Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22690 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22690 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27369/2022 R.G. proposto da :
NOME COGNOME ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA CIRCOLO IPPICO e COGNOME, rappresentati e difesi dall’ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, con domicilio digitale eletto all’indirizzo PECEMAIL
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della Sardegna n. 245/2022, depositata il 05/04/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/05/2025
dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
Con avviso di accertamento n.NUMERO_DOCUMENTO/2014, notificato in data 17.10.2014, l’Agenzia delle Entrate di Oristano, accertava in capo alla RAGIONE_SOCIALE Ippico, per l’anno 2012, maggiori redditi d’impresa soggetti ad Ires, Irap e Iva, per € 76.350,00 oltre sanzioni e interessi per complessivi € 156.592,00.
Proponevano ricorso l’associazione contribuente ed il legale rappresentante della stessa, anche in proprio. Il ricorso veniva respinto con compensazione delle spese da CTP Oristano, con la sent. n. 51/2017, depositata il 06.03.2017.
Anche l’appello è stato sfavorevole a i contribuenti, così come stabilito dalla sent. n. 245/2022, depositata il 05.04.2022, da parte della CTR per la Sardegna.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione le parti private soccombenti, sulla scorta di un unico motivo di ricorso.
Resiste l’ufficio con controricorso con il quale ha eccepito l’inammissibilità e l’infondatezza dell’impugnazione proposta da controparte.
È stata, quindi, fissata adunanza camerale per il 20.05.2025.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso proposto dalle parti contribuenti avverso la sentenza della C.T.R. della Sardegna, n. 245/2022 si fonda su un unico mezzo, di seguito riassunto:
Violazione ed errata applicazione delle norme di diritto (art. 360, co. I, n. 3 c.p.c.) in relazione alle disposizioni di cui all’art. 148 D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR) in materia di ‘Enti di tipo associativo’ e art. 149 D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR) in materia di ‘Perdita della qualifica di ente non commerciale’.
Il motivo di ricorso proposto è inammissibile. In primo luogo, lo stesso, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione di legge, mira in realtà a mettere in discussione gli accertamenti di fatto compiuti dalla corte di merito, al fine di ottenere una inammissibile nuova valutazione del materiale probatorio.
Infatti, secondo una condivisibile ed assolutamente costante giurisprudenza ‘deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme’ (Sez. 2, ord. n. 10927 del 23/04/2024 -Rv. 670888 -01); in precedenza anche Sez. U, sent. n. 34476 del 27/12/2019 (Rv. 656492 03) ha affermato esplicitamente che ‘è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito’.
Con il ricorso in decisione, peraltro, dopo aver asserito la regolare costituzione della propria associazione e l’iscrizione della stessa al Registro delle Società ed Associazioni Sportive Dilettantistiche tenuto dal CONI, si mira infatti ad una diversa valutazione delle
attività svolte nei confronti di coloro che fruivano dei servizi e delle attività ippiche organizzate, nonché del rapporto di collaborazione (comunque ammesso) con una società lucrativa che forniva altresì alla ricorrente gli spazi nei quali svolgere la propria attività sportiva.
2.1. Al di là di tale valutazione di inammissibilità, peraltro, il motivo risulta per altro verso ugualmente inammissibile in quanto, sotto un primo profilo, neppure si confronta pienamente con gli accertamenti contenuti nella sentenza di merito impugnata, la quale -con motivazione scevra da illogicità e certamente congrua e superiore al c.d. minimo costituzionale -ha stabilito che ‘le attività di c.d. ‘scuderizzazione’, ricovero cavalli e affitto box svolte con modalità d’impresa, e cioè applicando corrispettivi stabiliti in base ad analisi di mercato’ e che, dall’altro, essendo il Circolo ippico collegato alle attività turistico-alberghiere della House Country, la connotazione principalmente ‘sportiva’ in senso tecnico (con conseguenze affiliazione alla FISE) della clientela appare tutt’altro che evidente’; la decisione ha inoltre accertato che i corsi di formazione istituiti dall’associazione si ponevano al di fuori dei suoi scopi istituzionali, con affermazione esauriente: ‘Nella specie trattasi di corsi rivolti a soggetti sicuramenti esterni all’associazione, volti alla specializzazione di alcune specifiche figure professionali (come il maniscalco) finalizzati esclusivamente alla introduzione dei corsisti nel mondo del lavoro, tant’è che i corsi erano comprensivi di lezioni di informatica, lingua, sicurezza sul lavoro, organizzazione aziendale ecc…’. A tali affermazioni si aggiungono: a) l’accertamento di interessi di natura commerciale fra l’associazione e la RAGIONE_SOCIALE tanto che quest’ultima provvedeva a beneficiare l’associazione di una somma di Euro 104.000 come da rendiconto consuntivo per il 2012 della contribuente; inoltre -citando allegati al PVC -i due enti provvedevano alla pubblicizzazione congiunta di iniziative e attività
equestri; b) l’accertamento che dal momento della costituzione mai nessun nuovo associato si era aggiunto ai fondatori, né risultava che tali soci avessero mai pagato quote o che esistessero tariffe riservate ai soci.
Sotto altro profilo, ancora, è poi noto che la mera affiliazione al CONI o l’iscrizione nel Registro delle Società ed Associazioni Sportive Dilettantistiche non determina, ex se, il diritto a fruire del regime fiscale agevolato previsto per le associazioni sportive dilettantistiche, occorrendo che alla veste formale corrisponda una sostanza fenomenologica nelle attività esercitate.
Come affermato da Sez. V, ord. n. 10393 del 30/04/2018, infatti, l’esenzione d’imposta prevista dall’art. 148 del d.P.R. n. 917 del 1986 in favore delle associazioni non lucrative (nella specie, un’associazione sportiva dilettantistica), dipende non solo dall’elemento formale della veste giuridica assunta, ma anche dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro, il cui onere probatorio incombe sulla contribuente e non può ritenersi soddisfatto dal dato, del tutto estrinseco e neutrale, dell’affiliazione al CONI, essendo invece rilevante che le associazioni interessate si conformino alle clausole relative al rapporto associativo, che devono essere inserite nell’atto costitutivo o nello statuto.
Deve ritenersi che il regime fiscale agevolato per tali associazioni richieda due concorrenti presupposti, quali a) lo svolgimento di attività non lucrativa; b) il rispetto del principio di democraticità a fini organizzativi. Presupposti che devono sussistere con caratteristiche sostanziali e di effettività, con onere probatorio che a fronte della contestazione specifica dell’ufficio deve essere assolto dalla contribuente, senza limitarsi ad offrire elementi puramente estrinseci o formali , quale l’iscrizione in registri tenuti dal CONI o clausole statutarie che non siano state in concreto applicate.
In definitiva, pertanto, il ricorso deve essere respinto, con conseguente condanna alle spese, secondo il principio di soccombenza, con liquidazione in dispositivo.
Occorre, infine, dare atto dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se ed in quanto dovuto per legge, a carico delle parti ricorrenti.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna le parti ricorrenti a rifondere alla controricorrente le spese processuali, che liquida in euro 7.600#, oltre spese prenotate a debito;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.p.r. 115/2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura prevista per il ricorso, se ed in quanto dovuto per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione