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Assegnazione beni ai soci: la Cassazione chiarisce

Una società immobiliare ha ceduto una partecipazione societaria ai propri soci per un valore irrisorio rispetto a quello reale, precedentemente rivalutato. L’Agenzia delle Entrate ha contestato l’operazione, ritenendola un caso di assegnazione beni ai soci finalizzata a sottrarre materia imponibile. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia, stabilendo che la cessione di beni a soci a un prezzo non di mercato configura una plusvalenza tassabile ai sensi dell’art. 86 del TUIR, una norma con chiara finalità antielusiva. La successiva eliminazione contabile della rivalutazione è stata considerata irrilevante ai fini della valutazione dell’abuso.

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Pubblicato il 4 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Assegnazione Beni ai Soci: Analisi di un’Operazione Elusiva Secondo la Cassazione

L’operazione di assegnazione beni ai soci rappresenta un momento delicato nella vita di una società, con importanti implicazioni fiscali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con forza il principio secondo cui la cessione di partecipazioni societarie ai propri soci a un prezzo irrisorio, rispetto al valore effettivo, configura un’operazione elusiva volta a sottrarre materia imponibile al fisco. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso: una Cessione Sospetta

Una società immobiliare in liquidazione aveva ceduto l’intera partecipazione detenuta in un’altra società. Gli acquirenti erano gli stessi soci della società cedente o loro stretti parenti. Il prezzo di cessione complessivo era stato fissato in 70.000 euro, a fronte di un valore normale della partecipazione di ben 2 milioni di euro. Questo valore era emerso a seguito di una rivalutazione del patrimonio immobiliare della società partecipata, operata alla fine dell’esercizio fiscale 2008.

L’Agenzia delle Entrate, rilevando un’evidente sproporzione, aveva emesso un avviso di accertamento per recuperare a tassazione la plusvalenza non dichiarata di 1.930.000 euro. Secondo il Fisco, l’operazione celava un’assegnazione di beni ai soci, tassabile ai sensi dell’art. 86 del TUIR.

È interessante notare che, dopo la notifica dell’atto impositivo, l’assemblea dei soci aveva approvato un nuovo bilancio per l’anno d’imposta accertato, eliminando retroattivamente la rivalutazione che aveva fatto emergere l’ingente valore della partecipazione.

La Decisione della Cassazione e l’Assegnazione beni ai soci

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza della Commissione Tributaria Regionale che aveva dato ragione al contribuente. I giudici di legittimità hanno chiarito che i giudici di merito avevano errato nel non considerare l’operazione nel suo complesso, alla luce della finalità antielusiva della normativa applicabile.

Il Principio dell’Art. 86 TUIR

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 86, comma 1, lettera c), del TUIR. Questa norma prevede che le plusvalenze concorrono a formare il reddito d’impresa “se i beni vengono assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa”. La giurisprudenza ha costantemente definito questa disposizione come una “norma di chiusura di carattere antielusivo”. Il suo scopo è impedire che una parte del patrimonio aziendale, e quindi della massa imponibile, venga sottratta alla tassazione attraverso il trasferimento ai soci o a terzi per scopi non aziendali. In questi casi, la plusvalenza tassabile è data dalla differenza tra il valore normale del bene e il suo costo fiscalmente riconosciuto.

L’Irrilevanza della Successiva Svalutazione

La Corte ha ritenuto che i giudici d’appello abbiano valutato in modo errato la successiva eliminazione contabile della rivalutazione. Giustificarla come una correzione di “previsioni errate di operatività” è stato considerato un approccio superficiale, che non teneva conto del quadro complessivo dei fatti e della chiara finalità antielusiva dell’operazione. La cessione a un prezzo vile ai propri soci, infatti, appariva già di per sé indicativa della volontà di perseguire un fine elusivo.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di guardare alla sostanza economica dell’operazione piuttosto che alla sua forma giuridica. La cessione di un bene di valore significativo a un prezzo simbolico agli stessi soggetti che controllano la società venditrice non è una normale operazione di mercato, ma un modo per trasferire ricchezza dalla società ai soci senza pagare le imposte dovute. L’art. 86 del TUIR serve proprio a colpire queste fattispecie, riqualificandole per quello che sono: una distribuzione di utili in natura o un’assegnazione di beni. La Corte ha sottolineato che spetta al contribuente dimostrare che l’operazione perseguiva finalità economiche diverse da quella di sottrarre materia imponibile, una prova che in questo caso non è stata fornita.

Le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza riafferma un principio fondamentale del diritto tributario: le operazioni prive di una valida ragione economica, il cui unico scopo è ottenere un risparmio fiscale indebito, sono illegittime. L’assegnazione beni ai soci, anche se mascherata da compravendita, genera una plusvalenza tassabile in capo alla società basata sul valore normale del bene. Le manovre contabili successive, come l’eliminazione di una rivalutazione, non possono sanare a posteriori un’operazione intrinsecamente elusiva. Questa decisione serve da monito per le imprese a strutturare le operazioni societarie in modo trasparente e conforme non solo alla lettera, ma anche allo spirito della legge.

Quando la cessione di una partecipazione ai propri soci diventa fiscalmente rilevante come plusvalenza?
Secondo la Corte, la cessione di beni ai soci (o a loro parenti) a un prezzo notevolmente inferiore al valore normale è equiparata a un’assegnazione. Tale operazione fa emergere una plusvalenza tassabile per la società, calcolata come differenza tra il valore normale del bene e il suo costo non ammortizzato, ai sensi dell’art. 86 del TUIR.

Perché la Corte ha considerato l’operazione un’ipotesi di abuso del diritto?
L’operazione è stata considerata abusiva perché la sua struttura (cessione di quote di valore milionario a un prezzo di poche decine di migliaia di euro agli stessi soci) indicava chiaramente la finalità di sottrarre materia imponibile alla tassazione, trasferendo valore dalla società alle persone fisiche senza il pagamento delle imposte dovute.

La successiva correzione del bilancio, che eliminava la rivalutazione, ha avuto effetto sulla decisione?
No. La Corte ha ritenuto che la successiva eliminazione contabile della rivalutazione fosse irrilevante. I giudici di merito avrebbero dovuto analizzare il quadro complessivo dei fatti al momento dell’operazione, la cui finalità antielusiva era già evidente, senza farsi influenzare da correzioni contabili postume.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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