Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/01/2025
Oggetto: Tributi
Irpef, Irap e Iva 2008
Associazione sportiva dilettantistica – regime fiscale
agevolato- condizioni-
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero n. 27302 del ruolo generale dell’anno 201 8 proposto
Da
NOME COGNOME, in proprio e nella qualità di legale rappresentante dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce a l ricorso, dall’Avv.to NOME COGNOME, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv.to NOME COGNOME, in Roma INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 888/16/18 depositata in data 13 febbraio 2018, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6 novembre 2024 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
Rilevato che
-previo p.v.c. della Guardia di Finanza-Compagnia di Fondi nei confronti dell’Associazione Sportiva Dilettantistica ‘RAGIONE_SOCIALE‘, esercente attività di promozione degli eventi sportivi, iniziata il 16.7.2007 e cessata il 10.8.2008, l’Agenzia delle entrate, Ufficio di Latina, emetteva avviso di accertamento con il quale contestava, per l’anno 2008, maggiore reddito d’impresa ai fini delle imposte dirette e dell’Iva, disconoscendo in capo all’associazione la natura di ‘ ente non commerciale ‘ per accedere alle agevolazioni tributarie ( ex lege n. 398 del 1991) atteso che la gestione dell’associazione era risultata riconducibile al solo Fragione il quale svolgeva l’attività come ditta individuale ;
la Commissione tributaria provinciale di Latina, con la sentenza n. 14/05/2015, accoglieva il ricorso dell’Associazione , in persona del legale rappresentante Fragione NOME;
-avverso la sentenza di primo grado, l’Agenzia delle entrate proponeva appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio che, con sentenza n. 888/16/2018, lo accoglieva;
in punto di diritto, il giudice di appello ha osservato che: 1) dalle risultanze del p.v.c. della G.d.F. erano emersi elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti (mancanza di libri contabili, registri, verbali di assemblea, libri di soci; contratti di sponsorizzazione per euro 108.700,00, promozioni pubblicitarie, quietanze
sottoscritte da COGNOME senza alcun chiarimento della destinazione dei ricavi derivanti dalle sponsorizzazioni; versamenti ingiustificati per euro 53.670,00 sul conto corrente bancario dell’Associazione da parte di Fragione) circa l’effettiva natura commerciale e non dilettantistica dell’Associazione , facente capo a NOME COGNOME il quale svolgeva l’attività come ditta individuale ; 2) l’Associazione che aveva l’onere di provare i requisiti per la fruizione del trattamento fiscale agevolato previsto per gli enti non commerciali – non aveva dimostrato l’effettiva sussistenza di detti requisiti, essendosi limitata a ‘mere riproposizioni senza nulla evidenziare circa la mancata tenuta dei libri contabili e le formalità stabilite dallo statuto ‘ ;
avverso la suddetta sentenza, NOME COGNOME in proprio e nella qualità di legale rappresentante dell’Associazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrato con successiva memoria;
-resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate;
Considerato che
1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata: 1) per omessa rilevazione (anche d’ufficio) della non specificità dei motivi di appello ai sensi dell’art. 342 c.p.c.; 2) per violazione del principio di legalità da parte della G.d.F. in sede di verifica e redazione del p.v.c. nonché dell’art. 12, comma 2, della legge n. 212/2000 , avendo la CTR ritenuto legittimo l’avviso di accertamento emesso nei confronti di NOME senza che fosse stato contestato alcunché in proprio a quest’ultimo, non avendo il p.v.c. riguardato lo stesso come persona fisica ma essendo stato elevato esclusivamente nei confronti dell’Associazione sportiva; pertanto, ad avviso del ricorrente, l’Ufficio non avrebbe informato NOME delle ragioni e dell’oggetto della verifica come prescritto dall’art. 12, comma 2, cit. e non avrebbe messo in condizione quest’ultimo, quale persona fisica, di avvalersi del contraddittorio anticipato con possibilità di addurre elementi a contrario ; 3) per violazione dell’art. 12, comma 7 della legge
n. 212/2000 concernente il termine dilatorio concesso al contribuente per presentare osservazioni, richieste all’Ufficio; 4) per omessa considerazione dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva di Fragione Erasmo, quale persona fisica; 5) per difetto e/o illogicità della motivazione, non avendo il giudice di appello confutato le argomentazioni svolte dal giudice di primo grado circa la prova dello svolgimento da parte dell’Associazione di attività sportiva senza scopo di lucro e non avendo considerato il contrasto tra l’oggetto del p.v.c. elevato nei confronti della Associazione sportiva e il provvedimento impositivo impugnato emesso nei confronti di Fragione NOME senza che quest’ultimo fosse stato, come persona fisica, oggetto di verifica da parte della G.d.F. e senza che risultasse dimostrato lo svolgimento da parte dello stesso di attività nella qualità di imprenditore commerciale.
2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c. per avere CTR: 1) ritenuto legittimo l’avviso di accertamento in questione con il quale erano state arbitrariamente imputate le entrate dell’Associazione sportiva dilettantistica RAGIONE_SOCIALE alla persona fisica del l’ (ex) Presidente; in particolare, il giudice di appello non avrebbe considerato che, con atto del 16.7.2007, era stata costituita l’Associazione sportiva dilettantistica RAGIONE_SOCIALE, senza fini di lucro, poi iscritta al CONI e affiliata- come rilevato nello stesso p.v.c.- alla F.I.G.C. avente ad oggetto esclusivo l’esercizio di attività sportive dilettantistiche né che i mezzi finanziari per il conseguimento dei suddetti scopi erano costituiti dalle tasse di ammissione dei soci, contributi dei soci, eventuali contributi del CONI, introiti di manifestazioni sportive; al riguardo, il ricorrente rilevava come rientravano nella categoria degli non commerciali anche quelli esercenti un’attività economica qualora necessaria per il conseguimento della finalità istituzionale esclusiva o principale di natura non commerciale; peraltro, il giudice di appello non avrebbe considerato che la contabilità era obbligatoria solo per le componenti dell’attività commerciale mentre nessun obbligo era previsto per lo svolgimento dell’attività istituzionale e che il mancato versamento trimestrale dell’Iva, la mancata
conservazione e numerazione progressiva delle fatture di acquisto non comportavano la decadenza del regime agevolato di cui alla legge n. 398/1991 ma la sola applicazione delle sanzioni amministrative; 2) omesso di valutare l’eccezione di difetto di legittimazione passiva di Fragione quale persona fisica , essendo stato redatto il p.v.c. della G.d.F. non già confronti dello stesso ma della RAGIONE_SOCIALE; 3) ritenuto legittimo l’avviso di accertamento in questione sebbene emesso in violazione degli artt. 36, 37, 38 c.c. nonché della legge n. 266 del 1991 e del d.lgs. n. 460 del 1997 introducente la categoria di Organizzazione non lucrativa di utilità sociale (ONLUS); 4) violato il principio di solidarietà tra i soci fondatori titolari dell’associazione sportiva, potendo , al massimo, l’Agenzia delle entrate rivalersi, in caso di riscontrata assenza di regolarità contabile, solidalmente nei confronti di soci; 5) omesso assolutamente di motivare limitandosi a qualificare il Fragione come imprenditore commerciale individuale senza considerare che, a prescindere dalla regolarità delle scritture contabili, le attività istituzionali dell’associazione erano state effettivamente svolte nel rispetto delle prescrizioni contenute nelle clausole dell’atto costitutivo e che il Fragione non aveva posto in essere alcuna attività individuale con scopo di lucro.
3.I motivi primo e secondo – da trattare congiuntamene per connessione- si espongono, in primo luogo, ad un profilo comune di inammissibilità avendo il ricorrente con i mezzi all’esame cumulato censure per violazioni di legge e per vizi motivazionali senza però distinguere chiaramente tra di essi nell’illustrazione degli stessi: in tal modo impedendo un sicuro esercizio nomofilattico non essendo «ricompreso nel compito di nomofilichia assegnato al Giudice di legittimità anche la individuazione del vizio in base al quale poi verificare la legittimità della sentenza impugnata, come emerge dal combinato disposto degli artt. 360 e 366 co. 1 n. 4 c.p.c. che riservano in via esclusiva tale compito alla parte interessata» (cfr. Cass. n. 18242 del 2003 e n. 4610 del 2016; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26790 del 23/10/2018; Sez. 1, Sentenza n. 39169 del 09/12/2021).
4. In ogni caso, la censura relativa all’omessa dichiarazione da parte della CTR dell’inammissibilità dell’ appello per difetto di specificità dei motivi di gravame, ai sensi degli artt. 53 del d.lgs. n. 546/92 e 342 c.p.c., è infondata.
4.1.Per giurisprudenza consolidata di questa Corte, poiché l’appello è un mezzo di gravame con carattere devolutivo pieno -non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito -il principio della necessaria specificità dei motivi, previsto dall’art. 342, primo comma, cod. proc. civ., prescinde da qualsiasi particolare rigore di forme, essendo sufficiente che al giudice siano esposte, anche sommariamente, le ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda l’impugnazione; occorre, pertanto, che, in relazione al contenuto della sentenza appellata, siano indicati, oltre ai punti e ai capi formulati, anche, seppure in forma succinta, le ragioni per cui è chiesta la riforma della pronuncia di primo grado, con i rilievi posti a base dell’impugnazione, in modo tale che restino esattamente precisati il contenuto e la portata delle censure mosse. (tra le più recenti, Cass. 25/0/2023, n. 2320; sez. 5, Ordinanza n. 9595 del 2024).
4.2.Nella specie, – a fronte della sentenza di primo grado n. 14/05/2015 che aveva accolto il ricorso dell’Associazione in persona del legale rappresentante rilevando che ‘ l’assunto della GdF di Fondi e successivamente dall’Agenzia delle entrate di Latina si basava su presunzioni che non avevano i requisiti della gravità, della precisione e della concordanza ‘ v. pag. 8 del ricorso -l’appello dell’Agenzia, per come ricostruito dallo stesso ricorrente conteneva una esplicitazione sufficiente delle ragioni dell’impugnazione (‘ La sentenza di primo grado veniva appellata dall’Ufficio che censurava la sentenza nella parte in cui la Commissione tributaria provinciale di Latina basava il suo convincimento e riteneva l’accertamento fondato su presunzioni semplici e quindi non aveva dimostrato e fornito la prova onde potere qualificare l’Associazione ente commerciale e più specificamente come associazione sportiva, senza scopo di lucro, sotto la presidenza del sig. COGNOME ‘ v. pag. 4 del ricorso e pag. 2 della sentenza impugnata).
5.Quanto alla denunciata violazione del principio di legalità da parte della G.d.F. in sede di verifica e redazione del p.v.c. nonché dell’art. 12, comma 2, della legge n. 212/2000, per avere la CTR ritenuto legittimo l’avviso di accertamento emesso nei confronti di Fragione Erasmo senza che fosse stato contestato alcunché in proprio a quest’ultimo, non avendo il p.v.c. riguardato lo stesso come persona fisica ma essendo stato elevato esclusivamente nei confronti dell’Associazione sportiva, e, dunque, senza che il contribuente fosse stato informato delle ragioni e dell’oggetto della verifica come prescritto dall’art. 12, comma 2, cit. con possibilità di avvalersi del contraddittorio anticipato come persona fisica, trattasi di (sub) censure inammissibili per novità delle questioni dedotte e per violazione del principio di autosufficienza, evidenziandosi, sotto il primo profilo, che dal contenuto della sentenza impugnata non emerge la proposizione delle specifiche eccezioni di violazione del principio di legalità in sede di verifica, dell’art. 12, comma 2, della legge n. 212/2000 nonché di difetto di contraddittorio endoprocedimentale nei confronti del Fragione come persona fisica e, sotto il secondo profilo, che è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione di quelle questioni innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare- riproducendone il contenuto nelle parti rilevanti – in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. n. 11934 del 2021; n. 17831 del 2016, n. 23766 e n. 1435 del 2013, n. 17253 del 2009); in proposito, «in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né
rilevabili di ufficio» ( Sez. 5, Ordinanza n. 19076 del 2022; Cass. 03/05/2022, n. 13987, Cass. 09/08/2018, n. 20694, Cass. 13/06/2018, n. 15430, Cass. 18/09/2020 n. 19560, Cass. 23/03/2021, n. 8125).
6.Ugualmente inammissibile per novità della questione e per violazione del principio di autosufficienza, si profila la (sub) censura relativa alla denunciata violazione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000 per emissione dell’avviso prima del termine dilatorio previsto da detta disposizione, non avendo il ricorrente indicato puntualmente di avere già proposto tale questione, nei medesimi contenuti, nel ricorso introduttivo e poi nelle controdeduzioni in appello.
Infondate sono la (sub) censura relativa all’assunto vizio di motivazione della sentenza impugnata – dedotta sia con il primo che con il secondo motivo – e quella di violazione di legge dedotta con il secondo mezzo.
7.1. In proposito, questa Corte ha affermato che «Ai fini del riconoscimento del regime agevolato di cui all’art. 1 della legge n. 398 del 1991, rileva la qualificazione dell’associazione sportiva dilettantistica quale organismo senza fine di lucro da intendersi, in aderenza alla nozione eurounitaria, quello il cui atto costitutivo o statuto escluda, in caso di scioglimento, la devoluzione dei beni agli associati, trovando tale requisito preciso riscontro, ai fini IVA, nell’art. 4, comma 7, del d.P.R. n. 633 del 1972 e, per le imposte dirette, nell’art. 111, comma 4quinquies (oggi art. 148, comma 8) del d.P.R. n. 917 del 1986. Alla formale conformità delle regole associative al dettato legislativo si aggiunge, poi, l’esigenza di una verifica in concreto sull’att ività svolta al fine di evitare che lo schema associativo (pur formalmente rispettoso degli ulteriori requisiti prescritti dalle lettere a), c), d), e) ed f) degli artt. 148, comma 8, del vigente D.P.R. n. 917 del 1986 e 4, comma 7, del D.P.R. n. 633 del 1972) sia di fatto impiegato quale schermo di un’attività commerciale svolta in forma associata» (cfr. Cass., 26 ottobre 2021, n. 30008). Nella sentenza appena richiamata (la n. 30008 del 2021), questa Corte ha precisato che se è vero che l’applicabilità della disposizione è subordinata, innanzitutto, ad un requisito formale e, cioè,
all’affiliazione dell’associazione alle federazioni sportive nazionali o a enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti, ai fini del riconoscimento delle agevolazioni fiscali (con riguardo alle imposte sul valore aggiunto e sui redditi), tuttavia il possesso del requisito formale non è sufficiente, essendo necessaria la dimostrazione del presupposto sostanziale, costituito dalla effettiva sussistenza dei requisiti previsti dalla legge. In particolare, la Corte ha evidenziato che le esenzioni d’imposta a favore delle associazioni non lucrative – e, specificamente, delle associazioni sportive dilettantistiche – dipendono non dalla veste giuridica assunta dall’associazione (o, quantomeno, non soltanto da quella), bensì dall’effettivo esercizio di un’attività senza fine di lucro, sicché l’agevolazione fiscale (ma anche quella contributiva) non spetta in base al solo dato formale (estrinseco e neutrale) dell’affiliazione al CONI, bensì per l’effettivo svolgimento dell’attività considerata, il cui onere probatorio incombe sul contribuente (così anche Cass., 30 aprile 2018, n. 10393; Cass., 30 aprile 2019, n. 11492; Cass., 11 novembre 2020, n. 25353; Cass., 24 dicembre 2020, n. 29500). Con specifico riferimento, poi, al dato formale, questa Corte ha affermato che gli enti di tipo associativo possono godere del trattamento agevolato previsto dall’art. 111 (oggi art. 148) del d.P.R. n. 917 del 1986, in materia di IRPEG, e dall’art. 4 del d.P.R. n. 633 del 1972, in materia di IVA come modificati, con evidente finalità antielusiva, dall’art. 5, del decreto legislativo n. 460 del 1997 – a condizione non solo dell’inserimento, nei loro atti costitutivi e negli statuti, di tutte le clausole dettagliatamente indicate nell’art. 5 del decreto legislativo n. 460 citato (art. 111, comma 4 quinquies), ma anche dell’accertamento che va effettuato dal giudice di merito con congrua motivazione, che la loro attività si svolga, in concreto, nel pieno rispetto delle prescrizioni contenute nelle clausole stesse (Cass. 30 maggio 2012, n. 8623). Sotto lo specifico profilo dell’onere probatorio, questa Corte ha precisato che gli enti di tipo associativo non godono di una generale esenzione da ogni prelievo fiscale (come si evince dall’art. 111, comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986), potendo anche le associazioni senza fini di lucro svolgere, di fatto, attività a carattere commerciale. Il citato art. 111 (oggi art. 148), comma 1, in forza del
quale le attività a favore degli associati non sono considerate commerciali e le quote associative non concorrono a formare il reddito complessivo, costituisce deroga alla disciplina generale, fissata dagli artt. 86 e 87 del medesimo d.P.R., secondo cui l’IRPEG si applica a tutti i redditi, in denaro o in natura, posseduti da soggetti diversi dalle persone fisiche. Ne discende, pertanto, che l’onere di provare i presupposti di fatto che giustificano l’esenzione è a carico del soggetto che la invoca, ossia l’associazione, secondo gli ordinari criteri stabiliti dall’art. 2697 cod. civ . (Cass., 12 febbraio 2013, n. 3360; Cass., 25 marzo 2015, n. 5931; Cass., 4 ottobre 2017, n. 23167; Cass. Sez. 5, n. 6361 del 2023).
7.2.Nella sentenza impugnata, la CTR, in ossequio ai suddetti principi, con una motivazione adeguata e scevra da vizi logici-giuridici – dopo avere premesso che l’onere di provare i requisiti per fruire del trattamento fiscale agevolato per gli enti non commerciali spettava al contribuente il quale doveva dimostrare la messa in pratica e non solo la sussistenza formale delle previsioni statutarie che legittimava no il godimento dell’agevolazione, e , dunque, l’effettiva sussistenza dei requisiti legittimanti il godimento del regime di favore (sono richiamate Cass. n. 8623/2012; n. 21875/2010) -ha osservato che: 1) da un lato, l’Amministrazione aveva dimostrato la fondatezza della pretesa tributaria sulla base di una serie di riscontri oggettivi o di elementi presuntivi, stimati – in base ad un apprezzamento di merito non sindacabile in sede di legittimità e nel rispetto dei criteri, peraltro non contestati, di formazione della prova presuntiva – gravi, precisi e concordanti, emersi in sede di verifica della G.d.F. (mancanza assoluta di documentazione -libri contabili, registri, verbali di assemblea, libri dei soci e gestione dell’ente unicamente ad opera di Fragione, il quale aveva sottoscritto contratti di sponsorizzazione per euro 108.700,00, promozioni pubblicitarie, quietanze, aveva operato sul conto corrente dell’associazione versamenti per euro 53.670,00, senza dare alcuna spiegazione della provenienza di tali somme e senza chiarire la destinazione dei ricavi derivanti dalle sponsorizzazioni ) dai quali si poteva evincere che l’associazione – per quanto iscritta al Coni e affiliata alla F.G.C. – celava in realtà una ditta individuale
facente capo a NOME COGNOME considerato, quindi, nella sua qualità di imprenditore; 2) dall’altro, il contribuente nulla aveva controdedotto, limitandosi a ‘ mere riproposizioni senza nulla evidenziare circa la mancata tenuta dei libri contabili e senza nulla dedurre circa le formalità stabilite dallo statuto ‘ .
7.3.Alla luce di tali argomentazioni è da ritenere, pertanto, disattesa dal giudice di appello l’eccezione di difetto di legittimazione passiva di NOME COGNOME, quale persona fisica, atteso che, sulla base di riscontri oggettivi e fatti circostanziati gravi e concordanti emersi in sede di verifica della G.d.F., era emersa ‘ l’effettività della natura commerciale dell’ente ‘, facente capo a NOMECOGNOME il quale ‘ svolgeva l’attività come ditta individuale ‘.
7.4. Né, peraltro, risulta violato il principio di solidarietà tra i soci fondatori titolari dell’associazione sportiva, essendo risultato, alla luce delle indagini di cui al p.v.c. della G.d.F., NOME COGNOME l’unico gestore di fatto dell’ente, con riconducibilità dell ‘intera attività a quest’ultimo, quale titolare di ditta individuale e con esclusione di qualsiasi vincolo societario.
8.In conclusione, il ricorso va rigettato.
9.Le spese le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 5.800,00 per compensi oltre spese prenotate a debito;
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 6 novembre 2024
Il Presidente NOME COGNOME