Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19225 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19225 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/07/2025
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 13050/2022 R.G. proposto da
COGNOME NOME COGNOME in qualità di liquidatore della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione o, in subordine, quale erede dell’ex socio NOME Dante o, in ulteriore subordine, quale consegnataria di ciascun atto impugnato, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso (PEC: EMAIL;
EMAIL);
-ricorrente – contro
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria n. 869/02/2021, depositata il 12.11.2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’11 marzo 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Oggetto:
Tributi
RILEVATO CHE
La CTP di Genova rigettava i ricorsi riuniti proposti da COGNOME NOME avverso due avvisi di intimazione riguardanti la società RAGIONE_SOCIALE per debiti di natura tributaria, relativi agli anni 2007 e 2008, sostenendo, tra l’altro, che correttamente gli avvisi erano stati notificati, nel 2017, alla società, estinta nel 2016, in quanto tale soggetta al regime di differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione , introdotto dall’art. 28 della l. n. 175/ 2014;
con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale della Liguria ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dalla contribuente, osservando, per quanto qui rileva, che esso era tardivo, in quanto era stato notificato all’Ufficio in data 9.08.2019, mentre la sentenza di primo grado era stata pubblicata il 12.04.2018 e non si applicava la sospensione dei termini, prevista dall’art. 6, comma 11, del d.l. n. 119 del 2018, in quanto la definizione agevolata relativa a detta disposizione riguarda solo le controversie aventi ad oggetto gli atti impositivi e quelli impugnati erano atti prodromici a provvedimenti di mera riscossione;
la contribuente impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, illustrati con memoria;
-l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, la contribuente deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 1, comma 2, 40, comma 1, lett. a), e comma 2, 42, comma 1, 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, 298, comma 1, 300, commi 1 e 4, 304 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per non avere la CTR dichiarato l’interruzione del processo essendo venuto meno in data 20.01.2021 il quinquennio di ultrattività fiscale, previsto dall’art. 28, comma 4, della l. n. 175 del 2014 ed avendo la società RAGIONE_SOCIALE perduto la
capacità di stare in giudizio nel processo tributario facendo venir meno anche lo ius postulandi in capo al difensore della stessa, con conseguente nullità di tutti gli atti del processo, compresa la sentenza impugnata, posti in essere dopo l’evento interruttivo;
– con il secondo motivo, deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 36, comma 2, n. 4, 1, comma 2, e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, 132, n. 4 e 156, comma 2, cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ., 111 Cost., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR dichiarato erroneamente l’inammissibilità dell’appello, affermando, con una motivazione apparente, che ‘ la controversia ha per oggetto due intimazioni di pagamento (ex art. 29, comma 1, lett. a), DL 78/2010), che si sostanziano in due inviti ad adempiere il versamento, entro 60 giorni, degli importi dovuti, ex art. 68 D.Lgs. 546/92, a seguito di due sentenze della CTR Liguria favorevoli all’Ufficio e dunque, ancorché configurabili quali atti prodromici a provvedimenti di mera riscossione’;
– con il terzo motivo, deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 29, comma 1, d.l. n. 78/2010 e 6, comma 11, del d.l. n. 119/2018 conv. con modificazioni in l. n. 136/2018, 18, 19 e 38, ultimo comma, del d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., non avendo la CTR considerato che la controversia riguardava l’impugnazione di atti impoesattivi, avendo la società dedotto che detti atti erano strettamente collegati agli atti prodromici costituiti dalle sentenze n. 1215/02/2016 e n. 1214/02/2016 della CTR Liguria, peraltro afflitte da giuridica inesistenza e quindi prive di qualsivoglia sostanza impositiva, in quanto emesse nei confronti di soggetto (RAGIONE_SOCIALE) non più esistente in quanto estinto a far data dal 20/1/2016; sostiene, quindi, che la controversia era stata attivata nei confronti dell’Agenzia delle entrate e aveva sostanza impositiva per essere stata con essa
contestata la sussistenza di ogni pretesa impositiva nei confronti della contribuente;
per ragioni di evidente priorità logica e di connessione vanno esaminati prima, e insieme, il secondo e il terzo motivo, che sono infondati;
dalla sentenza impugnata e dallo stesso ricorso per cassazione (p. 2 e ss., che recano la trascrizione di parte del contenuto delle intimazioni, le quali espressamente si riferiscono a ‘ imposte, interessi e sanzioni in base a quanto deciso nella sentenza citata ‘ ) si evince che gli atti impugnati non erano avvisi di accertamento esecutivi o atti impoesattivi, in quanto, proprio come ha chiarito la CTR, ‘ la controversia ha per oggetto due intimazioni di pagamento (ex art. 29, comma 1, lett. a), DL 78/2010), che si sostanziano in due inviti ad adempiere il versamento, entro 60 giorni, degli importi dovuti, ex art. 68 D.Lgs. 546/92, a seguito di due sentenze della CTR Liguria favorevoli all’Ufficio e dunque, ancorché configurabili quali atti prodromici a provvedimenti di mera riscossione, indubbiamente gli atti impugnati, non sono qualificabili come atti impositivi’ ;
-le intimazioni di pagamento impugnate, infatti, erano state notificate alla contribuente a seguito di due distinte sentenze della CTR della Liguria, favorevoli all’Ufficio, emesse in relazione ad altrettanti prodromici avvisi di accertamento, notificati alla società contribuente; si trattava, quindi, di mere intimazioni che riguardano una ripresa già individuata in precedenti atti impositivi, a loro volta impugnati e ritenuti legittimi dal giudice tributario;
è costante al riguardo, nella giurisprudenza di questa Corte e in dottrina, l’affermazione secondo cui esulano dal concetto di lite fiscale pendente e sono, quindi, insuscettibili di definizione agevolata le controversie aventi ad oggetto provvedimenti di mera liquidazione del tributo e non costituenti manifestazione di effettivo esercizio di potere
impositivo (Cass., Sez. U., n. 643/2015; conf., tra varie, Cass. n. 5755/2024 ; ancora con riguardo all’art. 6 del d.l. n. 119/18 e all’esclusione dal novero degli atti impositivi dell’intimazione di pagamento, vedi anche Cass. n. 32039/24);
con la sentenza n. 643/15 le Sezioni Unite hanno quindi chiarito che ‘ essendo espressione di esercizio non originario, ma solo derivato, del potere impositivo, atti puramente liquidatori, in quanto tali non condonabili, sono, di certo, quelli con cui viene intimato il pagamento di imposta oggetto di pregresso atto impositivo divenuto definitivo per effetto di mancata impugnazione o dell’esito del giudizio ad essa conseguito ‘;
-ad analoghe considerazioni si giunge nell’ipotesi in esame, in cui si discute, come si evidenzia in sentenza, di riscossione frazionata ex art. 68 del d.lgs. n. 546/92, in quanto in tal caso l’atto di intimazione è un atto vincolato, considerato che il titolo della pretesa impositiva è costituito dalla sentenza posta a base della riscossione (Cass. n. 2519 del 2024, punto 5.3);
le Sezioni Unite hanno quindi sottolineato che rientra nel novero degli atti impositivi, in quanto tali suscettibili di definizione agevolata, la cartella di pagamento, purché, però, essa costituisca il primo atto col quale il contribuente sia stato reso edotto della pretesa fatta valere dall’Amministrazione nei suoi confronti, la quale, proprio per la mancanza di un previo avviso di accertamento, assume natura di atto complesso, in quanto, oltre a svolgere la funzione di un comune precetto, “impone” per la prima volta al contribuente una prestazione determinata nell’ an e nel quantum ; hanno aggiunto che, anche di là dalla natura formale dell’atto, rileva -ai fini della valutazione dell’ammissibilità o meno della definizione agevolataanche la considerazione della natura dei motivi d’impugnazione, come ad esempio nel caso in cui, nell’impugnare la cartella, si faccia valere il
preteso vizio di notifica dell’avviso di accertamento presupposto (Cass., Sez. U., n. 18298 del 2021); coerentemente, quanto alla pretesa per interessi, hanno ulteriormente aggiunto le Sezioni Unite, non è necessario che la cartella che faccia seguito a un avviso di accertamento prodromico relativo anche agli interessi rechi l’indicazione specifica delle modalità di calcolo d i questi e dei saggi di interesse applicati (Cass., Sez. U., n. 22281 del 2022);
– nel caso in esame, gli atti impugnati non hanno natura impositiva, essendo meri inviti ad adempiere rivolti alla società, emessi a seguito di sentenze del giudice tributario nei giudizi riguardanti gli atti impositivi, che contenevano pretese già definite e portate a conoscenza sempre della società, di cui l’odierna ricorrente è stata liquidatrice volontaria fino alla cancellazione; per quest’aspetto non può farsi applicazione del principio fissato da Cass. n. 15946/25, che ha ritenuto rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 6 del d.l. n. 119/18 gli atti di intimazione con i quali era stata per la prima (e unica) volta portata a conoscenza degli intimati, ex soci ed ex liquidatore, la pretesa tributaria vantata dall’Amministrazione nei confronti della società;
-l’esclusione della natura impositiva delle intimazioni in questione emerge d’altronde, sul piano sostanziale, anche dal concreto tenore delle contestazioni mosse col ricorso di primo grado, sunteggiate per i profili d’interesse col terzo motivo del ricorso in esame, e calibrate sulla pretesa giuridica inesistenza della sRAGIONE_SOCIALE che, a dire della stessa contribuente, già determinava la giuridica inesistenza delle sentenze n. 1215/02/16 e 1214/02/16, per effetto e in conseguenza delle quali è avvenuta la notifica delle due intimazioni di pagamento (si legge sul punto a pag. 24 del ricorso che ‘E così testualmente deducendosi, già nei ricorsi introduttivi contro i predetti atti impugnati (intimazioni di pagamento) l’illegittimità di ciascuno di
essi <>. Con la conseguenza che, <>, siccome <>, così come, del pari, era ciascuna sentenza di riferimento (n. 1215/02/2016 e n. 1214/02/2016 della CTR Liguria) riguardante ciascuno dei singoli avvisi di accertamento… ‘ );
la questione, quindi, non intercetta una pretesa impositiva nuova, ma la contestazione della pretesa impositiva già formulata e definita con le suddette sentenze, che la ricorrente non riferisce siano state in alcuna misura riformate;
corretta è quindi la qualificazione delle intimazioni come atti preordinati alla riscossione, di modo che con riguardo ai giudizi ad esse relativi non trova applicazione la sospensione dei termini per impugnare, prevista dall’art. 6, comma 11, del d.l. n. 119 del 2018 esclusivamente in riferimento alle ‘ controversie definibili ‘, ossia (comma 1) al ‘ le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi ‘ ;
-l’appello della contribuente, quindi, era stato proposto tardivamente;
il primo motivo risulta assorbito, essendo la sentenza impugnata passata in giudicato;
-in conclusione, il ricorso va rigettato e la contribuente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che si liquidano in complessivi euro 8.000,00, oltre alle spese prenotate a debito;
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così d eciso in Roma, nell’adunanza camerale dell’11 marzo 2025.