Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25422 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25422 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 6016/2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, in virtù di procura speciale a margine del ricorso per cassazione (indirizzo pec: .
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO .
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della CALABRIA n. 2243/17, depositata in data 13 luglio 2017, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 settembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria provinciale di Catanzaro aveva accolto parzialmente il ricorso proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto l’avviso di accertamento, relativo all’anno d’imposta 2008, con il quale erano state recuperate a tassazione somme conseguenti a detrazione di i mposte indebite, ritenendo che l’attività di cessione di beni e di prestazione di servizi ai soci fosse da intendere come commerciale per cui non era legittimo il recupero a tassazione fondato sulla considerazione di detta attività quale istituzionale.
La Commissione tributaria regionale , adita dall’RAGIONE_SOCIALE, ha accolto l’appello, ritenendo che, nel corso della verifica fiscale posta a base dell’accertamento, era stato dimostrato che la cessione di beni ai soci e l’erogazione di servizi costituiva finalità istituzionale dell’ Ente e non poteva essere inserita nel bilancio commerciale; le fatture emesse dall’associazione al socio non documentavano una movimentazione economica, ma attenevano ad un semplice escamotage contabile impiegato dall’ associazione per giustificare formalmente il passaggio del possesso prima e della proprietà dopo a favore dell’iscritto, ovvero gli associati non avevano pagato all’ente alcun corrispettivo specifico, né per l’utilizzo, né per il successivo acquisto, perché il mezzo tecnico era stato già precedentemente ed interamente pagato dall’associato al fornitore.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
5. L’ RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il primo mezzo deduce la violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, e dell’art. 61 del decreto legislativo n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. La Commissione distrettuale aveva affermato che l’RAGIONE_SOCIALE non era ente morale ai sensi dell’art. 4 del d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’ art. 148 TUIR, ma era associazione di categoria o politica, religiosa, sindacale, culturale, assistenziale, sportiva dilettantistica e che mancava il corrispettivo specifico all’RAGIONE_SOCIALE per i servizi dalla stessa prestati agli associati e i due citati giudizi in fatto (ed inerenti qualificazioni giuridiche) ivi concorrentemente decisivi erano stati enunciati in sentenza senza chiarire su quali prove i giudici di secondo grado avessero fondato il proprio convincimento e senza illustrare sulla base di quali argomentazioni (considerate le prove) essa era pervenuta alle proprie determinazioni. La Commissione tributaria regionale aveva omesso di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui aveva tratto il proprio convincimento perché non aveva neppure indagato il contenuto RAGIONE_SOCIALE Statuto, nella specie indirizzato a curare e tutelare gli interessi dei soli associati, essenzialmente coltivatori.
1.1 Il motivo è infondato.
1.2 Nella vicenda in esame, i giudici di secondo grado hanno affermato che l’attività di acquisizione di beni strumentali era stata effettuata direttamente dai soci, tanto è vero che erano stati gli associati ad avere pagato interamente il prezzo di detti beni al fornitore e che, dunque, il socio non aveva pagato alcun corrispettivo all’RAGIONE_SOCIALE, né per l’utilizzo del bene, né per il suo successivo acquisto, con la conseguenza che le fatture emesse dall’associazione al socio costituivano un espediente contabile per giustificare formalmente il passaggio
inizialmente del possesso e poi della proprietà del bene in favore dell’iscritto (cfr. pagine 1 e 2 della sentenza impugnata).
1.3 Risulta, pertanto, evidente che la decisione impugnata assolve in misura adeguata al requisito di contenuto richiesto dalle disposizioni di legge di cui il ricorso lamenta la violazione, attesa l’esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto della decisione, sufficiente ad evidenziare il percorso argomentativo della pronuncia giudiziale, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione (cfr. Cass., 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., 5 agosto 2019, n. 20921; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105).
1.4 E’ utile ricordare, p eraltro, che, in tema di enti di tipo associativo, l’agevolazione prevista dell’art. 148 del TUIR spetta a condizione che l’associazione dimostri di aver svolto attività non commerciale, in diretta attuazione degli scopi istituzionali, nei confronti di iscritti ed associati (Cass., 18 febbraio 2021, n. 4331; Cass., 15 gennaio 2018, n. 796) e che, a tal fine, non è sufficiente allegare lo statuto dell’ente (Cass., 9 maggio 2018, n. 11048).
1.5 Così, nella caso di specie , a fronte dell’accertamento operato dall’Ufficio secondo cui l’attività di acquisto di mezzi e attrezzature agricole, pure descritta alle lettere c) e d) dell’art. 3 RAGIONE_SOCIALE Statuto, non poteva considerarsi attività commerciale, con la conseguente eliminazione dal bilancio commerciale RAGIONE_SOCIALE voci relative ai beni strumentali e RAGIONE_SOCIALE relative quote di ammortamento ed il recupero dell’Iva indebitamente detratta sugli acquisti effettuati dai soci, i giudici di secondo grado hanno ritenuto che l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente, che si era limitata a richiamare l’art. 3 RAGIONE_SOCIALE Statuto e a produrre il Decreto della Regione Calabria che ricomprendeva la stessa nell’elenco dei beneficiari del POR Calabria , non avesse fornito alcuna prova della strumentalità di detti acquisti rispetto ai fini istituzionali dell’RAGIONE_SOCIALE .
Il secondo mezzo deduce , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 2909 e 2697 cod. civ. e la violazione del giudicato esterno formatosi sulla natura, in capo ad RAGIONE_SOCIALE, di associazione riconducibile ad ente morale di cui alla prima parte del secondo inciso del comma 4 dell’art. 4 del d.P.R. n. 633 del 1972 e, dunque ,non ascrivibile tra le RAGIONE_SOCIALE (contemplate dalla seconda parte del ripetuto inciso). L’RAGIONE_SOCIALE aveva eccepito nel processo (in primo e in secondo grado) che, giusta sentenza della Commissione Tributaria Centrale n. 3680/97, passata in cosa giudicata, sia pure relativamente a diverso anno di imposta, essa aveva visto ricondurre ad attività di impresa le prestazioni rese agli associati dietro corresponsione, da parte degli stessi, di contributi supplementari determinati in ragione RAGIONE_SOCIALE maggiori o diverse prestazioni cui avevano diritto, in applicazione, appunto, della prima parte del secondo inciso del comma 4 dell’art. 4 del d.P.R. n. 633 del 1972 e il dato era stato correttamente recepito dal Giudice di primo grado. Si trattava di una qualificazione che aveva una portata che oltrepassava i limiti degli anni di imposta inerenti al contenzioso ivi deciso e che faceva stato anche nei periodi successivi, salvo modificazioni statutarie di cui la parte interessata forniva la prova.
2.1 Il motivo deve essere dichiarato inammissibile per carenza di autosufficienza atteso il mancato richiamo, nel ricorso per cassazione, del testo integrale del giudicato del quale si assume la mancata interpretazione da parte del giudice d’appello e si chiede a questa Corte di accertare la portata.
2.2 Soccorre, al riguardo, l’orientamento consolidato di questa Corte, secondo cui « Nel giudizio di legittimità, la parte ricorrente che deduca l’inesistenza del giudicato esterno invece affermato dalla Corte di appello deve, per il principio di autosufficienza del ricorso ed a pena
d’inammissibilità RAGIONE_SOCIALE stesso, riprodurre in quest’ultimo il testo integrale della sentenza che si assume essere passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il richiamo a stralci della motivazione» . (Cass., 19 agosto 2020, n. 17310; Cass., 23 giugno 2017, n. 15737; Cass., 11 febbraio 2015, n. 2617; Cass., Sez. U., 27 gennaio 2004, n. 1416).
2.3 Il motivo è pure infondato, in quanto, come questa Corte ha già precisato, deve escludersi che il giudicato intervenuto tra le stesse parti in relazione al medesimo tributo, e relativo ad un singolo periodo d’imposta, sia idoneo, a «fare stato», in via generalizzata, per ulteriori periodi, precedenti o successivi, potendo avere un tale effetto solo in relazione a quelle statuizioni che siano relative a qualificazioni giuridiche, o ad altri eventuali elementi preliminari caratterizzati dalla durevolezza nel tempo. L’efficacia di giudicato su di un’annualità estende, dunque, i suoi effetti anche alle altre nel caso in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno durata pluriennale e sono idonei a produrre effetti lungo un arco temporale che comprende più periodi d’imposta; tali fatti sono allora suscettibili di essere considerati, ai presenti fini, come un unico periodo d’imposta (Cass., 24 maggio 2022, n. 16684).
2.4 Così non è nel caso in questione, dove rileva la natura commerciale o meno RAGIONE_SOCIALE diverse attività poste in essere dall’RAGIONE_SOCIALE nei diversi anni e, specificamente, come si ricava, a pag. 5 del controricorso, nella sentenza della Commissione Tributaria Centrale n. 3680/97, negli anni di imposta 1986 -1990, mentre nella vicenda in esame, viene in rilievo l’anno d’imposta 2008 e l’accertamento fondato su elementi di fatto che erano stati raccolti durante la verifica fiscale compiuta nell’anno 2011.
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso deve essere rigettato e l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente va condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese
processuali, sostenute dalla RAGIONE_SOCIALE controricorrente e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis , RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, in data 12 settembre 2024.