Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26545 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26545 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/10/2025
Oggetto: RAGIONE_SOCIALE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11065/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliati presso l’indirizzo pec: EMAIL , costituiti unicamente ai fini dell’eventuale udienza di discussione ex art.370 cod. proc. civ.;
-resistenti – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale RAGIONE_SOCIALE Marche n. 1278/3/2021 depositata il 26/10/2021, e non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 26 giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale RAGIONE_SOCIALE Marche n. 1278/3/2021 depositata il 26/10/2021 veniva accolto l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE e dai componenti del consiglio direttivo della stessa, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, nonché NOME COGNOME in qualità di erede di NOME COGNOME, già legale rappresentante dell’RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Ancona n. 61/3/2020 con la quale era stato rigettato il ricorso proposto dai contribuenti avverso l’avviso di accertamento con cui l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE accertava maggiori imposte Ires, Irap ed Iva e sanzioni relativamente all’anno di imposta 2012.
L’amministrazione contestava che l’RAGIONE_SOCIALE indirettamente distribuiva utili ed era priva di vita associativa, non
potendo pertanto beneficiare RAGIONE_SOCIALE agevolazioni di cui alla legge n.398/1991. L’Ufficio contestava pagamenti non tracciati, equiparava i proventi dell’RAGIONE_SOCIALE a quelli derivanti da attività commerciale, rideterminava le relative imposte e applicava le conseguenti sanzioni.
La CTR preliminarmente rigettava le plurime eccezioni di nullità della sentenza impugnata sollevate da parte contribuente e le doglianze preliminari di difetto di allegazione della delega del funzionario sottoscrittore dell’atto impugnato, non prevista dalla legge e producibile in giudizio, e di asserita violazione del contradditorio, non previsto in via generalizzato dall’ordinamento tributario. Rigettava, quindi, l’eccezione di asserito difetto di legittimazione passiva dei membri del consiglio direttivo, i quali nell’avviso impugnato erano stati espressamente chiamati a rispondere in solido con l’RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art 38 cod. civ. in quanto, a fronte di un’unica riunione dell’assemblea dei soci nel 2011, il consiglio direttivo in carica da più anni aveva stabilito le linee guida dell’attività assumendo tutte le decisioni necessarie alla concreta attività dell’ente .
Nel merito, il giudice d’appello riteneva apparente la motivazione della decisione resa dal giudice di prime cure e, da un lato, che la RAGIONE_SOCIALE contribuente avesse dimostrato la sussistenza dei presupposti per il godimento del beneficio, inclusa la regolarità RAGIONE_SOCIALE svolgimento della vita associativa, di cui all’art 148, comma 8, TUIR. Dall’altro, riteneva che i contribuenti avessero dimostrato che non esisteva l’ indiretta distribuzione degli utili agli associati, contestata dall’RAGIONE_SOCIALE in violazione sia del citato articolo 148 sia RAGIONE_SOCIALE Statuto dell’RAGIONE_SOCIALE che, all’art.2, prevede la gratuità RAGIONE_SOCIALE cariche associative; le indennità secondo il giudice erano pienamente giustificate.
Quanto alla ripresa per pagamento non tracciato di due fatture eccedenti il limite di euro 516,46, riteneva assente l’intento elusivo e applicabile il principio del favor rei di cui all’art.3, comma 3, d.lgs. n.472/1997, dal momento che a decorrere dal 1.1.2016 la violazione dell’obbligo di tracciamento non comportava più la decadenza dal regime agevolativo.
Avverso la sentenza d’appello l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso affidato a quattro motivi, mentre i contribuenti si sono tardivamente costituiti, unicamente ai fini dell’eventuale udienza di discussione ex art.370 cod. proc. civ.. Successivamente, hanno depositato memoria illustrativa ex art.380-bis.1. cod. proc. civ..
Considerato che:
Pregiudizialmente, il Collegio osserva che la costituzione dei contribuenti è avvenuta tardivamente, con nota di deposito del 16.6.2025.
1.1. L’atto è denominato ‘memoria di costituzione per la discussione all’udienza’ ed è stato depositato come memoria ex art. 380-bis.1. cod. proc. civ. sul PCT di Cassazione (Desk del Magistrato). Innanzitutto, va data continuità alla giurisprudenza della Corte (vedi Cass. n. 2599/2024), secondo cui, in tema di giudizio di cassazione, l’art.370 cod. proc. civ., nella versione modificata dall’art.35, comma 5, d.lgs. n.149/2022, come modificato dalla l. n.197/2022, non richiede più alla parte nei cui confronti il ricorso è diretto, la notificazione all’altra del controricorso, palesandosi sufficiente il deposito di quest’ultimo.
1.2. Resta tuttavia ferma l’impossibilità di presentare memorie non precedute dalla tempestività della costituzione in giudizio. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare (cfr. Cass. n. 5798/2019), nel giudizio di cassazione è inammissibile il deposito di memorie ex art. 378 cod. proc. civ., prima dell’udienza di discussione, da parte dell’intimato che si sia costituito oltre il termine fissato nell’art. 370 cod. proc.
civ. e non abbia concretamente partecipato alla discussione orafe, costituendo tale partecipazione condizione indefettibile ai fini della sanatoria dell’attività processuale irritualmente compiuta nel lasso di tempo intercorso tra la scadenza del termine per la proposizione del controricorso e l’udienza predetta (v. Cass., 27/5/2009, n. 12381, e, conformemente, Cass., 30/9/2011, n. 20029; Cass., 31/10/2016, n. 22022 e già Cass., Sez. Un., 1:1/4/1981, n. 2114). In altri termini, nel giudizio di cassazione è irricevibile la memoria difensiva presentata in prossimità dell’udienza con la quale la parte che non ha depositato il controricorso spiega, per la prima volta, le ragioni di resistenza al ricorso, perché, in asRAGIONE_SOCIALE del controricorso tempestivamente depositato, la parte intimata non può presentare memorie (v. Cass., 15/11/2017, n. 27140). Principio che trova conferma anche nel procedimento camerale ex art. 380 bis-1. cod. proc. civ. (introdotto dall’art. 1 bis comma 1 lett. f), D.L. n. 168 del 2016, conv., con modif., nella L. n. 197 del 2016), sicché in mancanza come nella specie di controricorso notificato nei termini di legge l’intimato non è legittimato al deposito di memorie illustrative., ancorché munito di regolare procura speciale ad litem (cfr., da ultimo, Cass., 5/10/2018, n. 24422).
1.3. Non vi sono ragioni per discostarsi da tale consolidato insegnamento, tanto più che la menzionata memoria non contiene oltretutto neppure una descrizione RAGIONE_SOCIALE svolgimento del processo, ma solo l’esame critico dei singoli motivi e si sostanzia nell’illustrazione di argomenti difensivi, con seguente impossibilità anche di riqualificare le memorie come controricorso, ancorché tardivo, ai fini della instaurazione del rapporto processuale, in quanto mancanti dei requisiti di cui all’art.366 cod. proc. civ..
Con il primo motivo l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546/1992 perché la CTR non avrebbe «affatto argomentato
rispetto all’ipotetico vizio dell’iter argomentativo riscontrato nella decisione di primo grado e nelle decisioni collegate» (cfr. p. 11 ricorso).
Il motivo è infondato.
3.1. Si deve ribadire che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (cfr. Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016). La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, dev ‘ essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
3.2. L ‘argomenta zione del giudice d’appello che ha deciso sulla controversia, non si è limitata a dichiarare apparente la motivazione del giudice di prime cure, ritenuta per relationem e non idonea a rivelare il
percorso logico che ha portato il giudice di prime cure a rigettare il ricorso introduttivo, ma, in ogni caso, secondo le regole dell’appello devolutivo caratteristiche del processo tributario, ha superato le questioni preliminari sollevate dalle parti nel processo di appello e ha deciso nel merito la controversia, dopo aver compiuto una serie di accertamenti fattuali e statuizioni con adeguati riferimenti al quadro istruttorio che rispettano il minimo costituzionale.
Con riferimento al tema posto dalla difesa erariale, secondo cui la CTR ha fatto riferimento a «considerazioni e materiale istruttorio facenti capo ad un differente procedimento, relativo all’annualità d’imposta 2010» (ricorso, pag. 12), premesso che parte ricorrente allega ma non dimostra la circostanza riproducendo integralmente il p.v.c. relativo all’annualità controversa (2012) e quella relativa al 2010 per consentire un confronto, in ogni caso il passaggio ivi citato non è decisivo, in quanto la sentenza ampiamente argomenta con riferimento al periodo di imposta: ad es. a p.5 la sentenza accerta che «il Consiglio Direttivo, in carica da più anni, nell’anno 2012 ha stabilito (…) » e poi ancora, alla pagina successiva della sentenza, «si legge a pag.6 dell’avviso di accertamento che dal rendiconto 2012 (…) ».
Con il secondo motivo la ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 148 del d.P.R. n. 917/1986 e 90, comma 18, della Legge n. 289/2002 perché la CTR avrebbe assegnato al principio di democraticità una valenza non conforme alla ratio legislativa, confondendo evidentemente la compartecipazione al processo volitivo richiesta dalla norma con la partecipazione degli associati alla concretizzazione/esecuzione RAGIONE_SOCIALE scelte assunte dal CDA che rappresentava, invece, mera esecuzione di direttive etero-impartite (cfr. p. 16 ricorso).
Con il terzo motivo la ricorrente censura, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 148 del d.P.R. n. 917/1986 e 90, comma 18, della Legge n. 289/2002, 2697 e 2729 cod. civ. per avere la CTR operato un’errata ripartizione dell’onere della prova.
5.1. La ricorrente si duole per il fatto che il giudice di seconde cure non abbia colto che la contestazione in ordine alla violazione del principio di democraticità, la quale poggiava su una serie di elementi addotti dall’Ufficio ed indicati nell’atto impositivo, poi ribaditi nelle difese giudiziali, costituivano presunzione grave, precisa e concordante che giustificava l’avviso, né parte contribuente aveva ottemperato all’onere di fornire la prova contraria.
I motivi, esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono fondati.
6.1. Questa Corte ha già chiarito (cfr. ad es. Cass. n.23167 dell’11/3/2015, conforme anche Cass. ordinanza n. 32119 del 12/12/2018 e giurisprudenza ivi citata) che le agevolazioni tributarie previste in favore degli enti di tipo associativo non commerciale, come le RAGIONE_SOCIALE, dall’art. 111 (ora 148) del d.P.R. n. 917 del 1986, si applicano solo a condizione che le RAGIONE_SOCIALE interessate si conformino alle clausole riguardanti la vita associativa, da inserire nell’atto costitutivo o nello statuto. Nel caso deciso dalla ordinanza da ultimo citata, in applicazione del principio, la Corte ha annullato la decisione impugnata che, RAGIONE_SOCIALE motivare circa l’asRAGIONE_SOCIALE di attività assembleare e, in particolare, in ordine alla mancata convocazione e partecipazione degli associati all’assemblea, aveva riconosciuto detta esenzione ad una RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE individuando i fruitori RAGIONE_SOCIALE relative attrezzature come soci e non come clienti.
Tale principio di diritto è stato anche in seguito ribadito da questa Corte (cfr. ad es. Cass. n. 553 del 11/01/2023), poiché in tema di agevolazioni per gli enti associativi, previste dall’art. 148, commi 3, 5, 6 e 7, del d.P.R. n. 917 del 1986, ai fini del rispetto RAGIONE_SOCIALE condizioni soggettive, secondo la giurisprudenza di questa Corte occorre che le disposizioni contenute nell’atto costitutivo o nello statuto dell’ente risultino conformi a quanto indicato nell’art. 148, comma 8, del d.P.R. n. 917 del 1986 e che sia assicurato in concreto, durante lo svolgimento dell’attività associativa, il rispetto e l’attuazione dei principi di partecipazione e di democraticità a beneficio degli associati.
6.2. Quanto all’onere probatorio circa il rispetto del principio di democraticità richiesto dalla norma agevolativa va ribadito il principio (cfr. Cass. n.21406 del 30/11/2012 e giurisprudenza ivi citata) per il quale chi vuole fare valere una forma di esenzione o di agevolazione qualsiasi deve provare, quando sul punto vi è contestazione, i presupposti che legittimano la richiesta della esenzione o della agevolazione. In applicazione del principio, Cass. n. 23228 del 04/10/2017 ha cassato la sentenza di merito che aveva onerato l’RAGIONE_SOCIALE di provare il mancato rispetto RAGIONE_SOCIALE regole normative di “democrazia interna” prescritte per il regime fiscale agevolato RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nonostante dichiarazioni confessorie riguardanti la disapplicazione di fatto RAGIONE_SOCIALE norme statutarie inerenti all’esercizio dei diritti partecipativi degli associati minorenni, comunque rappresentati ex lege dai genitori.
6.3. Orbene, la decisione del giudice di seconde cure si pone in frizione con la richiamata giurisprudenza di legittimità, in quanto, invece di soffermarsi sulla verifica dei requisiti di partecipazione e di democraticità interna all’RAGIONE_SOCIALE, ha dato risalto al contesto di fatto descritto dagli odierni intimati, che non è dirimente ai fini della risoluzione della
questione dedotta, laddove la CTR afferma che l’RAGIONE_SOCIALE «concretamente ha svolto e svolge un’ampia e importante attività di promozione RAGIONE_SOCIALE sport in favore di oltre 2000 tesserati» (cfr. p. 6 sentenza). Inoltre il giudice, invece di porre a carico degli odierni intimati la dimostrazione dei requisiti prescritti per usufruire del regime fiscale agevolato, ha onerato l’RAGIONE_SOCIALE di provare il mancato rispetto RAGIONE_SOCIALE regole partecipative e democratiche previste per le RAGIONE_SOCIALE in argomento, nella parte della decisione in cui non ha condiviso la tesi dell’odierna ricorrente perché non sarebbe «supportata da alcun concreto elemento di fatto, non, ad esempio, su interviste degli associati, né su lamentele dei medesimi, circostanze sintomatiche la cui asRAGIONE_SOCIALE inducono a ritenere proprio il contrario, cioè, che la vita associativa si è svolta regolarmente, con soddisfazione di tutti i consociati» (cfr. p. 6 sentenza). Così operando il giudice si è scostato dall’interpretazione giurisprudenziale sopra richiamata e ha erroneamente sussunto la fattispecie nelle previsioni di legge oggetto RAGIONE_SOCIALE due censure in disamina.
Con il quarto e ultimo motivo la ricorrente censura, in rapporto all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. perché la CTR sarebbe incorsa nel vizio di ultrapetizione, poiché le fatture eccedenti i limiti di euro 516,46 non rientravano nel thema decidendum , non essendo state contestate per l’annualità 2012, come emergerebbe dall’avviso di accertamento e dagli atti giudiziali (cfr. p. 23 ricorso).
8. Il motivo è inammissibile.
8.1. Va rammentato il consolidato orientamento di questa Corte, in base al quale l’interpretazione operata dal giudice di appello riguardo al contenuto e all’ampiezza della domanda giudiziale è assoggettabile al controllo di legittimità limitatamente alla valutazione della logicità e congruità della motivazione. A tal riguardo, il sindacato della Corte di
cassazione comporta l’identificazione della volontà della parte in relazione alle finalità dalla medesima perseguite, in un ambito in cui, in vista del predetto controllo, tale volontà si ricostruisce in base a criteri ermeneutici assimilabili a quelli propri del negozio, diversamente dall’interpretazione riferibile ad atti processuali provenienti dal giudice, ove la volontà dell’autore è irrilevante e l’unico criterio esegetico applicabile è quello della funzione obiettivamente assunta dall’atto giudiziale (tra varie, Cass. 8 agosto 2006, n. 17947 e 21 febbraio 2014, n. 4205; Cass. Sez. Un, sentenza n. 27435 del 2017).
Ma anche a voler riqualificare il motivo la censura manca del requisito di specificità, non avendo la ricorrente riprodotto l’avviso di accertamento né operato alcun richiamo all’atto impugnato, e la carenza non permette a questa Corte, nei limiti consentiti, alcun possibile vaglio RAGIONE_SOCIALE ragioni genericamente prospettate con il mezzo di impugnazione.
La sentenza impugnata è perciò cassata con riferimento al secondo e terzo motivo di ricorso, che vanno accolti, rigettati gli altri, e, per l’effetto, la controversia va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado RAGIONE_SOCIALE Marche in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili, a quelli rimasti assorbiti, e per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
P.Q.M.
La Corte: accoglie il secondo e terzo motivo del ricorso, rigettati i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado RAGIONE_SOCIALE Marche, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili, a quelli rimasti assorbiti, e per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 giugno 2025
Il Presidente NOME COGNOME