Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9454 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9454 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, che ha indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore, alla INDIRIZZO in Roma;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’RAGIONE_SOCIALE, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 2423, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia il 17.4.2015, e pubblicata il 4.6.2015; ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; la Corte osserva:
Oggetto: Iva, Irap 2006 –RAGIONE_SOCIALE -Contestato difetto dei requisiti – Omessa dichiarazione dei redditi -Conseguenze.
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE notificava alla RAGIONE_SOCIALE, l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, avente ad oggetto la contestazione di redditi non dichiarati e conseguente debenza dei tributi, ai fini Iva ed Irap per l’anno 2006, per un totale di Euro 18.171,00, oltre accessori e sanzioni. A seguito di ripetuti confronti tra le parti, alla RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, è stato contestato di non aver rispettato le regole RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ed aver invece esercitato attività commerciale, estendendosi gli effetti di verifiche effettuate dalla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in relazione all’anno 2009 e concluse con Processo Verbale di Costatazione (PVC).
L’RAGIONE_SOCIALE impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Lodi, proponendo plurime censure. La CTP riteneva infondate le sue difese e respingeva il ricorso.
RAGIONE_SOCIALE, successore della RAGIONE_SOCIALE, spiegava appello avverso la pronuncia sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, rinnovando le proprie critiche. La CTR confermava la decisione dei primi giudici.
La società ha proposto ricorso per cassazione, avverso la decisione della CTR, affidandosi a quattro strumenti d’impugnazione. L’Amministrazione finanziaria resiste mediante controricorso.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso la contribuente lamenta il vizio di sottoscrizione dell’avviso di accertamento, per non avere la CTR pronunciato d’ufficio sul difetto di legittimazione del firmatario dell’atto impositivo.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente censura la violazione dell’art. 52 del Dpr n. 633 del 1972, a causa dell’omessa pronuncia del giudice del gravame sul difetto di preventiva autorizzazione all’accesso presso ‘locali diversi da quelli in cui si svolge l’attività commerciale’ (ric., p. 6), nell’asRAGIONE_SOCIALE dei necessari gravi indizi di violazione della normativa tributaria.
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la società contesta la violazione dell ‘ art. 148 del Dpr n. 917 del 1986 (Tuir), per avere la CTR erroneamente disconosciuto la natura di ente non lucrativo della RAGIONE_SOCIALE.
Mediante il quarto mezzo d’impugnazione, indicato come introdotto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., la società lamenta la omessa pronuncia del giudice del gravame sulla contestazione relativa ‘all’illegittimità dell’accertamento nella parte in cui riconosce solo ed esclusivamente l’Iva a debito e non anche l’Iva a credito’ (ric., p. 18).
Con il suo primo motivo di ricorso la società contesta la invalidità dell’avviso di accertamento, erroneamente non rilevata d’ufficio, per essere stato sottoscritto ‘da un dirigente dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE la cui nomina è risultata essere del tutto illegittima’ (ric., p. 5), in considerazione di quanto deciso dalla Corte costituzionale con pronuncia n. 37 del 2015.
5.1. Il motivo di impugnazione presenta gravi limiti di specificità. La ricorrente neanche riporta chi sia il funzionario firmatario dell’atto, e neppure indica per quale ragione la sua nomina dovrebbe considerarsi illegittima. Si è già avuto modo di statuire, in proposito, che ‘in tema di accertamento tributario, ai sensi dell’art. 42, primo e terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da
altro funzionario delegato di carriera direttiva, cioè da un funzionario di area terza di cui al contratto del RAGIONE_SOCIALE per il quadriennio 2002-2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, convertito dalla l. n. 44 del 2012′, Cass. sez. V, 26.2.2020, n. 5177.
5.1.1. Ancor prima, però, deve evidenziarsi come questa Corte regolatrice abbia chiarito che ‘in tema di avviso di accertamento, se il contribuente contesta la legittimazione del soggetto, diverso dal dirigente, alla sottoscrizione dell’atto, l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di dimostrare, in omaggio al principio di cd. vicinanza della prova, il corretto esercizio del potere producendo, anche nel corso del secondo grado di giudizio, la relativa delega, che pure è solo di firma e non di funzioni’, Cass. sez. V, 17.7.2019, n. 19190. Pertanto la contestazione dell’eventuale difetto di sottoscrizione dell’atto impositivo non è rilevabile d’ufficio, e deve essere fatta valere tempestivamente dal contribuente, al fine di consentire all’Amministrazione di produrre l’atto di delega.
Il primo strumento d’impugnazione risulta quindi tardivamente proposto, oltre a difettare nella specificità della contestazione, e deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
6. Mediante il secondo strumento di impugnazione la ricorrente censura la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice dell’appello non avendo pronunciato sul difetto di una valida e preventiva autorizzazione del Pubblico Ministero all’accesso ‘presso locali diversi da quelli in cui si svolge attività commerciale’ (ric., p. 6), in asRAGIONE_SOCIALE dei necessari gravi indizi di violazione della normativa tributaria. Risulta pacifico che il sostituto della competente Procura della Repubblica ha rilasciato l’autorizzazione, ma la contribuente ne contesta validità ed efficacia, non
sussistendo a suo parere i gravi indizi di violazione della normativa tributaria.
6.1. Anche in questo caso il motivo di ricorso presenta imperfezioni nella formulazione tecnica, perché l’omessa pronuncia del giudice su una domanda, ove effettivamente sussistente, può essere causa della nullità della sentenza, piuttosto che della (sola) violazione di legge.
Inoltre, e soprattutto, anche il secondo strumento di impugnazione proposto dalla contribuente presenta gravi limiti di specificità. Non indica la ricorrente in quali locali è avvenuto l’accesso di cui contesta la legittimità, con la conseguenza che non è possibile riscontrare che si tratti di luogo diverso rispetto a quello in cui si svolgeva l’attività dell’RAGIONE_SOCIALE che, a quanto è dato comprendere, sarebbe proprio la palestra in cui peraltro, secondo la controricorrente (controric., p. 10) sarebbe stato effettuato l’accesso.
Inoltre la ricorrente manca di riportare le specifiche formule con le quali aveva domandato al giudice dell’appello di pronunciarsi in materia, e non vi sono pertanto le condizioni per stimarne la congruità.
Anche il secondo motivo di ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
Con il terzo mezzo d’impugnazione la società contesta la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice del gravame per aver erroneamente disconosciuto la natura di ente non lucrativo della RAGIONE_SOCIALE. Deve in proposito ricordarsi che l’attenzione dell’Amministrazione finanziaria sull’RAGIONE_SOCIALE è stata richiamata anche perché non aveva presentato, per più annualità, alcuna dichiarazione dei redditi, e neppure disponeva di partita Iva.
7.1. La RAGIONE_SOCIALE ha ricordato, nella premessa della sua decisione, che l’Amministrazione finanziaria aveva contestato all’RAGIONE_SOCIALE
il difetto dei requisiti previsti dall’art. 148, ottavo comma, del Tuir, rilevando ‘a) la mancanza nella denominazione sociale, della finalità RAGIONE_SOCIALE e la ragione o denominazione sociale RAGIONE_SOCIALE; b) la mancata previsione, nello Statuto, del rispetto del principio di democrazia interna tra gli associati; c) la gestione dell’RAGIONE_SOCIALE da parte di due soli soci RAGIONE_SOCIALE la partecipazione degli altri; d) l’asRAGIONE_SOCIALE di finalità solidaristiche’ (sent. CTR, p. II).
Quindi il giudice dell’appelo, esaminati gli atti di causa, ha osservato che ‘la contribuente nulla ha provato in merito alla asserita natura non commerciale dell’attività esercitata e alla sussistenza RAGIONE_SOCIALE finalità solidaristiche alle quali dovrebbe ispirarsi la vita dell’RAGIONE_SOCIALE, posto che, dalla documentazione in atti risulta, al contrario, che le principali scelte gestionali venivano assunte dai signori COGNOME NOME, Presidente e COGNOME NOME, Segretario. Ciò che pure rileva è soprattutto l’insussistenza, nel caso di specie, della condizione prevista dall’art. 148 lettera c), comma 8 TUIR affinché l’RAGIONE_SOCIALE possa ritenersi ente non commerciale, ossia l’espressa previsione, da parte RAGIONE_SOCIALE Statuto, della non temporaneità della partecipazione del socio alle attività dell’ente … lo Statuto della contribuente nulla dispone al riguardo … la mancanza di tale requisito è confermata dal rilievo che veniva consentita la frequentazione dei corsi a soggetti del tutto estranei alla vita dell’RAGIONE_SOCIALE, da qualificarsi, più correttamente, come clienti terzi. Da quanto sopra deve pertanto ritenersi che l’RAGIONE_SOCIALE non possa essere assoggettata al regime fiscale previsto dall’art. 148 TUIR, non avendo dimostrato, né offerto di dimostrare, in questa sede, di possedere tutti i requisiti per essere qualificata quale ente non commerciale’ (sent. CTR, p. III).
7.2. La ricorrente non si confronta con la decisione assunta dal giudice dell’appello, non ne contrasta il fondamento. Insiste nel riproporre i propri argomenti secondo cui l’attività dell’RAGIONE_SOCIALE
è stata ‘finalizzata solo ed esclusivamente alla pratica ed alla diffusione RAGIONE_SOCIALE sport’ (ric., p. 9), ma questa finalità non esclude, evidentemente, lo svolgimento di attività lucrativa. Afferma la contribuente che l’RAGIONE_SOCIALE rispettava il principio della democrazia partecipativa, e sostiene di avere sempre svolto le assemblee dell’RAGIONE_SOCIALE, annunziandole con avvisi affissi in bacheca, ma non chiarisce come abbia provato simili circostanze e quale sia stata la frequenza di queste assemblee, e neppure indica quale sia stata la partecipazione a tali riunioni, anche in proporzione al numero degli associati. In proposito sembra opportuno ricordare come questa Corte di legittimità abbia già avuto occasione di chiarire che ‘le agevolazioni tributarie previste in favore degli enti di tipo associativo non commerciale, come le RAGIONE_SOCIALE, dall’art. 111 (ora 148) del d.P.R. n. 917 del 1986 si applicano solo a condizione che le RAGIONE_SOCIALE interessate si conformino alle clausole riguardanti la vita associativa, da inserire nell’atto costitutivo o nello statuto. (Nella specie, in applicazione del principio, la RAGIONE_SOCIALE ha annullato la decisione impugnata che, RAGIONE_SOCIALE motivare circa l’asRAGIONE_SOCIALE di attività assembleare ed in particolare in ordine alla mancata convocazione e partecipazione degli associati all’assemblea, aveva riconosciuto detta esenzione ad una RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE individuando i fruitori RAGIONE_SOCIALE relative attrezzature come soci e non come clienti)’, Cass. sez. V, 12.12.2018, n. 32119.
La contribuente, in ordine alle dichiarazioni sfavorevoli rese da alcuni associati alla RAGIONE_SOCIALE, invoca il timore dell’autorità, ma non chiarisce come abbia provato che le dichiarazioni raccolte non siano attendibili.
7.2.1. Soprattutto, l’RAGIONE_SOCIALE non contrasta i rilievi proposti dall’Amministrazione finanziaria, di cui la CTR ha riscontrato il fondamento, circa la mancanza, nella sua pubblicità,
dell’indicazione della natura di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Nulla oppone avverso il rilievo relativo alla mancata previsione, nello Statuto, del rispetto del principio di democrazia interna tra gli associati. Propone generici rilievi circa la gestione dell’RAGIONE_SOCIALE cui provvedevano due soli soci RAGIONE_SOCIALE la partecipazione degli altri, perché questi ultimi se ne sarebbero disinteressati, ma non indica come abbia dimostrato la circostanza. Non espone come abbia provato le finalità solidaristiche dell’RAGIONE_SOCIALE.
7.3. Questa Corte di legittimità ha già avuto modo di chiarire che ‘in tema di agevolazioni tributarie, l’esenzione d’imposta prevista dall’art. 148 del d.P.R. n. 917 del 1986 in favore RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non lucrative (nella specie, un’RAGIONE_SOCIALE), dipende non solo dall’elemento formale della veste giuridica assunta, ma anche dall’ effettivo svolgimento di attività RAGIONE_SOCIALE fine di RAGIONE_SOCIALE, il cui onere probatorio incombe sulla contribuente e non può ritenersi soddisfatto dal dato, del tutto estrinseco e neutrale, dell’affiliazione al RAGIONE_SOCIALE, essendo invece rilevante che le RAGIONE_SOCIALE interessate si conformino alle clausole relative al rapporto associativo, che devono essere inserite nell’atto costitutivo o nello statuto’ (Cass. sez. VI -V, 30.4.2018, n. 1039, evidenza aggiunta3).
7.3.1. Non solo. La ricorrente non contrasta neanche gli ulteriori rilievi proposti dalla CTR, secondo cui mancava l’espressa previsione, nello Statuto, della stabilità della partecipazione del socio alle attività dell’ente, nulla disponendo lo Statuto in proposito. Neppure contrasta, la contribuente, dimostrando come abbia provato l’infondatezza dell’argomento, che veniva consentita la frequentazione dei corsi a soggetti del tutto estranei alla vita dell’RAGIONE_SOCIALE, da qualificarsi, più correttamente, come clienti terzi, integrandosi un chiaro indice della natura lucrativa e non solidaristica dell’attività svolta dall’RAGIONE_SOCIALE.
Il terzo motivo di ricorso risulta pertanto infondato, e deve perciò essere respinto.
Mediante il quarto mezzo d’impugnazione, pur indicato come introdotto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., la società lamenta l’omessa pronuncia del giudice del gravame sulla contestazione relativa ‘all’illegittimità dell’accertamento nella parte in cui riconosce solo ed esclusivamente l’Iva a debito e non anche l’Iva a credito’ (ric., p. 18), richiamando al proposito alcune pronunce di merito ed i principi del diritto europeo.
8.1. La critica risulta mal esposta, perché anche in questo caso la contribuente si limita ad affermare che ‘relativamente a tale eccezione già sollevata in sede di primo grado e reiterata in secondo grado, nulla statuisce la CTR nella sentenza impugnata. Ancora una volta, pertanto, il Giudice di merito ha omesso di valutare una legittima eccezione di parte e ha completamente omesso ogni pronuncia’ (ric., p. 18). La ricorrente non provvede, però, ad indicare specificamente in quali atti processuali la sua contestazione sia stata proposta, mediante quali formule, e come sia stata diligentemente coltivata la censura, in modo da consentire a questa Corte di legittimità di assolvere al compito di verificare tempestività e congruità RAGIONE_SOCIALE censure proposte dalle parti, prima ancora di procedere a valutarne la loro decisività e fondatezza.
Il motivo di ricorso, come introdotto, risulta pertanto inammissibile.
8.1.1. Lo strumento di impugnazione, peraltro, risulta anche infondato. L’art. 19 ter del Dpr n. 633 del 1972 prevede, segnala l’Amministrazione finanziaria nel suo controricorso, che la detrazione dell’Iva assolta sugli acquisti non è ammessa quando la contabilità non sia tenuta o presenti irregolarità tali da renderla inattendibile.
Non solo, questa Corte regolatrice ha già avuto modo di specificare che ‘in tema di IVA, ai fini della detrazione dei costi,
non è sufficiente l’avvenuta contabilizzazione degli stessi, dovendo il contribuente dimostrarne, nell’ipotesi di contestazione dell’Amministrazione finanziaria, anche l’ esistenza, l’inerenza e la coerenza economica ‘, Cass. sez V, 26.9.2018, n. 22940 (evidenza aggiunta). Deve allora rilevarsi che nel caso di specie la contribuente neppure indica di quali specifici costi domanda la detrazione, tanto meno prova come abbia dimostrato la ricorrenza dei requisiti di esistenza, inerenza e coerenza economica di tali oneri.
Ancora, questa Corte ha specificato che ‘in tema di IVA, il diritto alla detrazione deve essere riconosciuto anche nel caso di violazione di requisiti formali di cui agli artt. 18 e 22 della direttiva n. 77/388/CEE (cd. sesta direttiva) – quali la mancata redazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni periodiche o di quella annuale, ovvero l’omessa tenuta del registro IVA acquisti qualora il contribuente dimostri , mediante fatture o altra idonea documentazione contabile, il rispetto dei requisiti sostanziali di cui all’art. 17 della citata direttiva, purché detto diritto venga esercitato entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello nel quale è sorto ai sensi dell’art. 8, comma 3, del d.P.R. n. 322 del 1998′, Cass. sez. V, n. 19938 del 27/07/2018 (evidenza aggiunta) e, nel caso di specie, la ricorrente non illustra come avrebbe provato la ricorrenza di detti requisiti sostanziali noché la tempestività della propria pretesa.
Il quarto motivo di impugnazione deve pertanto essere dichiarato inammissibile, ed è comunque infondato.
In definitiva, il ricorso deve essere respinto.
Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza, e sono liquidate in dispositivo, in considerazione della natura RAGIONE_SOCIALE questioni esaminate e del valore della causa.
9.1. Risultano integrati i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, del c.d. doppio contributo.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M .
rigetta il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE , successore della RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , e la condanna al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite in favore della costituita RAGIONE_SOCIALE, che liquida in complessivi Euro 2.300,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, il 21.3.2024.