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Associazione sportiva: le attività commerciali tassabili

Un’associazione sportiva dilettantistica ha ricevuto un avviso di accertamento per aver considerato non commerciali i ricavi da noleggio armadietti, gettoni per l’illuminazione e inviti a non soci. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 26542/2025, ha parzialmente accolto il ricorso dell’associazione, cassando la sentenza d’appello. La Corte ha stabilito che i giudici di secondo grado hanno errato nel non ammettere nuovi documenti presentati in appello, relativi ai costi dell’illuminazione, rinviando il caso per un nuovo esame su questo specifico punto.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Attività Commerciale in una Associazione Sportiva Dilettantistica: La Cassazione fa Chiarezza

Una associazione sportiva dilettantistica (ASD) gode di importanti agevolazioni fiscali, ma questo status privilegiato è subordinato a una condizione fondamentale: le attività svolte devono essere strettamente funzionali agli scopi istituzionali e non devono sconfinare nel campo commerciale. L’ordinanza n. 26542/2025 della Corte di Cassazione interviene proprio su questo delicato confine, analizzando il caso di un tennis club e fornendo importanti chiarimenti sia sul merito della questione sia su aspetti procedurali cruciali, come la produzione di nuovi documenti in appello.

Il Caso: Un Tennis Club sotto la Lente del Fisco

La vicenda ha origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a una nota associazione sportiva dilettantistica, un tennis club. L’amministrazione finanziaria contestava la natura non commerciale di alcuni proventi percepiti dall’associazione nell’anno d’imposta 2011. Nello specifico, le attività finite nel mirino del fisco erano:
1. Il noleggio di armadietti e stipetti ai soci per un corrispettivo annuo di 100 euro.
2. La vendita di gettoni per l’illuminazione notturna dei campi da gioco.
3. Gli incassi derivanti da inviti a persone non associate per accedere e giocare nel circolo.

Secondo l’Agenzia, queste attività configuravano vere e proprie prestazioni commerciali, con conseguente perdita dei benefici fiscali previsti dalla legge n. 398/1991 e la tassazione dei relativi proventi come reddito d’impresa.

Le Decisioni dei Giudici di Merito

Sia la Commissione Tributaria Provinciale (primo grado) sia la Commissione Tributaria Regionale (secondo grado) avevano dato ragione all’Agenzia delle Entrate. I giudici di merito avevano confermato che le attività contestate, in particolare il noleggio degli armadietti, non potevano considerarsi strettamente funzionali al conseguimento degli scopi sociali, ma rappresentavano piuttosto un’attività a scopo di lucro. Anche i proventi derivanti dai gettoni per l’illuminazione e dagli inviti a non soci venivano classificati come commerciali.

L’Analisi della Corte di Cassazione: Profili Sostanziali e Processuali

L’associazione ha impugnato la sentenza di secondo grado dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando quattro motivi di ricorso. La Corte ha rigettato la maggior parte delle censure, ritenendole inammissibili in quanto tendevano a una rivalutazione dei fatti, operazione preclusa in sede di legittimità. Tuttavia, ha accolto un motivo di natura prettamente processuale, destinato a cambiare le sorti di una parte della controversia.

Le Motivazioni della Decisione

Il punto cruciale della decisione della Cassazione risiede nell’accoglimento del terzo motivo di ricorso, relativo alla violazione dell’art. 58, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992. L’associazione si era lamentata del fatto che la Commissione Tributaria Regionale avesse ritenuto tardiva, e quindi inammissibile, la produzione di documenti in appello volti a dimostrare che i corrispettivi dei gettoni per l’illuminazione non eccedevano i costi diretti sostenuti.

La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: nel processo tributario, a differenza di quello civile ordinario, le parti hanno la facoltà di produrre nuovi documenti anche in grado d’appello. I giudici di secondo grado hanno quindi commesso un errore di diritto nel non ammettere e non esaminare la documentazione prodotta dalla contribuente. La Corte ha specificato che questa facoltà non è limitata ai documenti che costituiscono prova piena, ma si estende anche a quelli che possono essere utilizzati come elementi indiziari per fondare una presunzione (cd. praesumptio hominis).

Di conseguenza, la Corte ha cassato la sentenza impugnata limitatamente a questo punto, rinviando la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Liguria per un nuovo esame che tenga conto della documentazione precedentemente ignorata.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento offre due importanti spunti di riflessione. Sul piano sostanziale, ribadisce che il confine tra attività istituzionale e commerciale per una associazione sportiva dilettantistica è molto sottile: servizi accessori offerti a pagamento, come l’uso di armadietti, possono essere facilmente qualificati come commerciali se non si dimostra la loro stretta funzionalità allo scopo sociale. Sul piano processuale, la decisione riafferma con forza il diritto delle parti nel processo tributario di produrre nuovi documenti in appello, un principio fondamentale a garanzia del diritto di difesa. La causa torna quindi in appello, dove i giudici dovranno valutare se, alla luce delle nuove prove, i costi per l’illuminazione dei campi giustificano i corrispettivi richiesti ai soci.

Un’associazione sportiva dilettantistica può far pagare servizi come armadietti e illuminazione dei campi senza rischiare la tassazione?
Dipende. Se il corrispettivo richiesto configura un’attività a scopo di lucro e non è strettamente funzionale al perseguimento degli scopi sociali, l’attività viene considerata commerciale e i proventi vengono tassati. Per l’illuminazione, se il costo dei gettoni non eccede i costi di diretta imputazione, l’attività potrebbe non essere considerata commerciale, ma occorre fornirne la prova.

È possibile presentare nuovi documenti per la prima volta durante il processo di appello tributario?
Sì. Secondo l’art. 58, comma 2, del d.lgs. 546/1992, nel processo tributario è sempre consentita la produzione di nuovi documenti in grado d’appello. I giudici hanno l’obbligo di esaminarli per valutarne la rilevanza ai fini della decisione.

Cosa succede quando la Cassazione annulla una sentenza con rinvio?
La causa non è conclusa. La Corte di Cassazione rimanda il caso a un giudice di pari grado a quello che ha emesso la sentenza annullata (in questo caso, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado). Questo giudice dovrà riesaminare la parte della controversia indicata dalla Cassazione, attenendosi ai principi di diritto stabiliti nella sentenza di annullamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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