LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Attività agricola connessa: onere della prova

La Cassazione chiarisce che in caso di attività agricola connessa, come la commercializzazione di prodotti di terzi, spetta al contribuente l’onere della prova della prevalenza dell’attività agricola per beneficiare del regime fiscale agevolato. Ribaltata la decisione di merito che aveva erroneamente addossato la prova al Fisco.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 30 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Attività Agricola Connessa: A Chi Spetta l’Onere della Prova?

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito un chiarimento fondamentale sul regime fiscale dell’attività agricola connessa, specificando su chi ricade l’onere della prova per beneficiare delle agevolazioni fiscali. La decisione ribalta un principio spesso frainteso, stabilendo che è il contribuente, e non l’Agenzia delle Entrate, a dover dimostrare la prevalenza dell’attività agricola principale rispetto a quella commerciale accessoria.

I Fatti di Causa: Tra Attività Agricola e Commerciale

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato a un’imprenditrice agricola per l’anno d’imposta 2014. L’Agenzia delle Entrate contestava la natura dell’attività svolta, ritenendola prevalentemente commerciale e non agricola. L’imprenditrice, oltre a coltivare i propri terreni, acquistava ingenti quantità di prodotti ortofrutticoli (carote) da terzi, li lavorava (lavaggio) in un capannone ottenuto in comodato e li rivendeva.

Secondo l’Amministrazione Finanziaria, i ricavi derivanti dalla commercializzazione di prodotti acquistati superavano quelli provenienti dalla produzione propria. Di conseguenza, l’intero reddito avrebbe dovuto essere tassato secondo le regole del reddito d’impresa e non con il più vantaggioso regime catastale previsto per il reddito agrario.

Nei primi due gradi di giudizio, le commissioni tributarie avevano dato ragione alla contribuente, sostenendo che l’Ufficio non era riuscito a provare con certezza gli acquisti “in nero” contestati e che, pertanto, l’attività dovesse considerarsi prevalentemente agricola.

La Decisione della Cassazione e l’Onere della Prova nell’Attività Agricola Connessa

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza della Commissione Tributaria Regionale e rinviando la causa per un nuovo esame. Il punto cruciale della decisione risiede nell’errata applicazione del principio sull’onere della prova.

I giudici di legittimità hanno stabilito che i giudici di merito hanno commesso un errore invertendo tale onere. Quando un contribuente svolge un’attività mista, in parte agricola e in parte commerciale (come l’acquisto e la rivendita di prodotti di terzi), e intende avvalersi del regime fiscale agevolato previsto per le attività agricole, spetta a lui dimostrare la sussistenza dei requisiti di legge. In particolare, deve provare che l’attività commerciale è “connessa” e non prevalente rispetto a quella agricola principale.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che la sentenza impugnata era viziata da un “difetto di sussunzione”: i giudici di merito hanno valorizzato elementi di fatto (la mancata prova degli acquisti in nero da parte del Fisco) che erano inidonei a trarre le conseguenze giuridiche affermate. L’errore è stato porre a carico dell’Ufficio l’onere di dimostrare gli acquisti non dichiarati, ritenendo che la loro mancata prova confermasse automaticamente la prevalenza dell’attività agricola.

Al contrario, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: chi invoca un beneficio fiscale ha l’onere di dimostrare di possederne i requisiti. Di fronte a dati certi, come l’acquisto, la lavorazione e la rivendita di prodotti altrui, era compito della contribuente provare che tale attività fosse secondaria rispetto alla produzione diretta. La semplice contestazione della gravità degli indizi raccolti dagli agenti accertatori non è sufficiente. La contribuente avrebbe dovuto fornire prove concrete (documentazione contabile, dati sulla produzione, ecc.) per dimostrare la “prevalenza” della sua attività agricola esercitata per connessione.

Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta un monito importante per tutti gli imprenditori agricoli che svolgono attività connesse. La decisione chiarisce che non è sufficiente respingere le contestazioni del Fisco, ma è necessario essere in grado di dimostrare attivamente e con prove documentali la natura prevalentemente agricola della propria attività. Per beneficiare del regime fiscale agevolato, è indispensabile mantenere una contabilità chiara e dettagliata che possa comprovare in ogni momento come l’attività di trasformazione o commercializzazione di prodotti, specialmente se acquistati da terzi, rimanga un’attività accessoria e non il cuore del business.

A chi spetta l’onere della prova per beneficiare del regime fiscale agevolato in caso di attività agricola connessa?
Spetta al contribuente. Egli deve dimostrare che l’attività commerciale (es. acquisto e rivendita di prodotti di terzi) è secondaria e connessa all’attività agricola principale, la quale deve essere prevalente.

Quale errore ha commesso la corte di merito secondo la Cassazione?
La corte di merito ha commesso un “vizio di sussunzione” invertendo l’onere della prova. Ha erroneamente posto a carico dell’Agenzia delle Entrate il compito di dimostrare gli acquisti non dichiarati, invece di richiedere alla contribuente di provare il suo diritto al regime agevolato dimostrando la prevalenza dell’attività agricola.

La semplice commercializzazione di prodotti agricoli acquistati da terzi rientra nel reddito agrario?
No. La Cassazione chiarisce che la semplice commercializzazione di prodotti agricoli altrui è un’attività commerciale, in quanto priva di ogni legame di strumentalità e complementarità con l’attività di coltivazione del fondo o di allevamento. Per rientrare nel regime agricolo, deve essere provata la sua natura “connessa” e non prevalente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati