Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24489 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24489 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 04/09/2025
ORDINANZA
Sul ricorso n. 24059-2021, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , cf NUMERO_DOCUMENTO, in persona del Direttore p.t. elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato , che la rappresenta e difende –
Ricorrente
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE , p.i. P_IVA, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende Resistente
Avverso la sentenza n. 1128/18/2021 della Commissione tributaria regionale del Lazio, sez. staccata di Latina, depositata il 24 febbraio 2021; udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 14 maggio 2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Dalla sentenza e dagli atti introduttivi del giudizio si evince che L ‘Agenzia delle entrate notificò alla società RAGIONE_SOCIALE l’ avviso d’accertamento
Iva -Responsabilità ex art. 14 d.lgs. 472/1997 -Atto di appello -Assenza di pagine
per il recupero d’imposte , relative all’anno 201 1, per responsabilità solidale, ex art. 14, comma 4, d.lgs. 31 dicembre 1997, n. 472, nei debiti fiscali di società cedente.
La Commissione tributaria provinciale di Latina, adita dalla F.lli COGNOME con sentenza n. 515/02/2018 accolse il ricorso.
L’appello proposto dalla Ufficio fu rigettato dalla Commissione tributaria regionale del Lazio, sez. staccata di Latina, con sentenza n. 1128/18/2019.
Il giudice regionale ha rilevato che ‘il documento relativo all’appello risulta carente di alcune pagine sicché sussiste impossibilità per i motivi di impugnazione e contestazione da parte della contribuente. Il Collegio, stante pertanto la frammentarietà dell’atto di appello, ritiene che lo stesso va dichiarato inammissibile anche per violazione dell’art. 53 DL N. 546 -1992 ….’ .
L ‘Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso la società.
All’esito dell’adunanza camerale del 14 maggio 2025 la causa è stata riservata e decisa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente si duole della violazione o falsa applicazione degli artt. 53 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e 156 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. La Commissione regionale avrebbe erroneamente dichiarato l’inammissibil ità del ricorso in appello, proposto dall’ufficio sulla base del mero riscontro della incompletezza, ovvero della mancanza di alcune pagine dell’atto notificato con pec e successivamente notificato con atto telematico;
con il secondo motivo lamenta la nullità della sentenza per motivazione apparente in violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. La Commissione regionale avrebbe respinto l’appello erariale con una motivazione apparente , perché priva di una argomentazione logica.
È prioritario l’esame del secondo motivo, che se fondato assorbirebbe il primo.
RGN 24059/2021 Consigliere rel. NOME Questa Corte ha chiarito che sussiste l’apparente motivazione della sentenza ogni qual volta il giudice di merito ometta di indicare su quali elementi abbia fondato il proprio convincimento, nonché quando, pur
indicandoli, a tale elencazione ometta di far seguire una disamina almeno chiara e sufficiente, sul piano logico e giuridico, tale da permettere un adeguato controllo sulla correttezza del suo ragionamento (Sez. U, 3 novembre 2016, n. 22232; cfr. anche 23 maggio 2019, n. 13977; 1 marzo 2022, n. 6758). La motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione è apparente anche quando, ancorché graficamente esistente ed eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regolano la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (Cass., 1 marzo 2022, n. 6758; 30 giugno 2020, n. 13248; cfr. anche 5 agosto 2019, n. 20921). È altrettanto apparente ogni qual volta evidenzi una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione del quadro probatorio (Cass., 14 febbraio 2020, n. 3819), oppure quando carente nel giudizio di fatto, così che la motivazione sia basata su un giudizio generale e astratto (Cass., 15 febbraio 2024, n. 4166).
Nel caso di specie la Commissione regionale, sia pur con una motivazione succinta, ha espresso quanto sufficiente a comprendere le ragioni della declaratoria di inammissibil ità dell’atto d’appello. Tenendo conto che nella parte in fatto della pronuncia è riportata l’eccezione di inammissibilità dell’atto d’appello erariale perché mancanti alcune pagine del ricorso, nella parte motiva risulta chiaro che quella eccezione è stata esaminata in via prioritaria, riscontrando l’assenza di alcune delle pagine , per la qual cosa il ricorso d’appello è stato ritenuto ‘frammentario’.
La circostanza che nella motivazione, ne ll’ultimo rigo di pag. ‘1’ , sia riportata una frase poco chiara ( ‘sussiste impossibilità per i motivi di impugnazione’) , costituisce un mero refuso linguistico, al più una pronuncia stilisticamente involuta, ma certamente è comunque perfettamente evincibile il senso della frase, ossia la incomprensibilità delle ragioni d’appello .
Va dunque rigettato il secondo motivo.
È altrettanto infondato il primo motivo. La ricorrente sostiene che, , notificato via pec e poi in via telematica,
RGN 24059/2021 Consigliere rel. COGNOME nonostante l’atto d’appello
contenesse le sole pagine dispari, i contenuti leggibili erano comunque sufficienti a contenere tutti i requisiti di ammissibilità elencati nell’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992.
In tema questa Corte ha affermato che la mancanza di una o più pagine nell’originale del ricorso per cassazione depositato comporta l’inammissibilità del motivo che non sia intellegibile, non superabile neppure ove la copia notificata e depositata dal resistente risulti completa, atteso che il ricorso, a pena d’improcedibilità, deve essere depositato in originale entro il termine di cui all’art. 369 c.p.c. e, pertanto, il principio del raggiungimento dello scopo può operare solo grazie ad atti compiuti entro tale termine, e ciò comunque salvo che il contribuente non abbia allegato alcun pregiudizio alla piena intellegibilità del ricorso notificato (Cass., 7 maggio 2015, n. 9262; 27 gennaio 2022, n. 2537).
Il principio appena enunciato si colloca nell’alveo d i quanto affermato in tema dalle Sezioni unite di questa Corte, secondo cui la mancanza, nella copia notificata del ricorso per cassazione (il cui originale risulti ritualmente depositato nei termini), di una o più pagine, ove impedisca al destinatario la completa comprensione delle ragioni addotte a sostegno dell’impugnazione, non comporta l’inammissibilità del ricorso, ma costituisce un vizio della notifica di tale atto, sanabile con efficacia ex tunc mediante la nuova notifica di una copia integrale del ricorso, su iniziativa dello stesso ricorrente o entro un termine fissato dalla Corte di Cassazione, ovvero per effetto della costituzione dell’intimato, salva la possibile concessione a quest’ultimo di un termine per integrare le sue difese (Sez. U, 14 settembre 2016, n. 18121). Si tratta, in quest’ultimo caso, di un atto che, integralmente e ritualmente depositato in cancelleria, è stato tuttavia notificato alla controparte con pagine mancanti. In questa ipotesi la notifica di un atto, non integrale, al controricorrente è stata ritenuta un vizio della notificazione, come tale sanabile. Diversamente, il deposito in cancelleria di un atto privo di pagine, e inintelligibile per questo, configura l’improcedibilità del ricorso stesso.
Con riguardo poi al contenzioso tributario, e in tema di atto d’appello, si è anche affermato che qualora l’atto sia stato notificato in una copia mancante di una o più pagine, non va dichiarata automaticamente l’inammissibilità dell’impugnazione, in virtù della disposizione dell’art. 22, comma 3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, (esplicitamente richiamata,
quanto all’appello, dal comma 2 dell’art. 53 del medesimo d.lgs.), in quanto tale ipotesi integra una mera incompletezza materiale e non quella sostanziale difformità di contenuto sanzionata con l’inammissibilità, pur dovendo il giudice accertare, in concreto, se la suddetta mancanza abbia effettivamente impedito al destinatario della notifica la completa comprensione dell’atto e, quindi, leso il suo diritto di difesa, con la conseguenza che non può dichiararsi l’inammissibilità se le pagine omesse risultino irrilevanti al fine di comprendere il tenore dell’impugnazione, ovvero quando l’atto di costituzione dell’appellato contenga, comunque, una puntuale replica ai motivi di gravame contenuti nell’atto notificato (cfr. Cass., 11 aprile 2011, n. 8138; 30 marzo 2017, n. 8213).
Ebbene, nel caso di specie l’atto difensivo , sia quello notificato, sia quello depositato in segreteria, era carente di tutte le pagine dispari . D’altronde , lo stesso contenuto dell’ atto difensivo della contribuente, composto di poche righe, è limitato ad una mera formale costituzione, senza altro aggiungere se non la generica richiesta di conferma della sentenza appellata. Manca dunque il riscontro di un controricorrente che abbia, nonostante la carenza dell’atto notificatogli, approntato una difesa esaustiva. Peraltro, ancor più assorbente, è la circostanza che anche l’atto depositato in segretaria era carente delle pagine dispari, così da non consentire neppure una regolare costituzione ai sensi dell’art. 22 del d.lgs. n. 546 del 1992.
Il giudice d’appello ha ritenuto che l’atto di impugnazione erariale fosse del tutto incomprensibile, e, nella valutazione della fattispecie sottoposta alla sua attenzione, si è attenuto ai principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità.
Il ricorso è in definitiva infondato e va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate nella misura specificata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 13.000,00 per competenze, € 200,00 per esborsi, oltre spese generali, nella misura del 15% delle competenze e accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il giorno 14 maggio 2025
NOME COGNOME