Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33568 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33568 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
Oggetto: reddito lav. autonomo – abitualità
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11148/2023 R.G. proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME (PEC: EMAILordineavvocatiromaEMAIL) NOME COGNOME (PEC: EMAILpecEMAILit) e NOME COGNOME (PEC: EMAIL)
-ricorrente – contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (PEC: EMAILavvocaturastatoEMAIL)
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sardegna n. 618/05/2019 depositata in data 07/10/2019, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 05/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME ricorreva alla CTP di L’Aquila contestando l’avviso di accertamento n. TA3011401849/2019, con il quale Agenzia delle Entrate contestava al contribuente, per la dichiarazione UNICO 2015 (redditi anno 2014), l’ infedele presentazione della dichiarazione e omessa presentazione della dichiarazione ai fini IVA e per l’effetto, rideterminava le imposte dovute per IRPEF e IVA, irrogando altresì le relative sanzioni; – la CTP riteneva parzialmente fondato il ricorso accogliendolo in detta parte;
-l’Ufficio appellava tale pronuncia nel capo della sentenza che l’aveva visto soccombente;
la CTR, non costituendosi il contribuente, accoglieva l’appello; essa riteneva in sintesi che l’attività di consulenza svolta dal contribuente rivestisse il carattere dell’abitualità, in quanto attuata in modo continuativo e con la professionalità derivante dall’applicazione di conoscenze tecnico-giuridiche direttamente collegate all’attività di lavoro autonomo di ricercatore per la quale aveva attiva la partita IVA;
ricorre a questa Corte NOME COGNOME con atto affidato a due motivi; l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso;
il Consigliere delegato ha depositato proposta di definizione accelerata del ricorso ex art. 380 bis c.p.c., alla quale ha fatto seguito istanza del ricorrente di decisione da parte del Collegio;
Considerato che:
il primo motivo denuncia la nullità della sentenza impugnata, per avere reso essa motivazione apparente;
– il motivo è manifestamente infondato; è ormai principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo la quale (Cass. VI-5, n. 9105/2017) ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. In tali casi la sentenza resta sprovvista in concreto del c.d. “minimo costituzionale” di cui alla nota pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U, n. 8053/2014, seguita da Cass. VI 5, n. 5209/2018). Nel presente caso, la sentenza correttamente e compiutamente motiva in modo analitico e chiaro in ordine all’assoggettabilità dell’attività di consulenza svolta dal ricorrente alla disciplina dell’attività abituale e non a quella occasionale;
il secondo motivo deduce la nullità della sentenza di merito per violazione e falsa applicazione degli artt. 53 e 67 TUIR; secondo il ricorrente la Commissione Tributaria Regionale per l’Abruzzo, sulla base della rappresentazione del fatto come descritto in sentenza, ha fatto erronea e falsa applicazione dell’art. 53 e dell’art. 67, comma I, lett. l) del TUIR, confondendo la nozione di pluralità con quella di abitualità;
anche tale motivo è manifestamente infondato;
Cons. Est. NOME COGNOME 3 – la giurisprudenza di Legittimità è costante nel ritenere che l’elemento dell’abitualità ossia della reiterazione nel tempo, abbinato a quello della professionalità delimita un’attività caratterizzata da ripetitività, regolarità, stabilità e sistematicità di comportamenti. Al contrario, l’attività occasionale si concretizza nei caratteri della contingenza, eventualità e secondarietà (Cass. 1052/1988; Cass. 15031/2014; Cass. n. 4419 del 2021) di talché anche l’effettuazione di una sola operazione, in presenza dei predetti comportamenti, integra l’esercizio di una abituale attività economica. Nel caso in trattazione i sopra citati requisiti, secondo quanto accertato in fatto dalla CTR, emergono chiaramente
dalla pluralità delle prestazioni effettuate sia nei confronti dello stesso committente, sia di altri mandatari, nell’anno 2014 ed in quelli precedenti e successivi;
ciò chiarito, nella fattispecie del tutto correttamente, il giudice del merito ha valutato non solo il numero delle prestazioni (rilevandone la pluralità) ma anche la loro estensione nel tempo (l’esecuzione nell’anno 2014 e negli anni precedenti e successivi) e il loro indirizzarsi a diversi soggetti. L’elemento della pluralità, in concreto, non è stato qui ritenuto il solo elemento atto a dimostrare l’abitualità, avendo rilevato la CTR la sussistenza anche degli ulteriori requisiti richiesti ex lege ;
-dall’esame complessivo di tali elementi, senza confondere affatto la pluralità dei fatti (circostanza provata) l’abitualità delle prestazioni (circostanza da provarsi), il giudice di appello ha tratto corrette conclusioni anche in diritto;
le spese sono regolate dalla soccombenza e vengono liquidate così come in dispositivo in favore della sola Agenzia delle Entrate Riscossione, costituitasi nel presente giudizio;
poiché la presente decisione fa seguito ad istanza di decisione proposta al Collegio in seguito alla comunicazione di proposta di definizione accelerata del giudizio ex art. 380 bis c.p.c. va applicata la giurisprudenza recente di questa Corte (si vedano in termini le pronunce Cass. Sez. Un, Ordinanza n. 28540 del 13/10/2023; Cass. Sez. Un., Ordinanza n. 27195 del 22/09/2023; ancora, conforme alle precedenti risulta la recente Cass. Sez.3, Ordinanza n. 31839 del 15/11/2023) secondo la quale in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380 – bis, comma 3, c.p.c. (come novellato dal d. Lgs. n. 149 del 2022), nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c.
tale disposizione codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente;
debbono quindi liquidarsi ex art. 96 terzo comma c.p.c. l’importo di euro 2.900,00 a carico di parte soccombente ed ex art. 96 quarto comma c.p.c. ancora l’ulteriore importo di euro 500,00 sempre a carico di parte soccombente da versarsi quest’ultimo alla cassa delle ammende;
p.q.m.
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore di parte controricorrente che liquida in euro 5.800,00 oltre a spese prenotate a debito, oltre che al pagamento della ulteriore somma di euro 2.900,00 ex art. 96 c. 3 c.p.c. sempre in favore di parte controricorrente e al pagamento della ancora ulteriore somma di euro 500,00 ex art. 96 c. 4 c.p.c. a favore della cassa delle ammende. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 dei 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della i. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, con onere a carico delle parti ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2024.