricorso dinanzi a questa sezione per l ‘adunanza in camera di consiglio del 17 giugno 2025, ai sensi degli artt. 375, comma 2, e 380bis .1 c.p.c.
– Considerato che:
Il ricorso in esame, come si è detto, è affidato a tre motivi.
1.1 . Con il primo motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c., per non avere tenuto conto, la C.T.R., RAGIONE_SOCIALE sue precedenti sentenze n. 5560/46/2014 e n. 5563/46/2014, depositate il 3 giugno 2014, vertenti su questioni identiche relative ad altre cartelle di pagamento, e nelle quali erano state rigettate le prospettazioni formulate dal COGNOME, con riferimento all’esclusione della propria responsabilità solidale per le obbligazioni sociali della RAGIONE_SOCIALE, ed alla inidoneità della notifica dell’accertamento ‘madre’ alla RAGIONE_SOCIALE a costituire presupposto per l’emanazione RAGIONE_SOCIALE cartelle di pagamento anche nei confronti del ricorrente.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 40 -bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e dell’art. 127 del d.P.R. n. 917/1986 , in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c., per avere, la RAGIONE_SOCIALE.T.R., ritenuto che l’omessa notifica del prodromico accertamento alla persona fisica coobbligata solidale con la RAGIONE_SOCIALE avrebbe comportato la nullità della successiva cartella notificata a quest’ultima, posto che l’unico obbligo dell’RAGIONE_SOCIALE era quello di notificare l’avviso di accertamento alla RAGIONE_SOCIALE consolidata ed alla RAGIONE_SOCIALE consolidante.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso parte ricorrente deduce l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 5), c.p.c.
Rileva, in particolare, che, a prescindere dalla formale carica rivestita al momento della notifica dell’avviso di accertamento
presupposto, il COGNOME aveva comunque avuto cognizione dello stesso accertamento, avendo partecipato ai successivi giudizi, peraltro conclusi sfavorevolmente, e tale circostanza era stata completamente elisa dalla C.T.R.
Con il ricorso proposto da COGNOME NOME ex art. 6, comma 12, d.l. n. 119/2018, conv. dalla legge n. 136/2018, il contribuente eccepisce l’illegittimità del diniego opposto dalla domanda di definizione agevolata, deducendo -sulla base di un unico motivo -violazione e falsa applicazione dell’art. 6 cit., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c., in quanto la cartella di pagamento impugnata era da considerare un ‘atto impositivo’, trattandosi del primo e unico atto attraverso il quale la pretesa impositiva veniva estrinsecata nei confronti del ricorrente, e come tale riRAGIONE_SOCIALEva tra le ipotesi di atto condonabile.
Cominciando, per evidenti ragioni di pregiudizialità logicogiuridica, lo scrutinio dei motivi dal ricorso proposto dal contribuente avverso il diniego della definizione agevolata opposto dall’Ufficio, ritiene la Corte che tale ricorso sia fondato.
Ed invero, il diniego è stato motivato sul presupposto che la presente lite non sarebbe definibile, «poiché l’atto oggetto della controversia, la P_IVA.PP_IVA n. P_IVA (2007), non riRAGIONE_SOCIALE tra quelli impositivi ai sensi dell’art. 6 del D.L. n. 119/2018. La cartella reca la partita di ruolo riferita ai soli interessi relativi all’IRES di cui all’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, redatto per l’anno d’imposta 200 7 a carico della RAGIONE_SOCIALE, per la quale il sig. COGNOME è considerato coobbligato. Gli interessi sono correlati al giudizio incardinato dalla RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di
accertamento citato, che la ha vista soccombente peraltro in via definitiva, sia in primo che in secondo grado. Più precisamente, con sentenza n. 71/35/2012, la C.T.P. di Napoli ha revocato la sospensione concessa con ordinanza collegiale e rigettato il ricorso avverso l’avviso di accertamento citato; la sentenza è stata successivamente confermata dalla C.T.R. che, con la sentenza n. 3550/49/14 ha definitivamente concluso in senso favorevole all’Ufficio il contenzioso avverso l’avviso di accertamento».
Sul punto, va innanzitutto precisato che, contrariamente a quanto sostenuto dall’Ufficio, l’atto impugnato, pur essendo rappresentato da una cartella, ha natura di ‘atto impositivo’ ex art. 6, comma 1, d.l. n. 119/2018, conv. dalla legge n. 136/2018, essen do il primo atto con i quale l’ente impositore ha portato a conoscenza del contribuente COGNOME NOME NOME propria pretesa impositiva nei confronti dello stesso contribuente. Al riguardo, secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte, allorquando una cartella di pagamento non è stata preceduta dalla notificazione di un avviso di accertamento (come avviene, ad es., nel caso degli accertamenti automatici ex art. 36bi s d.P.R. n. 600/1973), la cartella riveste anche la natura di ‘atto impositivo’, trattandosi del primo ed unico atto mediante il quale la pretesa fiscale è esercitata nei confronti del contribuente, conseguendone inoltre la sua impugnabilità ex art. 19 del d.P.R. 31 dicembre 1992, n. 546, anche per contestare il merito della pretesa impositiva (Cass., sez. un., 25 giugno 2021, n. 18298; Cass. 27 agosto 2024, n. 23183; Cass. 24 ottobre 2019, n. 27271; Cass. 28 dicembre 2017, n. 31055).
E’ evidente, pertanto, come, nel caso di specie, in cui è pacifico che l’avviso di accertamento RAGIONE_SOCIALE maggiori imposte non è stato notificato al contribuente, quale coobbligato solidale con le RAGIONE_SOCIALE consolidata e consolidante, la cartella di pagamento de bba essere qualificata come ‘atto impositivo’, e quindi rientri tra quelli che possono essere oggetto di definizione agevolata.
Quanto agli altri requisiti previsti dall’art. 6, comma 1, d.l. n. 119/2018, conv. dalla legge n. 136/2018, deve rilevarsi che è irrilevante che la cartella di pagamento impugnata riguardi solo gli interessi, trattandosi comunque di debito iscritto a ruolo, impugnabile nell’àmbito di una controversia attribuita alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’RAGIONE_SOCIALE. Totalmente irrilevante è poi il rilievo, contenuto nel provvedimento di diniego, secondo il quale «la controversia che il COGNOME intende definire non è volta alla sua estromissione dal ruolo, intestato anche ad altri contribuenti, bensì all’annullamento del ruolo e della cartella (…) Nella presente fattispecie, la cartella di pagamento e il ruolo oggetto di impugnazione sono intestati anche ad altri soggetti, sicché il petitum dell’azione del COGNOME è costituito dall’annullamento non di una pretesa a lui notificata per la volta bensì di atti, la cartella ed il ruolo, afferenti anche ad altre posizioni giuridiche soggettive non più definibili in via agevolata». Invero, il fatto che il ruolo riguardi anche altre posizioni non esclude che il sig. COGNOME possa definire quel ruolo con riguardo esclusivo alla sua posizione, e limitatamente al credito per il quale è stata esercitata la pretesa impositiva; del resto, è chiaro che, attraverso l’impugnazione della cartella di pagamento, il
contribuente intenda procedere all’annullamento del ruolo, ma sempre limitatamente alla propria posizione, ragion per cui il rilievo in questione appare, prima che infondato, addirittura incomprensibile.
Ne discende, quindi, che: i ) la controversia è attribuita alla giurisdizione tributaria; ii ) è parte in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE; iii ) l’atto riRAGIONE_SOCIALE tra quelli impugnabili, ed ha natura di atto impositivo; iv ) il ricorso in primo grado è stato notificato alla controparte entro la data di RAGIONE_SOCIALEta in vigore del d.l. n. 119/2018, e cioè entro il 24 ottobre 2018; v ) alla data della presentazione della domanda di definizione agevolata il processo non si era concluso con pronuncia definitiva; vi ) la c ontroversia non concerne risorse proprie della U.E. e l’I.V.A., né il recupero di aiuti di Stato. Ciò determina l’accoglimento del ricorso proposto avverso il diniego di definizione agevolata, avendo il ricorrente versato l’importo del 15% del valore della controversia, ex art. 6, comma 2, lett. b ), d.l. n. 119/2018, conv. dalla legge n. 136/2018.
4 . L’accoglimento del ricorso contro il diniego di definizione agevolata comporta anche che il giudizio principale debba essere dichiarato estinto, per intervenuta definizione della controversia.
Sussistono giustificati motivi per la compensazione integrale tra le parti RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità, stante l’intervenuta definizione in via amministrativa ed in dipendenza della natura RAGIONE_SOCIALE questioni giuridiche esaminate.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso contro il diniego di definizione agevolata e dichiara l’estinzione del giudizio.
Compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 17 giugno 2025.
Il AVV_NOTAIO NOME COGNOME