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Associazione non riconosciuta: obblighi e responsabilità

La Corte di Cassazione ha stabilito che un’associazione non riconosciuta, anche dopo il suo scioglimento, mantiene la capacità processuale per le obbligazioni sorte in precedenza. Nel caso specifico, un’associazione culturale ha contestato una cartella di pagamento sostenendo di essersi estinta, ma la Corte ha rigettato il ricorso, applicando il principio di “ultrattività” e sottolineando che le norme sull’estinzione delle società non si applicano a tali enti. Le eccezioni procedurali sulla notifica sono state respinte perché sollevate tardivamente.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Associazione non riconosciuta e debiti fiscali: lo scioglimento non basta per sfuggire alle responsabilità

Un’associazione non riconosciuta può evitare di pagare i propri debiti fiscali semplicemente dichiarando il proprio scioglimento? La risposta, secondo una recente ordinanza della Corte di Cassazione, è un netto no. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: anche dopo la dissoluzione, l’ente sopravvive per tutte le obbligazioni pendenti, mantenendo la propria capacità di stare in giudizio. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I fatti di causa

Una associazione culturale si opponeva a una cartella di pagamento relativa a Ires, Irap e Iva per un anno fiscale passato. La difesa dell’associazione si basava su due argomenti principali: in primo luogo, la nullità della cartella a causa della mancata notifica dell’avviso di accertamento presupposto; in secondo luogo, la presunta estinzione dell’ente stesso a seguito di scioglimento, che ne avrebbe determinato la perdita della capacità giuridica e processuale, rendendo impossibile citarla in giudizio.
Sia il tribunale di primo grado che la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado avevano respinto le tesi dell’associazione, confermando la validità della pretesa fiscale. Di conseguenza, l’associazione ha presentato ricorso in Cassazione.

L’estinzione dell’associazione non riconosciuta e le sue conseguenze

Il fulcro del ricorso per Cassazione era la questione della capacità processuale di un’associazione non riconosciuta dopo il suo scioglimento. La ricorrente sosteneva che, essendo estinta, non poteva più essere considerata un soggetto di diritto e, pertanto, non poteva essere destinataria di atti impositivi né parte di un processo.
La Corte di Cassazione ha affrontato la questione distinguendo nettamente la disciplina delle associazioni non riconosciute da quella prevista per le società di capitali.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile e infondato per diverse ragioni.

In primo luogo, ha respinto le censure relative ai vizi di notifica dell’atto presupposto. I giudici hanno evidenziato che tali questioni erano state sollevate tardivamente e in modo non conforme alle regole processuali. In particolare, la contestazione sul perfezionamento della notifica non era stata adeguatamente proposta nei precedenti gradi di giudizio, formando così un giudicato interno sulla questione.

Nel merito, la Corte ha smontato la tesi principale dell’associazione, basata sulla sua presunta estinzione. I giudici hanno affermato che l’articolo 2495 del codice civile, che disciplina gli effetti della cancellazione delle società dal registro delle imprese, non è applicabile in via analogica all’associazione non riconosciuta. Questo perché tali enti sono privi di un regime di pubblicità legale equiparabile a quello delle società.

Di conseguenza, la Corte ha ribadito la validità del cosiddetto principio di “ultrattività” dell’ente. Secondo questo principio, l’associazione, anche se sciolta, non perde automaticamente la sua soggettività giuridica. Essa continua a esistere come centro di imputazione di diritti e obblighi fino a quando tutti i rapporti giuridici pendenti non siano stati definiti. In altre parole, lo scioglimento impedisce di intraprendere nuove attività, ma non cancella la responsabilità per quelle passate. L’associazione, quindi, conserva la capacità di stare in giudizio, sia attivamente che passivamente, rappresentata dai suoi organi in regime di prorogatio.

Conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione conferma un orientamento consolidato e offre importanti chiarimenti pratici. Sciogliere un’associazione non riconosciuta non è una scorciatoia per eludere i debiti, specialmente quelli di natura fiscale. L’ente continua a rispondere delle obbligazioni assunte fino al loro completo esaurimento. Questa sentenza serve da monito per gli amministratori di tali enti, ricordando loro che la gestione deve essere sempre improntata alla correttezza, poiché le responsabilità persistono anche dopo la fine formale dell’attività associativa. Infine, la Corte ha condannato la ricorrente anche per lite temeraria, sanzionando l’abuso del processo per aver insistito in un ricorso nonostante una chiara proposta di definizione contraria.

Un’associazione non riconosciuta può essere citata in giudizio dopo il suo scioglimento?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, in base al principio di “ultrattività”, l’associazione continua a esistere come centro di imputazione di rapporti giuridici pendenti e mantiene la capacità processuale per definire tali rapporti, anche dopo il suo formale scioglimento.

Le norme sull’estinzione delle società di capitali si applicano anche alle associazioni non riconosciute?
No. La Corte ha chiarito che l’art. 2495 del codice civile, relativo agli effetti della cancellazione delle società dal registro delle imprese, non è applicabile alle associazioni non riconosciute, poiché queste ultime non dispongono di un analogo regime di pubblicità legale.

È possibile sollevare per la prima volta in Cassazione un motivo di ricorso non discusso nei gradi di merito?
No. La Corte considera inammissibile una censura per novità quando la questione non è stata dedotta dinanzi al giudice di merito. Il ricorrente ha l’onere di dimostrare di aver sollevato la questione nei precedenti gradi di giudizio, localizzandola specificamente negli atti processuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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