Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21173 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21173 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 29/07/2024
Oggetto: tributi -enti non commerciali
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3545/2014 R.G. proposto da:
COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.D. CODICE_FISCALE), la prima in qualità di socia e legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE (C.F.), il secondo in qualità di socio della medesima , rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO COGNOME (CODICE_FISCALE) e dall’Avv. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE) in virtù di procura speciale a margine del ricorso, elettivamente domiciliati presso lo studio del primo in Roma, INDIRIZZO
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura
Generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
–
contro
ricorrente
–
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto, n. 91/05/12 depositata in data 17 dicembre 2012 Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 marzo 2024
dal Consigliere Relatore NOME COGNOME .
RILEVATO CHE
L’associazione contribuente RAGIONE_SOCIALE e i soci COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno impugnato alcuni avvisi di accertamento relativi ai periodi di imposta 2005 e 2006 redatti con modalità induttiva, in forza dei quali, a seguito di PVC in data 6 marzo 2008, veniva disconosciuta la natura non commerciale dell’associazione contribuente, stante l’accertamento sia dello svolgimento di attività commerciale (con conseguente mera apparenza dell’attività RAGIONE_SOCIALE) , sia del l’assenza di democraticità ; venivano, pertanto, recuperate maggiori imposte dirette e IVA sulla base dei maggiori ricavi accertati, oltre sanzioni, rettificandosi anche i redditi di due dei soci quali organizzatori della accertata attività commerciale; venivano, infine, recuperate le ritenute sui compensi agli istruttori, i cui rapporti venivano riqualificati quali rapporti di lavoro subordinato.
La CTP ha parzialmente accolto il ricorso, riducendo l’importo dei ricavi accertati in base alle mensilità sulle quali calcolare gli importi dovuti.
La CTR del Veneto, con sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello dei contribuenti. Ha ritenuto il giudice di appello decisive le circostanze secondo cui mancava la prova di una partecipazione degli i scritti alle decisioni dell’associazione e secondo cui l’attività svolta fosse esclusivamente quella di praticare attività di fitness in palestra
erogando individualmente servizi abbinati a trattamenti estetici, attività che venivano pubblicizzate in luogo dell’attività di pratica RAGIONE_SOCIALE. La sentenza impugnata ha, poi, valorizzato la circostanza che l’associazione contribuente avesse legami con una società commerciale facente capo ad uno degli associati (RAGIONE_SOCIALE) , alla quale l’associazione era subentrata nella gestione della palestra, nonché la circostanza che in sede di approvazione del rendiconto vi fosse stata la partecipazione dei soli due soci fondatori. Sul piano probatorio, il giudice di appello ha ritenuto meno decisive le dichiarazioni rese dai soci iscritti e raccolte successivamente dai contribuenti, rispetto alle dichiarazioni inizialmente raccolte dai verbalizzanti tra gli associati al momento della verifica.
Propongono ricorso per cassazione l’associazione e i due soci, affidato a sette motivi e ulteriormente illustrato da memoria, cui resiste con controricorso l’Ufficio.
I ricorrenti hanno inizialmente proposto istanza di sospensione ex art. 5, comma 2, l. 31 agosto 2022, n. 130 e successivamente hanno dichiarato di non avere aderito alla definizione agevolata, proponendo istanza di trattazione. I ricorrenti hanno formulato ulteriore istanza di definizione agevolata ex art. 1, commi 186 e ss. l. n. 197/2022 e hanno poi depositato memoria in data 10 ottobre 2023, con cui hanno dichiarato di non avere aderito alla suddetta definizione agevolata, proponendo nuovamente istanza di trattazione.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., « nullità della sentenza in quanto affetta da motivazione omessa o apparente circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio », nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che gli atti impugnati appaiono debitamente motivati. Osserva
parte ricorrente come gli atti impositivi siano privi di motivazione in ordine alle ragioni della perdita della natura non commerciale.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nullità della sentenza in quanto affetta da motivazione omessa o apparente circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio », nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto insussistenti i requisiti di associazione RAGIONE_SOCIALE. Deduce parte ricorrente che la sentenza impugnata si sarebbe appiattita sulle valutazioni dell’Ufficio e si sarebbe limitata a valorizzare alcune delle dichiarazioni rese da alcuni associati (dieci) in sede di accesso, non significative in relazione al numero complessivo dei soci, disattendendo le dichiarazioni rese da un molto più consistente numero di associati prodotte in giudizio dai ricorrenti.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. , nella parte in cui il giudice di appello non ha dato il giusto peso probatorio alle dichiarazioni di terzi raccolte da parte ricorrente, attribuendo a tali elementi di prova una ponderazione minusvalente rispetto alle dichiarazioni raccolte dagli agenti verbalizzanti in sede di verifica.
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione degli artt. 148 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), 90 l. 27 dicembre 2002, n. 289, 7 d.l. 28 maggio 2004, n. 136, conv. con l. 27 luglio 2004, n. 186, d.l. 22 marzo 2004, n. 72, conv. con l. 21 maggio 2004, n. 128, 3 e 4 l. 7 dicembre 2000, n. 383, 1 l. 16 dicembre 1991, n. 398, 2538 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha negato la natura di associazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE alla associazione contribuente sulla base di elementi estranei alla disciplina di riferimento. Parte ricorrente deduce di avere provato sin dal primo
grado di giudizio di essere affiliata alla RAGIONE_SOCIALE come da certificazione RAGIONE_SOCIALE, nonché iscritta nel RAGIONE_SOCIALE nazionale delle RAGIONE_SOCIALE presso il RAGIONE_SOCIALE, deducendo che il RAGIONE_SOCIALE è unico organismo dell’attività RAGIONE_SOCIALE svolta come ASD. Deduce, inoltre, l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che l’attività RAGIONE_SOCIALE possa consistere nella pratica del fitness , ritenendo in ogni caso che l’attività RAGIONE_SOCIALE svolta rientri negli scopi istituzionali, ancorché verso pagamento di corrispettivi specifici. Si censura, inoltre, la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto decisiva l’omessa pubblicizzazione delle attività sportive, non essendo tale attività richiesta per le comunicazioni al pubblico. Censura, infine, parte ricorrente la sentenza nella parte in cui ha ritenuto rilevante l’assenza di partecipazion e degli associati alla vita dell’associazione e all’approvazione del rendiconto .
Con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., « nullità della sentenza in quanto affetta da motivazione omessa o apparente circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio », consistente nella ricostruzione dei ricavi operata dall’Ufficio , che ha confermato la sentenza di primo grado riducendo da otto a sei mensilità la frequentazione da parte degli associati ai fini della ricostruzione induttiva del reddito. Osserva parte ricorrente che la motivazione sul punto è apparente e contraddittoria, osservandosi come la ricostruzione induttiva dell’Ufficio sarebbe priva di fondamento e priva di riscontro in relazione alla documentazione offerta in comunicazione dai ricorrenti e alle relative contestazioni di parte contribuente.
Con il sesto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., « nullità della sentenza in quanto affetta da motivazione omessa o apparente circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio », consistente nella distribuzione degli utili ai soci
COGNOME e COGNOME, non essendoci alcuna prova di tale fatto ed essendo stata applicata alla associazione la presunzione di distribuzione dei redditi proprie delle società di capitali a ristretta base partecipativa.
Con il settimo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., « nullità della sentenza in quanto affetta da motivazione omessa o apparente circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio », consistente nella possibilità di qualificare come dipendenti i collaboratori ai fini dell’obbligo del versamento delle ritenute, dovendosi qualificare le somme versate ai soci istruttori, per somme inferiori ad € 7.500,00 annui quali compensi non imponibili a termini dell’art. 67, primo comma, lett. m) TUIR.
I motivi primo, secondo, quinto, sesto e settimo, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati. Parte ricorrente, nella memoria in data 13 giugno 2022 , ha posto l’accento sul fatto che questi motivi possono essere riqualificati come omessa motivazione o insufficienza della stessa nei termini imposti al giudice dalla Costituzione, posto che come omesso esame di fatto decisivo tali motivi sarebbero in ogni caso inammissibili, non avendo ad oggetto un fatto storico avente natura decisiva ai fini della decisione.
Sotto questo profilo va ricordato che per costante giurisprudenza di questa Corte (da Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053), la violazione dell’obbligo di motivazione può essere oramai sindacata solo sotto il profilo della totale assenza grafica di motivazione, ovvero di motivazione apparente, tale che non consente di ricostruire il percorso logico seguito dal giudice del merito.
Né il giudice del merito, al fine di assolvere l’onere di adeguatezza della motivazione, è tenuto a esaminare tutte le allegazioni delle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga concisamente le ragioni della decisione così da doversi ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente
incompatibili con esse (Cass., Sez. VI, 2 dicembre 2014, n. 25509; Cass., Sez. III, 20 novembre 2009, n. 24542), senza che sia necessaria l’analitica confutazione delle tesi non accolte o la disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi (Cass., Sez. V, 2 aprile 2020, n. 7662; Cass., Sez. V, 30 gennaio 2020, n. 2153). E in questi esatti termini i motivi dedotti dai ricorrenti appaiono infondati, essendo chiaramente ricostruibile la ratio decidendi del giudice di appello in relazione a tutti i profili censurati dai ricorrenti.
In particolare, infondato è il primo motivo in relazione alla omessa pronuncia in relazione al difetto di motivazione degli atti impositivi. La sentenza impugnata ha ritenuto che gli atti impositivi sono stati debitamente motivati, facendo riferimento alle circostanze evidenziate nella verifica (« gli atti impugnati appaiono debitamente motivati in merito alle circostanze di fatto emerse dalla verifica operata dai funzionari dell’Agenzia »). Il percorso logico seguito dal giudice è coerente e compiuto.
Parimenti infondato è il secondo motivo in relazione alla insussistenza dei requisiti di associazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Il giudice di appello ha ritenuto che l’attività svolta fosse di carattere commerciale, tenuto conto della assenza di democraticità e di partecipazione degli associati, i quali non prendevano parte alle decisioni associative e si limitavano a « praticare (…) il fitness nella palestra» e che in questo senso induceva anche la circostanza che l’associazione era subentrata alla gestione della palestra di una precedente società di persone, riconducibile a uno degli associati . Il percorso decisionale del giudice di appello è, pertanto, sufficientemente delineato anche sotto questo profilo.
Infondato è -parimenti – il quinto motivo, relativo alla ricostruzione dei ricavi la quale, tenuto conto della metodologia di accertamento (ricostruzione induttiva dei corrispettivi incassati
dell’attività di palestra , pertanto di per sé ricostruibile in base a presunzioni supersemplici), ha ritenuto di ricostruire i ricavi sulla base di « ipotesi di natura statistica ».
Il motivo è, poi, inammissibile in relazione alla non corretta lettura della documentazione offerta da parte contribuente. Il ricorrente, attraverso la deduzione di una questione di vizio di motivazione intende in questo caso ripercorrere l’esame delle prove sottoposte al giudice del merito e a questo riservato.
Infondato è il sesto motivo, risultando adeguatamente motivato il riferimento alla distribuzione degli utili, posto che la stessa parte ricorrente evidenzia come il percorso argomentativo sia stato condotto sulla base della assimilazione della associazione contribuente a una società a ristretta base partecipativa.
Inammissibile è, poi, la censura relativa all’utilizzo delle argomentazioni proprie della società a ristretta base partecipativa, non potendo essere dedotte sotto il profilo di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. questioni che attengono all’omesso esame di argomentazioni difensive, posto che non è assimilabile all’omesso esame di fatto storico l’omessa valutazione di una argomentazione difensiva (Cass., Sez. II, 26 aprile 2022, n. 13024).
Infondato è il settimo motivo relativo alla qualificazione dei collaboratori come dipendenti, essendo la motivazione sintetica ma compiuta. Parimenti, inammissibile si rivela, come per il superiore motivo, l’omessa considerazione dei ricavi a termini dell’art. 67 TUIR, trattandosi di omesso esame di argomentazioni difensive.
Il terzo motivo è inammissibile in quanto il ricorrente, censurando le prove valorizzate dal giudice di appello, intende giungere a un diverso apprezzamento del materiale probatorio, così da rendere il giudice di legittimità un giudice di terzo grado. Il che appare evidente, laddove la sentenza impugnata ha valorizzato le dichiarazioni degli
associati raccolte nelle immediatezze della verifica, ritenendole verosimilmente spontanee (« dichiarazioni che erano sicuramente spontanee »), in luogo delle dichiarazioni di altri soci acquisite successivamente alla verifica, ritenute -a giudizio del giudice del merito – meno credibili.
19. Il quarto motivo è infondato. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di agevolazioni per gli enti associativi, previste dall’art. 148 TUIR, ai fini del rispetto delle condizioni soggettive occorre che le disposizioni contenute nell’atto costitutivo o nello statuto dell’ente risultino conformi a quanto indicato nell’art. 148, comma 8, del d.P.R. n. 917 del 1986 e che sia assicurato in concreto, durante lo svolgimento dell’attività associativa, il rispetto e l’attuazione dei principi di partecipazione e di democraticità a beneficio degli associati in termini sostanziali (Cass., Sez. V, 11 gennaio 2023, n. 553; Cass., Sez. V, 18 maggio 2022, n. 16081; Cass., Sez. V, 26 ottobre 2021, n. 30008; Cass., Sez. V, 24 ottobre 2014, n. 22644). Non può, pertanto, assumere alcun valore l’elemento, del tutto estrinseco e neutrale, dell’affiliazione al RAGIONE_SOCIALE, essendo invece rilevante che le associazioni interessate si conformino alle clausole relative al rapporto associativo, che devono essere inserite nell’atto costitutivo o nello statuto (Cass., Sez. VI, 30 aprile 2018, n. 10393; CAss., Sez. Lav., 30 aprile 2019, n. 11492), nei termini operati dalla sentenza impugnata.
20. Il motivo è, invece, inammissibile nella parte in cui deduce che l’attività di fitness sarebbe attività RAGIONE_SOCIALE, trattandosi di riesame della valutazione in fatto delle attività commerciali compiute dal giudice di appello. E’ assorbito l’esame delle ulter iori questioni ivi dedotte.
21. Il motivo è, ulteriormente, infondato, nella parte in cui censura la sentenza per non avere considerato che l’attività RAGIONE_SOCIALE svolta rientrasse negli scopi istituzionali, ancorché lo svolgimento della stessa
prevedesse il pagamento di corrispettivi specifici. L’art. 148, terzo comma, TUIR prevede che sono escluse dalla commercialità « le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti ». Tale norma consente in via eccezionale di escludere dalla tassazione ordinaria i corrispettivi di prestazioni fornite da enti non commerciali, ove le stesse siano svolte in diretta attuazione degli scopi i stituzionali. Ciò, tuttavia, presuppone che l’associazione goda del regime agevolativo, per cui tale disposizione non si applica alle associazioni per le quali il requisito della non commercialità sia stato perso, come nel caso di specie.
22. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità al controricorrente, che liquida in complessivi € 5.800,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 27 marzo 2024