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Assoluzione penale e tasse: stop al processo tributario

Un’imprenditrice, titolare di un centro scommesse, riceve un accertamento fiscale per redditi non dichiarati derivanti da un’attività di raccolta gioco per un bookmaker estero non autorizzato. Dopo essere stata assolta in sede penale con la formula ‘perché il fatto non sussiste’, la Corte di Cassazione, chiamata a decidere sul ricorso dell’Agenzia delle Entrate, sospende il giudizio. L’ordinanza interlocutoria rinvia la causa a nuovo ruolo, in attesa che le Sezioni Unite si pronuncino sulla questione di massima riguardante il valore vincolante dell’assoluzione penale nel processo tributario.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Assoluzione Penale e Tasse: la Cassazione Sospende il Processo Tributario

L’interferenza tra giudizio penale e processo tributario è un tema complesso e di grande attualità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione mette in luce una questione cruciale: quale peso ha un’assoluzione penale definitiva, ottenuta con la formula ‘perché il fatto non sussiste’, all’interno di un contenzioso fiscale basato sui medesimi fatti? Il Collegio ha scelto la via della prudenza, sospendendo il giudizio in attesa di un verdetto delle Sezioni Unite.

I fatti del caso: dal gioco illecito all’accertamento fiscale

La vicenda ha origine da un avviso di accertamento notificato dall’Amministrazione Finanziaria alla titolare di un’impresa individuale. L’atto impositivo contestava ricavi non contabilizzati per quasi 30.000 euro, derivanti, secondo l’accusa, da un’attività di raccolta scommesse per conto di un bookmaker estero non autorizzato. L’Agenzia delle Entrate, sulla base di un processo verbale della Guardia di Finanza, riteneva che tali somme costituissero reddito imponibile ai fini Irpef e Irap.

Il giudizio di merito: reddito o semplice transito di somme?

La contribuente ha impugnato l’atto, ma il ricorso è stato inizialmente respinto dalla Commissione Tributaria Provinciale. In appello, tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale ha ribaltato la decisione. I giudici regionali hanno accolto la tesi difensiva, secondo cui le somme incassate non costituivano un reddito. Si trattava, piuttosto, di fondi detenuti solo temporaneamente, destinati al pagamento delle vincite ai giocatori e, per la differenza, al riversamento alla società estera. Tale meccanismo, secondo la CTR, escludeva la configurabilità di un reddito imponibile in capo all’intermediaria. Contro questa sentenza, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione.

L’impatto dell’assoluzione penale sul processo tributario

Il colpo di scena arriva durante il giudizio di legittimità. La contribuente deposita una memoria con cui documenta di essere stata definitivamente assolta nel parallelo procedimento penale, avente ad oggetto gli stessi fatti. L’assoluzione, divenuta irrevocabile, era stata pronunciata con la formula più ampia: ‘perché il fatto non sussiste’. Questo nuovo elemento ha cambiato radicalmente le carte in tavola, introducendo un dubbio fondamentale sulla legittimità della pretesa fiscale, fondata proprio su quel ‘fatto’ che il giudice penale ha ritenuto insussistente.

La questione rimessa alle Sezioni Unite e l’effetto dell’assoluzione penale

Di fronte a questa novità, la Corte di Cassazione ha rilevato come la questione del vincolo derivante dalla sentenza penale di assoluzione nel giudizio tributario sia di particolare importanza e sia già stata oggetto di un’altra ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite. La domanda chiave a cui la giurisprudenza dovrà dare una risposta definitiva è se e in che misura il giudice tributario sia vincolato da una sentenza penale irrevocabile che nega l’esistenza stessa del fatto storico posto a fondamento dell’accertamento fiscale.

le motivazioni della Corte di Cassazione

Il Collegio ha ritenuto opportuno non decidere la causa nel merito. La motivazione di questa scelta risiede nella pendenza della questione di massima di fronte alle Sezioni Unite. Per evitare possibili contrasti giurisprudenziali e per garantire certezza del diritto, la Corte ha deciso di sospendere il procedimento (‘rinviare la causa a nuovo ruolo’). La decisione finale sul ricorso dell’Agenzia delle Entrate verrà quindi presa solo dopo che le Sezioni Unite avranno chiarito, con una pronuncia di valore nomofilattico, gli effetti della sentenza penale di assoluzione nel processo tributario. Questa scelta prudenziale sottolinea la delicatezza e l’importanza del principio in gioco, che tocca il cuore del rapporto tra diversi ordini giurisdizionali.

le conclusioni

L’ordinanza interlocutoria rappresenta un momento di riflessione fondamentale nel dialogo tra giustizia penale e tributaria. L’esito della pronuncia delle Sezioni Unite avrà un impatto determinante non solo per questo caso specifico, ma per innumerevoli contenziosi in cui un’accusa penale e una pretesa fiscale si basano sugli stessi presupposti fattuali. La decisione chiarirà se il principio del ‘ne bis in idem’ sostanziale possa trovare applicazione trasversale, impedendo al Fisco di tassare proventi derivanti da un fatto che, per il giudice penale, non è mai esistito.

Per quale motivo la Corte di Cassazione ha sospeso il giudizio?
La Corte ha sospeso il giudizio perché è emerso un fatto nuovo e decisivo: l’assoluzione penale definitiva della contribuente con la formula ‘perché il fatto non sussiste’. Questa circostanza ha sollevato una questione giuridica di massima importanza, già rimessa alle Sezioni Unite, sugli effetti vincolanti della sentenza penale nel processo tributario.

Qual è la questione principale che le Sezioni Unite dovranno risolvere?
Le Sezioni Unite dovranno stabilire se una sentenza penale irrevocabile di assoluzione ‘perché il fatto non sussiste’ abbia un’efficacia vincolante per il giudice tributario, impedendogli di confermare un accertamento fiscale basato sullo stesso fatto storico che il giudice penale ha dichiarato inesistente.

Qual era l’oggetto della controversia fiscale originale?
La controversia riguardava la natura delle somme raccolte dalla titolare di un centro scommesse per conto di un bookmaker estero. L’Agenzia delle Entrate le considerava reddito imponibile non dichiarato, mentre la contribuente sosteneva che si trattasse di semplici somme di denaro in transito, destinate al pagamento delle vincite e al riversamento alla società estera, e quindi non configurabili come proprio reddito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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