Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17673 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17673 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
Cartella di pagamento ex art. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24885/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente-
ricorrente in via incidentale – avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. BASILICATA, n. 275/2018, depositata l’11 /05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate notificava, in data 7 gennaio 2014, alla RAGIONE_SOCIALE, operante nel settore dell’edilizia, avviso di accertamento con il quale riscontrava un maggior imponibile ai fini Ires, Irap ed Iva in ragione della cessione alla socia COGNOME NOME di un appartamento e di una rimessa con atto pubblico del 18 febbraio 2008. L’Ufficio verificava che la società non aveva contabilizzato né la vendita né i pagamenti -per i quali nell’atto pubblico le parti avevano dichiarato che erano stati già eseguiti in tre rate -e che non aveva conservato la relativa documentazione . Per l’effetto, riteneva che la società avesse, in realtà, assegnato il bene alla socia senza alcun corrispettivo e che, pertanto, dovessero trovare applicazione gli artt. 3, comma 2, e 85 t.u.i.r. e l’art. 2, commi 6 e 14, d.P.R. 26 ottobre 1973, n. 633 in ragione dei quali le assegnazioni dei beni dovevano valutarsi alla streg ua di cessioni al valore normale. Quest’ultimo veniva individuato rispettivamente in euro 160.660,00 ed in euro 42.542,50.
2. La società impugnava l’atto impositivo innanzi alla CTP .
Per quanto ancora rileva, evidenziava in fatto che il corrispettivo per la cessione del bene, per l’importo di euro 112.400,00, benché fatturato a nome della COGNOME, era stato pagato da un terzo, tale NOME COGNOME il quale aveva manifestato il proposito di acquistare i beni ma che, dopo il 2005, aveva dato mandato alla società di trovare altro acquirente; che la COGNOME aveva acquistato il bene corrispondendo la somma di euro 157.000,00 al COGNOME con provvista procuratagli dal proprio coniuge.
La CTP rigettava il ricorso.
La CTR, invece, pronunciandosi sull’appello dell’Ufficio, dichiarava illegittimo l’avviso di accertamento con la sentenza richiamata in epigrafe.
Quanto all’Iva, ravvisava la violazione del contraddittorio endo -procedimentale denunciata dalla contribuente. In ordine alle altre imposte, invece, affermava che la documentazione esibita corroborava la ricostruzione dei fatti proposta dalla società, ovvero che l’immobile era stato prima promesso in vendita ad un terzo, NOME COGNOME il quale aveva versato il prezzo di euro 112.000,00; che quest’ultimo aveva ceduto il contratto alla COGNOME per un prezzo superiore; che le relative fatture erano state emesse a nome della COGNOME, mentre i pagamenti erano stati registrati a nome del COGNOME; che il diverso dato catastale tra gli immobili era dovuto a mero errore materiale. Escludeva, per l’effetto, che fosse stata omessa l’annotazione di ricavi o evasa l’Iva. Compensava, infine, le spese di lite, stante il «disordine contabile» che aveva portato all’accertamento e la produzione solo in appello della consulenza.
Avverso detta sentenza l’ Agenzia delle entrate ha proposto in via principale e la società intimata si è costituita con controricorso, contenente anche ricorso incidentale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’Agenzia delle entrate ha formulato quattro motivi.
1.1. Con il primo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
Assume che la CTR non ha considerato: a) che le fatture emesse a nome della COGNOME erano del 2002, del 2003 e del 2005, ovvero anteriori alla nota del 2 marzo 2007 dalla quale risultava che il Pergola si era determinato alla cessione; b) che la scrittura privata tra il Pergola e la società era priva di data certa; c) che dal 2002 al 2008 la COGNOME non aveva la capacità reddituale necessaria per effettuare i pagamenti; d) che la corrispondenza tra il Pergola e la società aveva avuto ad
oggetto l’unità immobiliare identificata come particella 3226, mentre l’immobile ceduto alla Caputo era identificato come particella 3126.
1.2. Con il secondo motivo deduce , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2704, 2709 e 1376 cod. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che la documentazione prodotta fosse idonea a provare il carattere oneroso della cessione.
1.3. Con il terzo motivo lamenta, in ordine all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2704, 2709 cod. civ.; degli art. 3 e 85, t.u.i.r., dell’art. 14 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
La ricorrente -ribadito che nell’atto di compravendita era stato dichiarato che il prezzo era stato saldato in più soluzioni, in data antecedente al rogito, tramite versamenti in contanti nonostante d’importo superiore alla soglia prevista dalla normativa antiriciclaggio -assume che sarebbe stato del tutto ragionevole presumere che non vi fosse stata vendita ma assegnazione dei beni al socio, con applicazione delle disposizioni richiamate a mente delle quali si considerano cessione dei beni, da valutare al loro valore normale, le assegnazioni a qualunque titolo effettuate dalla società in favore del socio.
1.4. Con il quarto motivo denuncia la nullità della sentenza per motivazione illogica.
Assume che la sentenza si è arrestata al pedissequo e acritico recepimento delle circostanze di fatto allegate dal contribuente senza alcuno sforzo argomentativo diretto a valorizzare i fatti contrari evidenziati dall’ Ufficio, ribadendo come la stessa non abbia spiegato le circostanze già richiamate con l’illustrazione del primo motivo.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale la contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. la violazione degli art. 91 e 92 cod. proc. civ. e censura il capo della sentenza relativo alla compensazione delle spese.
Il quarto motivo del ricorso principale, da esaminarsi in via preliminare in quanto prospetta error in procedendo che determinerebbe la nullità della sentenza, è infondato.
3.1. Le Sezioni Unite della Corte hanno precisato che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé (Cass. Sez. U. 07/04/2014, nn. 8053 e 8054).
La mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., (e nel caso di specie dell’art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., si configura quando questa manchi del tutto -nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, risultante dallo svolgimento del processo, segue l’enunciazione della decisione, senza alcuna argomentazione -ovvero nel caso in cui essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053; successivamente, tra le tante, Cass. 01/03/2022, n. 6626; Cass. 25/09/2018, n. 22598).
3.2. La CTR, pronunciandosi nel merito della questione controversa, a fronte delle alternative ricostruzioni della vicenda che aveva portato al trasferimento di due immobili dalla società ad una socia, h a ritenuto che quella proposta dall’Uf ficio non fosse condivisibile e non si raffrontasse né con i documenti prodotti dalla società né con la relazione di parte. Ha rilevato, di seguito, che i due immobili (appartamento ed annessa pertinenza) nel 2002 erano stati promessi in vendita al terzo Giovanni COGNOME, il quale aveva versato il prezzo in tre rate, per complessivi euro 112.000,00, in ragione delle quali erano state emesse tra fatture, nel 2002, nel 2003 e nel 2005 intestate alla COGNOME; che il COGNOME, successivamente, aveva venduto i beni alla COGNOME per un prezzo maggiore. Ha aggiunto che tanto risultava dal registro delle vendite, dai partitari, dai libri-giornali e che la «distonia» per la quale il versamento del prezzo era stato annotato a nome del COGNOME e le fatture emesse a nome della Caputo era il frutto di un mero disordine contabile, così come le difformità dei dati catastali erano imputabili a mero errore materiale. Ha concluso, pertanto, affermando che tali inesattezze non autorizzavano a ritenere che l’immobile fosse stato ceduto gratuitamente alla socia.
3.3. La CTR ha, pertanto, spiegato le ragioni per le quali non era condivisibile la ricostruzione dell’Ufficio e fosse, invece, attendibile, in quanto corroborata dai documenti e dalla perizia, nonostante gli errori commessi, la ricostruzione prospettata dalla società.
La ratio decidendi risulta, di conseguenza, adeguatamente illustrata.
Il primo motivo è parzialmente fondato.
4.1. La Corte, a sezioni unite (con la sentenza n. 8053/2014), ha chiarito che l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., così come da ultimo riformulato, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto
storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).
4.2. La CTR, a fronte della contestazione dell ‘Ufficio di cessione gratuita dell’immobile ad una socia, ha ritenuto che il medesimo fosse stato oggetto di rituale compravendita, snodatasi attraverso una serie di passaggi: nel 2002 l’immobile era stato promesso in vendita al Pergola che ne aveva pagato il prezzo in tre rate nel 2002, nel 2003, nel 2005; il Pergola aveva successivamente maturato disinteresse al perfezionamento della vendita, sicché l’immobile era stato ceduto alla COGNOME che aveva corrisposto il prezzo al Pergola.
La CTR, tuttavia, ha omesso di considerare alcune circostanze rilevanti che erano state evidenziate dall’Ufficio in appello, ovvero che il preliminare con il Pergola non aveva data certa; che la COGNOME non aveva la provvista necessaria per acquistare il bene; che il Pergola solo nel 2007 -quindi dopo il pagamento del prezzo con fatture intestate alla COGNOME -aveva manifestato il disinteresse all’acquisto.
Il motivo, invece, non può esser accolto laddove evidenzia l’omesso esame dalla discrasia tra i dati catastali dell’immobile promesso al Pergola e di quello trasferito alla COGNOME, in quanto circostanza espressamente esaminata dalla CTR che ha ritenuto trattarsi di mero errore materiale.
Il secondo motivo è infondato.
5.1. E’ consolidato il principio che il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prove che ritenga più attendibili ed idonee alla formazione dello stesso. Inoltre, l’osservanza degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., non richiede che egli dia conto dell’esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti. È, infatti, necessario
e sufficiente che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, offrendo una motivazione logica ed adeguata, evidenziando le prove ritenute idonee a confortarla. Invece, devono reputarsi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito. In altre parole, il giudice di merito non ha l’obbligo di soffermarsi a dare conto di ogni singolo dato indiziario o probatorio acquisito in atti, potendo egli invece limitarsi a porre in luce, in base al giudizio effettuato, gli elementi essenziali ai fini del decidere, purché tale valutazione risulti logicamente coerente. Di conseguenza, il controllo di legittimità è incompatibile con un controllo sul punto, perché il significato delle prove lo deve stabilire il giudice di merito. La Corte, inevitabilmente, compirebbe un non consentito giudizio di merito, se, confrontando la sentenza con le risultanze istruttorie, prendesse in considerazione fatti probatori diversi o ulteriori rispetto a quelli assunti dal giudice di appello a fondamento della sua decisione (cfr. tra le tante, Cass. 20/02/2024, n. 4583, Cass. 15/09/2022, n. 27250, Cass. 11/12/2023, n. 34374 Cass. 21/01/2015, n. 961).
6. Il terzo motivo è inammissibile.
Se pure la ricorrente censura una violazione di legge, in realtà si duole della ricostruzione in fatto operata in sentenza, come, del resto, si è detto anche con riferimento all’esame del precedente motivo .
La CTR non ha violato le norme preposte alla tassazione delle cessioni ai soci per la semplice ragione che, in via logicamente preliminare, non ha ravvisato in fatto la detta fattispecie, ritenendo piuttosto, che l’immobile fosse stato oggetto di compravendita con regolare pagamento del prezzo. Il motivo, pertanto, non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata.
In conclusione, il ricorso principale va accolto solo con riferimento al primo motivo e nei limiti di cui sopra, mentre i restanti devono essere respinti.
Il ricorso incidentale, vertendo esclusivamente sulle spese, rimane assorbito.
Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e nei circoscritti limiti evidenziati, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata, in diversa composizione, la quale provvederà a valutare i fatti di cui è stato omesso l’esame, come indicati nel paragrafo 4, oltre che al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il primo motivo del ricorso principale, rigetta i restanti e dichiara assorbito il ricorso incidentale.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto (e nei precisati limiti) e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata, in diversa composizione, la quale provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 17 giugno 2025.