Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32700 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32700 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
Oggetto: attività di locazione / alberghiera – differenza ai fini IVA
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3451/2024 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa dall’ Avvocatura Generale dello Stato con domicilio in Roma, INDIRIZZO (PEC: EMAILavvocaturastatoEMAIL
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME in persona del legale rappresentante pro tempore giusta procura speciale congiunta digitalmente all’atto con la PEC di notifica dall’avv. NOME COGNOME (PECEMAIL e dall’avv. NOME COGNOME (PECEMAIL con elezione di domicilio digitale presso l’indirizzo PEC dei citati difensori e domicilio fisico presso il loro studio in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sardegna, n. 831/01/2023 depositata in data 28/11/2023, notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 22/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
-la società RAGIONE_SOCIALE non residente in Italia, ricorreva contro gli avvisi di accertamento ad essa notificati aventi ad oggetto l’IVA richiesta per gli anni d’imposta 2000, 2001 e 2002;
la CTP accoglieva i ricorsi ritenendo difettosa la prova che l’attività svolta dalla società ricorrente, anche se effettuata attraverso una stabile organizzazione in Italia, potesse essere qualificata come attività alberghiera ai fini IVA; tale attività, secondo la sentenza di primo grado, costituiva attività di mera locazione di immobili turistici, in mancanza di servizi accessori di carattere personale (pulizia dei locali più o meno giornaliera, cambio periodico della biancheria);
-appellava l’Ufficio; la società proponeva appello incidentale riproponendo le eccezioni pregiudiziali rigettate in primo grado;
con la sentenza qui gravata la CTR ha respinto l’appello principale dichiarando assorbita l’impugnazione incidentale, in quanto ha ritenuto assente la prova della natura turistico -alberghiera dell’attività esercitata dalla società contribuente non residente in Italia;
ricorre a questa Corte l’Agenzia delle Entrate con atto due motivi;
resiste la società contribuente; la stessa propone anche ricorso incidentale articolato in tre motivi;
Considerato che:
-vanno preliminarmente trattate e disattese le eccezioni di inammissibilità proposte da parte controricorrente;
invero, il ricorso non richiede surrettiziamente una revisione del fatto, ma pone una questione di diritto il cui ingresso è ammesso in questa sede di Legittimità;
inoltre, poiché incentrato su detta questione, il gravame si sottrae alla inammissibilità per c.d. ‘doppia conforme’, dal momento che tale
situazione processuale preclude la proposizione di ricorso per omesso esame di fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c., non l’impugnativa in cassazione tesa a denunciare la violazione di legge;
la questione è posta poi in modo affatto generico, ma puntualmente determinata e illustrata;
venendo allora alla disamina dei motivi di gravame, il primo motivo di ricorso principale deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 10, comma 1, n. 8) e 16, comma 2, (tab. A – parte III – n. 120) del d.P.R. n. 633 del 1972 in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.; secondo l’Amministrazione Finanziaria ricorrente la Corte di Giustizia Tributaria ha ritenuto non provata la natura turistico-alberghiera delle prestazioni fornite dalla società non residente del tutto erroneamente, avendo dando atto esplicitamente, in difformità della sentenza di primo grado, della sussistenza dei servizi ulteriori rispetto alla mera locazione degli immobili come risultanti dalle dichiarazioni rese dalle dipendenti della contribuente al personale della Guardia di Finanza. Nel dettaglio si trattava della pulizia degli appartamenti e della fornitura della biancheria da letto e da bagno;
il secondo motivo si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 55 del d. P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 2697 c.c. nel quadro dell’accertamento induttivo in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.; secondo l’Agenzia delle Entrate ricorrente la sentenza impugnata ha addebitato erroneamente all’Ufficio il non aver fornito la prova certa sull’esistenza di prestazioni turistico-alberghiere accertate in capo alla contribuente, così erroneamente invertendo il peculiare modo di atteggiarsi dell’onere della prova;
i motivi possono trattarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi tra di loro;
gli stessi si rivelano infondati;
va premesso che questa Corte ritiene da tempo (Cass. n. 6501/2014 e prima Cass. n. 8129/01) con riferimento espresso alla disposizione del punto 120 della parte terza della tabella A allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, (disposizione che nel testo ratione temporis vigente prevedeva
l’aliquota Iva agevolata del 9% per le “prestazioni rese ai clienti alloggiati nelle aziende alberghiere, escluse quelle classificate di lusso, e nei parchi di campeggio”) che “per l’applicazione della aliquota agevolata occorrono dunque due requisiti: che il cliente sia “alloggiato” e che i servizi gli siano resi nell’ambito di una “azienda alberghiera”, cioè di una struttura che fornisce alcuni servizi non meramente accessori (pulizia, cambi biancheria, pasti…); il che differenzia questi rapporti rispetto alla locazione di una porzione di immobile ad uso abitativo, o dalla ospitalità a pagamento nell’ambito di una famiglia”;
invero, nel presente caso, la Corte di merito ha accertato in fatto, con motivazione del tutto chiara e con valutazione non più rivedibile in questa sede di Legittimità, valutando le prove versate in atti che ‘ non vi è, però, la prova che l’attività possa essere qualificata come di tipo turistico -alberghiero, in quanto gli elementi raccolti dagli inquirenti depongono nel senso dell’assoluta mancanza dei cc.dd. servizi supplementari. Contrariamente a quanto argomentato dall’Agenzia delle Entrate, infatti, le deposizioni del personale di servizio escludono che venissero effettuate le pulizie giornaliere ed il cambio della biancheria, essendo l’attività limitata alla mera consegna di un immobile (ovviamente) pulito ed al ritiro delle chiavi’ ;
ancora, essa ha ritenuto che ‘alla luce delle concordi dichiarazioni del personale dipendente, il ‘prospetto riepilogativo di biancheria’ non potrebbe essere inteso nel senso che riassuma le spese per i cambi (più o meno) quotidiani, ma per quelli (peraltro necessari) effettuati al termine del periodo di permanenza di ciascun cliente. Per altro verso, al p.v.c. non risulta allegata la traduzione del dépliant e dei file, sicché le deduzioni dell’appellante non possono inficiare in alcun modo il chiarissimo quadro probatorio, emergente dalle dichiarazioni del personale delle pulizie. Pertanto, come correttamente ritenuto dal giudice di prime cure, non vi è la prova della natura turistico -alberghiera dell’attività esercitata dalla società in Italia’ ;
questo Collegio non ignora che per costante giurisprudenza, anche recente, di questa Corte (Cass. Sez. 5, ord. n. 2600/2019) in materia di
IVA, in ipotesi di concessione in godimento di un immobile arredato accompagnata dalla prestazione di servizi non direttamente inerenti al godimento della res locata (come la climatizzazione o la somministrazione di acqua, luce e gas), ma di carattere personale (come le pulizie od il cambio della biancheria), il rapporto, specialmente se come nella specie – si inserisce in un attività avente ad oggetto la cessione di una pluralità di immobili, non è qualificabile come locazione immobiliare ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 10 del d.P.R. n. 633 del 1972 (anche Cass., Sez. 6-5, n. 6501/2014);
– si è in argomento ulteriormente precisato che (Cass. Sez. 6-5, n. 15545/2022) l’attività di affitta camere presenta natura analoga a quella alberghiera, seppur si differenzi per le dimensioni più modeste. In argomento si è stabilito (Cass. n. 109/2016) che per così dire ontologicamente l’attività di affittacamere è del tutto sovrapponibile – in contrapposto all’uso abitativo – a quella alberghiera e, pure, a quella di bed and breakfast , comportando, non diversamente da un albergo, un’attività imprenditoriale, un’azienda ed il contatto diretto con il pubblico; essa, infatti, richiede non solo la cessione in godimento del locale ammobiliato e provvisto delle necessarie somministrazioni (luce, acqua, ecc.), ma anche la prestazione di servizi personali, quali il riassetto del locale stesso e la fornitura della biancheria da letto e da bagno (Cass. n. 109/2016; analogamente Cass. n. 21562/2020; Cass. n. 704/2105; Cass. n. 26087/2010; Cass. n. 17167/2002). In questo senso l’attività di affitta camere presenta natura analoga a quella alberghiera seppur si differenzi per le dimensioni più modeste;
nel contesto che si è detto, la fornitura ripetuta di biancheria da bagno e da letto, nonché il riassetto delle camere e la fornitura giornaliera di colazione rappresentano quindi servizi personali riconducibili al servizio alberghiero e quindi ad un’attività che presti tali servizi senza dubbio va considerata di impresa commerciale (cfr. Cass. n. 5355/2020; Cass. n. 8308/2018);
nondimeno, tale giurisprudenza -che il Collegio, come si è detto, pienamente condivide -non viene in rilievo nel caso che ci occupa:
l’accertamento di fatto operato dal giudice del merito ha escluso che i servizi prestati, oltre la messa a disposizione del bene immobile, risultassero prestazioni ulteriori non direttamente inerenti il godimento della r es locata ;
si trattava infatti, in sintesi, come scrive con chiarezza la sentenza di merito, di operazioni di pulizia e cambio biancheria che avvenivano in occasione del cambio di inquilino e non giornalmente o ripetutamente a favore del medesimo inquilino, nel corso del soggiorno, quale prestazione di riassetto dei locali come avviene invece nelle locazioni alberghiere. Come tali, in quanto limitate a consentire solamente la messa a disposizione di un immobile pulito, quindi suscettibile di nuovo utilizzo da parte di NOME dopo l’utilizzo da parte di NOME, correttamente il giudice del merito le ha ritenute, in applicazione proprio dei principi di diritto sopra enunciati da questa Corte, strumentali al godimento del bene de quo che in quanto destinato a uso di vacanze, con godimento quindi turnario da parte dei conduttori, va messo a disposizione di ogni inquilino -per il periodo locato -debitamente ripulito; diversamente sarebbe inidoneo all’uso in forza della relazione contrattuale tra le parti che presuppone la pulizia come requisito di idoneità del bene al godimento dello stesso da parte del conduttore;
pertanto, il ricorso principale va rigettato;
alla luce della decisione che precede, il ricorso incidentale condizionato è assorbito e
le spese sono regolate dalla soccombenza;
p.q.m.
rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore di parte controricorrente che liquida in euro 11.000,00 per compensi ed euro 200 per esposti, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2024.