Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3914 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3914 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18142/2018 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
CONSORZIO DI RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; -controricorrente- nonchè
contro
RAGIONE_SOCIALE SOCIETA’ DI GESTIONE ENTRATE E TRIBUTI; -intimata-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. PUGLIA n. 3751/2017 depositata il 19/12/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 3751/2017 depositata il 19 dicembre 2017, la Commissione tributaria regionale della Puglia ha accolto l’appello proposto dal Consorzio di bonifica Terre D’Apulia avverso la decisione di prime cure che aveva accolto l’impugnazione di un invito al pagamento emesso in relazione ai contributi consortili di bonifica dovuti dalla stessa appellata per l’anno 2012;
1.Il giudice del gravame ha considerato che: .
Il contribuente ricorre avverso detta decisione svolgendo sei motivi; il RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
RAGIONI DI DIRITTO
Con il primo motivo, si espone la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’articolo 7 della legge n. 212 del 2000 nonché dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3), cod.proc.civ., richiamato dall’articolo 62, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992; per avere il giudice d’appello affermata la legittimità dell’atto impositivo, ancorché lo stesso contenesse una mera tabella numerica senza l’indicazione delle ragioni giuridiche sottese al recupero tributario e quindi senza alcun supporto motivazionale a sostegno dell’atto impositivo. Aggiunge il contribuente che l’invito al pagamento non fa menzione delle norme che giustificano la pretesa tributaria del
consorzio di bonifica essendo in esso indicato solo il codice tributo definito come contributo opere irrigue e mancando l’indicazione dei termini e delle modalità di impugnazione in violazione del disposto dell’art. 24 Cost. Ad avviso del ricorrente le mere indicazioni dei dati catastali degli immobili e dei valori numerici che corrispondono alla pretesa economica del consorzio non consentirebbero di ricostruire il ragionamento logico giuridico seguito dall’ente impositore.
Con la seconda censura si denuncia la nullità della sentenza per violazione delle norme rubricate nel primo motivo che dell’articolo 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod.proc.civ. richiamato dall’art. 62, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992; per avere il decidente illegittimamente invertito l’onere di provare la mancata realizzazione delle opere irrigue gravandone il contribuente, obiettando che, al contrario spetta unicamente al consorzio di bonifica, che voglia imporre il contributo, fornire la prova del beneficio conseguito dagli immobili di proprietà del contribuente.
Ad avviso del ricorrente, il consorzio ha integrato illegittimamente, solo nel giudizio di merito, la motivazione dell’atto, deducendo che il beneficio di disponibilità irrigua origina dall’articolo 18 n. 6 della legge regionale 13 Marzo 2012 n. 4, imponendo il pagamento del contributo al mantenimento di tutti i terreni che sono serviti dagli impianti indipendentemente dall’effettivo uso, producendo altresì la delibera commissario commissariale del 17 dicembre 2013 n. 532 dal quale emerge che il nuovo piano di classifica approvato dal commissario straordinario con delibera n. 470 del 17 ottobre 2012, approvato dalla giunta regionale con deliberazione n. 1148 del 18 giugno 2013, che contempla la potestà di applicare il tributo per benefici cui sono tenuti tutti i proprietari di terreni compresi nei distretti irrigui consortili e che hanno la possibilità di servirsi del servizio. Si afferma che l’articolo 2697 cod.civ. pone l’onere della
prova a carico di chi vuol far valere in giudizio un diritto con la diretta conseguenza che sul consorzio di bonifica, quale ente propositore, grava l’onere di provare i fatti a fondamento della pretesa.
Obietta il Notargiacomo che la delibera commissariale e la legge regionale avrebbero dovuto essere citate nell’atto impositivo; pertanto, nel considerare motivato l’atto impugnato e quindi provato dal consorzio il fatto che il contribuente avesse usufruito nell’anno 2012 delle strutture irrigue presenti sui terreni agricoli, i giudici regionali hanno erroneamente gravato il contribuente dell’onere di fornire la prova contraria in ordine alla mancata effettuazione della manutenzione degli impianti irrigui.
Il terzo motivo di ricorso denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’articolo 112 cod.proc.civ. ai sensi dell’articolo 62, primo comma decreto legislativo n.546 del 1992, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 4), cod.proc.civ.; per avere i giudici territoriali ritenuto adeguatamente motivato l’atto impositivo, ancorché il consorzio abbia ampliato il tema decidendum con le controdeduzioni richiamando la legge regionale n. 4 del 13 Marzo 2012 e la delibera commissariale 17 dicembre 2013 n. 532, ribadendo quindi le critiche dedotte con il motivo sopra esposto. In altri termini il giudice d’appello avrebbe deciso oltre i limiti del tema decidendum statuendo per la fondatezza della pretesa tributaria sulla base di elementi fattuali e probatori non rientranti tra quelli fondanti il fatto costitutivo dedotto dal consorzio e lo stesso atto.
Con la quarta doglianza si prospetta la nullità della sentenza per violazione dell’articolo 132, comma 2, n. 4 cod.proc.civ. ex art. 360, primo comma, n. 4), cod.proc.civ., per avere il giudice d’appello fornito una motivazione solo apparente, limitandosi a respingere -originato da altre pronunce definitive della C.T.P. di Bari, la quale ha annullato atti
impositivi identici a quello opposto -omettendo, tuttavia, di rappresentare le ragioni per la quale la connessione oggettiva di tali cause con quella di specie non l’abbia invece condotto ad estendere alla fattispecie de qua gli effetti del passaggio in giudicato di quelle sentenze, nelle quali era stata rilevata la nullità degli inviti al pagamento impugnati. In particolare il contribuente si riferisce alle sentenze n. 2643, 2642, 2966, 1893 del 2015, passate in giudicato, con le quali la CTP di Bari ha annullato gli atti impositivi del tutto identici a quelli in oggetto accogliendo, i ricorsi proposti da altri contribuenti nei confronti del Consorzio di bonifica Terre di Apulia; invoca il contribuente l’estensibilità del giudicato a fattispecie totalmente identiche per assicurare l’efficienza e la speditezza dell’azione amministrativa ed al fine di garantire il rispetto dei principi costituzionali di eguaglianza tra i cittadini e di tassazione sulla base della capacità contributiva.
5. Il quinto motivo espone la nullità della sentenza per violazione dell’articolo 112 cod.proc.civ. in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ.; per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato avendo la commissione tributaria regionale della Puglia omesso di pronunciarsi sul motivo di nullità dell’atto impugnato specificamente rilevato dal contribuente.
Afferma il ricorrente di aver eccepito la formazione del giudicato interno sulla questione relativa alla eccezione che nessuna opera di manutenzione specifica nell’anno di imposta 2012 era stata approvata dal consorzio. In altri termini il contribuente aveva evidenziato come il giudice di primo grado avesse correttamente affermato che solo se l’immobile trovasi nel perimetro consortile trae vantaggi diretti e specifici conseguibile dalla bonifica e può essere soggetto al tributo, allegazione difensiva accolta dai giudici di prime cure confermando che nessuna opera di manutenzione
specifica nell’anno d’imposta 2012 era stata posta in opera dal consorzio.
Si assume che, erroneamente, il consorzio aveva, nell’atto di appello, genericamente sostenuto che l’inserimento del fondo nel perimetro di contribuenza lo esonerava da oneri probatori circa la sussistenza del beneficio derivante dalle opere di miglioramento senza nulla aggiungere in ordine alla preliminare questione della mancata realizzazione di dette opere contestata dal contribuente.
Si aggiunge che la commissione tributaria provinciale aveva confermato che le opere di miglioramento fondiario alla base del calcolo del beneficio non erano mai state svolte, con la conseguenza pertanto che il consorzio in sede di appello avrebbe dovuto contestare detto capo della sentenza attraverso la compiuta rappresentazione e dimostrazione delle opere svolte nell’anno 2012.
6.Con il sesto motivo, si denuncia la nullità della sentenza per dilazione l’articolo 112 cod.proc.civ. ex articolo 360, primo comma, n. 4), per violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, avendo i giudici regionali omesso di pronunciarsi sullo specifico motivo di nullità dell’atto impugnato per inesistenza della sua notifica essendo stato inviato per posta semplice, in violazione delle norme in ordine alla notificazione degli atti impositivi. Si deduce che, poiché l’invito al pagamento conteneva la avvertenza che in caso di mancato pagamento si sarebbe proceduto al recupero dell’importo dovuto, l’atto non poteva essere notificato per posta semplice ma doveva essere notificato ai sensi dell’art. 60 d.P.R. n. 600 del 73 e della legge 890/1980. In particolare l’articolo 60 citato prevede che la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente è eseguita secondo le norme stabilite dagli articoli 137 e ss del codice di procedura civile con le seguenti modifiche; a)la notificazione deve essere eseguita dai messi comunali ovvero dai messi speciali
autorizzati dall’ufficio; b) il messo deve far sottoscrivere dal consegnatario l’atto all’avviso ovvero indicare i motivi per i quali il consegnatario non ha sottoscritto.
Vanno scrutinati congiuntamente la prima e la terza censura, in quanto involgono sotto profili cassatori diversi la medesima questione; essi vanno accolti, assorbiti i restanti mezzi di ricorso.
7.1. Va premesso che, in tema di contenzioso tributario, l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1993, n. 546, ha natura tassativa, ma, in ragione dei principi costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento della P.A. (art. 97 Cost.), ogni atto adottato dall’ente impositore che porti, comunque, a conoscenza del contribuente una specifica pretesa tributaria, con esplicitazione delle concrete ragioni fattuali e giuridiche, è impugnabile davanti al giudice tributario, senza necessità che si manifesti in forma autoritativa (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25297 del 28/11/2014; conf. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 3315 del 19/02/2016). Fermo restando la facoltà del contribuente di impugnare un atto non espressamente indicato dall’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che, tuttavia, sia espressivo di una pretesa tributaria ormai definita (nella specie, atto recante avviso di pagamento), costituendo un’estensione della tutela (Sez. 5, Sentenza n. 2616 del 11/02/2015; conf. Sez. 6 -5, Ordinanza n. 26129 del 02/11/2017). A tal proposito, la più recente dottrina ha enucleato le distinte categorie degli ‘atti facoltativamente impugnabili’ e degli ‘atti necessariamente impugnabili’: i primi esprimono un’irreversibile determinazione della pretesa impositiva, seppure non rivestano ancora la forma autoritativa di uno degli atti tipizzati dall’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546; per cui si può dire che la pretesa impositiva è sostanzialmente, sebbene non ancora formalmente, determinata; i secondi sono riconducibili o assimilabili (in via di interpretazione estensiva, per affinità di
portata e di funzione) all’elenco degli atti tipizzati dall’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546; per cui si può dire che la pretesa impositiva è sostanzialmente e formalmente determinata
7.2. In coerenza con tale indirizzo, questa Corte ha più volte affermato che agli atti atipici ( come per la fattura contenente la richiesta della tariffa di igiene ambientale), così come il relativo procedimento di quantificazione e riscossione del prelievo in questione, si devono applicare i principi generali del procedimento tributario di accertamento e di riscossione. In particolare, si è ribadito quanto già espresso (Cass., Sez. 5, 9 agosto 2007, n. 17526) e quanto affermato dalla Corte Costituzionale (Corte Cost., 24 luglio 2009 n. 238), ossia che gli atti con cui l’ente impositore richiede al contribuente quanto da lui dovuto anche quando gli stessi dovessero avere la forma di fattura commerciale o di invito al pagamento, non attengono al corrispettivo di una prestazione liberamente richiesta, ma a un’entrata pubblicistica; ne consegue che, avendo natura di atti impositivi, anche gli atti atipici debbono rispondere ai requisiti sostanziali propri di questi provvedimenti e possono essere impugnate davanti alle commissioni tributarie, nonostante non siano espressamente ricomprese tra l’elenco degli atti opponibili (Cass., Sez. 5, 10 maggio 2013, n. 11157; Cass., Sez. 6, 18 luglio 2016, n. 14675; Cass., Sez. 5, 31 ottobre 2018, n. 27805).
7.3. Le Sezioni Unite di questa Corte (SS.UU. in data 30.10.2008 nn. 26009, 26010 e 26012 e, quindi, la sentenza, sempre delle SSUU, 14.5.2010 n. 11722) hanno chiarito, proprio in tema di riscossione di contributi consortili ai sensi del r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 21 che la cartella esattoriale che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente ma costituisca il primo e unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, deve essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo e contenere, quindi, gli elementi
indispensabili per consentire al contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione. Con sentenza n. 17526/2007, la Corte di Cassazione ha osservato come l’atto tributario atipico ( in quel caso la fattura commerciale), abbia natura di atto amministrativo impositivo e debba, perciò, rispondere ai requisiti sostanziali propri di tali atti; ne discende che essi devono enunciare, anche in forma sintetica purché chiara, sia la fonte della richiesta che gli elementi, di fatto e di diritto, che la giustificano anche sotto il profilo quantitativo, al fine di consentire l’esercizio da parte del destinatario del diritto alla difesa
7.4. Tale motivazione può essere assolta per relationem ad altro atto che costituisca il presupposto dell’imposizione, del quale, tuttavia, debbono comunque essere specificamente indicati gli estremi, anche relativi alla pubblicazione dello stesso su bollettini o albi ufficiali che eventualmente ne sia stata fatta a sensi di legge, affinché il contribuente ne abbia conoscenza o conoscibilità e l’atto richiamato, quando di esso il contribuente abbia già integrale e legale conoscenza per effetto di precedente notificazione o pubblicazione, non deve essere necessariamente allegato all’atto -secondo una interpretazione non puramente formalistica della legge 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1, (c.d. Statuto del contribuente) – sempre che in essa siano indicati i relativi estremi di notificazione o di pubblicazione (conforme Cass., Sez. 5, Sentenza n. 27058 del 2014; Cass. 6839 del 11/03/2020;Cass. 29/11/2023 n. 33214; v. sez. un. n. 11722-10; Cass. n. 8079/2020).
7.5. Dello stesso avviso è Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13130 del 24/05/2017, secondo cui, allorquando la cartella esattoriale emessa per la riscossione dei contributi consortili sia motivata con riferimento ad un “piano di classifica” approvato dalla competente autorità regionale, è onere del contribuente che voglia disconoscere il debito contestare specificamente la legittimità del provvedimento
ovvero il suo contenuto, nessun ulteriore onere probatorio altrimenti gravando sul consorzio. In detta ipotesi, nessun onere probatorio grava sul Consorzio circa l’esistenza di un vantaggio diretto e specifico derivante agli immobili compresi nel piano dalle opere di bonifica, ma tale inversione dell’onere probatorio realizza una presunzione iuris tantum e non iuris ed de iure (che può derivare solo dalla legge), per cui non viene meno il diritto del contribuente di fornire nel giudizio tributario la prova contraria (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 17066 del 21/07/2010; Cass. n. 26395/2019; Cass. n. 31851/2021; Cass. n. 16118/2023; n. 8094/2023).
7.6. Non assume rilievo la circostanza che sia la delibera commissariale che la delibera di approvazione del perimetro di contribuenza siano stati prodotti nel giudizio di merito ovvero che il contribuente abbia comunque potuto difendersi efficacemente in giudizio, non potendo operarsi una lettura riduttiva del ruolo della motivazione che, pur letta in funzione del diritto di difesa, finisce per legittimare un inammissibile giudizio ex post sulla sufficienza della stessa, argomentata dalla difesa comunque svolta dal contribuente, piuttosto che un giudizio ex ante argomentato sulla rispondenza degli elementi enunciati nella motivazione a consentire ex se l’esercizio effettivo del diritto di difesa(Cass. n. 2382/2018, n. 12400/2018, n. 3762/2019, vedi anche Cass. n. 28560/2021, sul “principio di leale collaborazione tra privato e p. a.”, che non segna discontinuità rispetto all’insegnamento tradizionale della Corte in quanto la decisione fa comunque salvo “il diritto di difesa dell’interessato”; Cass. 11284 del 07/04/2022; Cass. n. 26340/2021).
7.7. Ebbene, nella fattispecie sub iudice, dalla trascrizione dei passi salienti dell’invito al pagamento – che, ancorché menzionato in calce al ricorso tra gli atti allegati, non risulta prodotto in giudizio risultano i dati catastali degli immobili e gli oneri irrigui gravanti su
di essi, senza alcun riferimento alla delibera di approvazione del perimetro di contribuenza; tuttavia, il collegio d’appello si è limitato ad affermare apoditticamente l’infondatezza della censura relativa al deficit motivazionale dell’atto impositivo, accolta invece dai giudici di prime cure, incorrendo nel denunciato vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., avendo escluso, con affermazione sostanzialmente apodittica, la fondatezza del motivo riproposto dal contribuente con le controdeduzioni, trascurando di effettuare un esame critico della documentazione prodotta e delle allegazioni difensive della parte e omettendo di esplicitare le ragioni logico- giuridiche poste a fondamento della statuizione di rigetto dell’eccezione formulata dal contribuente.
8. In conclusione, il ricorso deve essere accolto limitatamente al primo ed al terzo motivo, assorbiti gli altri; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia che, in diversa composizione, procederà al riesame dell’adeguatezza motivazionale dell’invito al pagamento.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese di lite del presente giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della