Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 452 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 452 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Oggetto:
NOME
COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere-Rel.
COGNOME
Consigliere
TANIA HMELJAK
Consigliere
COGNOME
Consigliere
*IVA
ACCERTAMENTO
Ud.03/10/2023
CC
ha pronunciato la seguente
sul ricorso iscritto al n. 26267/2015 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l ‘ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. PERUGIA n. 204/2015 depositata il 30/03/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/10/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Terni, con sentenza n. 47/1/13, aveva accolto il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate aveva recuperato per il 2005 maggiore IVA su compensi per prestazioni professionali ritenute non occasionali.
Il gravame erariale contro questa pronuncia è stato accolto dalla Commissione Tributaria Regionale (CTR) del Lazio la quale, con la sentenza in epigrafe, h a accertato che l’attività svolta quale responsabile della sicurezza nei luoghi di lavoro ex d.lgs. n. 626/1994 per diversi committenti, aveva carattere di professionalità e non occasionalità, tenuto conto del tipo di prestazione richiesta, della redazione del documento di valutazione del rischio, della pluralità di incombenti richiesti dal datore di lavoro (quali, per esempio, il controlla annuale degli immobili, l’aggiornamento del documento di valutazione del rischio, le riunioni annuali con il datore e con il medico competente, la tenuta di corsi di formazioni per i dipendenti e ogni intervento urgente legato al fattore ‘rischio’) .
Il contribuente ha proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza fondato su cinque motivi.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate. .
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo il COGNOME deduce, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per aver la CTR omesso di valutare correttamente il numero e il tipo di prestazioni rese dal COGNOME nel 2005, in quanto si trattava soltanto di n. 7 incarichi (e non dieci), quattro dei quali vedevano come committenti dei condomini.
Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in quanto anche per gli
altri incarichi la CTR aveva omesso di esaminare il loro effettivo contenuto.
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono inammissibili in quanto, secondo giurisprudenza di questa Corte, in tema di giudizio di cassazione, il motivo di ricorso di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, deve riguardare un fatto storico considerato nella sua oggettiva esistenza, senza che possano considerarsi tali né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, né le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio (Cass. n. 10525 del 2022; Cass. n. 5795 del 2017; Cass. n. 17761 del 2016); in questo caso la censura riguarda direttamente l’apprezzamento in fatto svolto dal Giudice di merito che è incensurabile nel giudizio di legittimità se congruamente e correttamente motivato.
Con il terzo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 5 d.P.R. n. 633/1972 in quanto l’Ufficio non aveva fornito la prova dell ‘ abitualità delle prestazioni svolte dal ricorrente.
Con il quarto motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 comm a 1 n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 5 d.P.R. n. 633/1973 in re lazione all’art. 2697 c.c. perch é gli elementi evidenziati dalla CTR (ripetitività pluriennale degli incarichi, numero dei committenti, entità del compenso quale ‘componente fondamentale’ del reddito complessivo) non potevano costituire presunzioni gravi, precise e concordanti dell’abitualità.
Anche questi due motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono inammissibili, prima che infondati, in
quanto attraverso il paradigma della violazione di legge si cerca, in realtà, di rimettere in discussione l’accertamento in fatto svolto dalla CTR.
6.1. Invero, sulla base della normativa e della giurisprudenza eurounitaria in materia di IVA la nozione civilistica e quella tributaristica di “imprenditore commerciale” divergono per un aspetto essenziale ossia quello della necessità dell'”organizzazione”, essendo tale requisito indispensabile per il diritto civile, ma non per quello tributario, ai fini del quale è sufficiente la ‘professionalità abituale” dell’attività economica, anche senza l’ “esclusività” della stessa (v. sul piano normativo gli artt. 55, già 51, TUIR, 4, d.P.R. 633/1972; nella giurisprudenza di questa Corte, n. 19237 del 2012; Cass. n. 25777 del 2014; Cass. n. 8982 del 2017).
6.2. L’applicazione dell’IVA è subordinata proprio all’accertamento del carattere abituale e professionale dell’attività, da valutarsi in relazione alle concrete modalità ed al contenuto oggettivo e soggettivo di essa; l’onere della prova di tale carattere è posto a carico dell’Ufficio, e può essere adempiuto anche mediante presunzioni, che il giudice è tenuto a vagliare, per verificarne la sussistenza e la validità, con un apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivato (Cass. n. 9206 del 2008).
6.3. La sentenza della CTR si è mossa in linea con questa giurisprudenza, evidenziando gli elementi che hanno indotto a presumere il carattere abituale e profes sionale dell’attività, caratterizzato anche da continuatività e stabilità dell’attività (Cass. n. 13999 del 2003), attesa la «ripetitività pluriennale» delle prestazioni.
6.4. Per contro, il contribuente non propone precise censure capaci di inficiare, in diritto, il ragionamento presuntivo svolto, in quanto si limita alla considerazione atomistica dei singoli elementi
presuntivi -osservando che il carattere ripetitivo delle prestazioni nulla dice sulla loro natura occasionale, che il numero degli enti interessati non è elemento certo da cui ricavare l’abitualità delle prestazioni, così come è inconferente l’entità del corrispettivo -mentre la prova per presunzioni richiede la considerazione complessiva e globale dei singoli elementi rilevanti (Cass. n. 9054 del 2022; Cass. n. 18327 del 2023).
6.5. La critica si risolve, quindi, in un diverso apprezzamento della ricostruzione della quaestio facti , cioè, in definitiva, nella prospettazione di una diversa ricostruzione del fatto, ponendosi così su un terreno che non è quello del n. 3 dell’art. 360 c.p.c. (Cass. sez. un. n. 1785 del 2018).
Con il quinto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 5 d.P.R. n. 633/1973 in quanto la CTR aveva valorizzato le dichiarazioni dei sostituti di imposta che avevano qualificato l’attività del RAGIONE_SOCIALE come lavoro autonomo professionale.
7.1. Questo motivo è infondato perché, per giurisprudenza costante di questa Corte, le dichiarazioni di terzi, a cui possono assimilarsi quelle rese dai sostituti di imposta all’Amministrazione finanziaria, possono rivestire valore indiziario nel processo tributario (v., ultimamente, Cass. n. 8221 del 2023); in questo senso sono state utilizzate dalla CTR, la quale ha considerato quelle risultanze alla stregua di elemento di conferma o riscontro dell’accertamento ( «del resto anche le attestazioni dei sostituti di imposta non si possono presumere errate… »).
Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato e le spese, liquidate come in dispositivo, vanno regolate secondo soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13 .
Così deciso in Roma, il 03/10/2023.