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Atto enunciato: la Cassazione sull’imposta di registro

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31829/2024, ha stabilito che l’imposta di registro su un atto enunciato, come una cessione di credito menzionata in un decreto ingiuntivo, non è dovuta se non vi è piena identità soggettiva tra le parti dell’atto enunciante e quelle dell’atto enunciato. L’Agenzia delle Entrate aveva richiesto il pagamento dell’imposta sulla cessione, ma la Corte ha annullato tale pretesa, confermando però la debenza dell’imposta in misura fissa sull’atto principale, ovvero il decreto ingiuntivo.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Atto enunciato e imposta di registro: la Cassazione sul requisito delle “stesse parti”

L’imposta di registro su un atto enunciato è una questione complessa che spesso genera contenzioso tra Fisco e contribuente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale su uno dei presupposti cardine per la sua applicazione: il requisito dell’identità soggettiva. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dai giudici.

I fatti del caso: cessione di credito e decreto ingiuntivo

Una società, agendo come procuratrice di un veicolo di cartolarizzazione (SPV), otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti di un debitore. Il credito alla base del decreto derivava da un contratto di finanziamento originariamente stipulato tra il debitore e un istituto finanziario. Successivamente, tale credito era stato ceduto alla SPV.

L’Agenzia delle Entrate, analizzando il decreto ingiuntivo, notava la menzione (l'”enunciazione”) dell’atto di cessione del credito. Ritenendo che tale cessione dovesse essere soggetta a imposta di registro, emetteva un avviso di liquidazione chiedendo il pagamento sia dell’imposta in misura fissa sul decreto ingiuntivo (atto enunciante), sia dell’imposta sulla cessione del credito (atto enunciato).

La società contribuente impugnava l’avviso, sostenendo che mancasse un presupposto essenziale per la tassazione dell’atto enunciato: l’identità delle parti tra l’atto che enuncia (il decreto ingiuntivo) e quello enunciato (la cessione).

La decisione della Cassazione e l’importanza dell’atto enunciato

La Corte di Cassazione ha accolto la tesi della società, seppur con una precisazione. Ha stabilito che la pretesa impositiva sull’atto enunciato (la cessione del credito) era illegittima, ma ha confermato la legittimità della tassazione in misura fissa per l’atto principale, ossia il decreto ingiuntivo.

La Corte ha cassato la sentenza d’appello senza rinvio, decidendo direttamente nel merito e rideterminando l’imposta dovuta. Questa decisione chiarisce in modo definitivo i confini applicativi della norma fiscale.

Le motivazioni: perché l’identità delle parti è fondamentale

Il cuore della pronuncia risiede nell’interpretazione dell’articolo 22 del Testo Unico dell’Imposta di Registro (d.P.R. 131/1986). Questa norma prevede che se in un atto vengono enunciate disposizioni contenute in altri atti non registrati, l’imposta si applica anche a queste ultime, a condizione che siano state stipulate “fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione”.

Analisi del requisito soggettivo

La Cassazione ha evidenziato che nel caso di specie, le parti erano diverse:
1. Atto enunciante (decreto ingiuntivo): le parti erano la società creditrice (cessionaria) e il debitore ingiunto.
2. Atto enunciato (cessione del credito): le parti erano l’istituto finanziario originario (cedente) e la società acquirente del credito (cessionaria).

Poiché non vi è una piena coincidenza dei soggetti, il presupposto richiesto dall’art. 22 del TUR non è soddisfatto. La Corte ha ribadito che l’autonomia delle diverse situazioni giuridiche non consente un’interpretazione estensiva del concetto di “parte”, che deve essere inteso in senso formale e letterale.

La distinzione tra pretesa sull’atto enunciante e sull’atto enunciato

Un altro punto cruciale affrontato dalla Corte riguarda la corretta azione del giudice tributario. La società contribuente aveva contestato solo la tassazione dell’atto enunciato, non quella (in misura fissa) del decreto ingiuntivo. I giudici di merito avevano annullato l’intero avviso.

La Cassazione ha corretto questa impostazione, affermando che il processo tributario non mira alla mera eliminazione dell’atto, ma a una pronuncia di merito sulla corretta pretesa fiscale. Di conseguenza, il giudice avrebbe dovuto annullare solo la parte illegittima dell’avviso (la tassa sulla cessione) e confermare quella legittima (la tassa fissa sul decreto), rideterminando l’importo dovuto. Questo è ciò che ha fatto la stessa Corte, decidendo la causa nel merito.

Conclusioni: le implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale in materia di imposta di registro:
* La tassazione di un atto enunciato è un’eccezione che richiede il rigoroso rispetto di tutti i presupposti di legge, in primis la perfetta identità soggettiva tra le parti dei due atti.
* Non è possibile applicare la norma in via analogica o estensiva a soggetti che, pur avendo un interesse economico, non sono formalmente parti di entrambi gli atti.
* In caso di impugnazione parziale di un avviso di liquidazione, il giudice deve limitarsi a correggere la pretesa fiscale nei limiti della domanda, senza annullare l’intero atto se una parte di esso risulta legittima.

Quando un atto enunciato è soggetto a imposta di registro?
Secondo l’art. 22 del d.P.R. 131/1986 e l’interpretazione della Corte, un atto enunciato è soggetto a imposta di registro solo se l’atto che lo enuncia è stato stipulato tra le stesse identiche parti dell’atto enunciato stesso. Se questa coincidenza soggettiva manca, l’imposta sull’atto enunciato non è dovuta.

Cosa si intende per “stesse parti” ai fini della tassazione dell’atto enunciato?
La Corte chiarisce che il concetto di “parte” deve essere inteso in senso formale e non sostanziale. Le parti sono i soggetti che sono intervenuti formalmente e hanno sottoscritto sia l’atto enunciante sia quello enunciato. Nel caso specifico, le parti del decreto ingiuntivo (cessionario e debitore) erano diverse da quelle della cessione di credito (cedente e cessionario), quindi il requisito non era soddisfatto.

Se l’imposta sull’atto enunciato non è dovuta, l’intero avviso di accertamento viene annullato?
No. La Corte ha specificato che se il contribuente contesta solo una parte della pretesa fiscale (in questo caso, l’imposta sull’atto enunciato), il giudice tributario deve annullare solo la parte illegittima dell’avviso, confermando la parte dovuta (come l’imposta in misura fissa sull’atto principale, il decreto ingiuntivo).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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